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 2009  novembre 06 Venerdì calendario

IL METODO ANGELUCCI, CARABINIERI E GIORNALI


L’atrio della clinica San Raffaele di Velletri è tirato a lucido, come sempre. In giro si trovano le copie omaggio del giornale di famiglia, Libero, che in questi giorni mostra la faccia di Marrazzo a pie’ sospinto. Titoli duri, questioni non solo di sesso, ma di moralità politica.
La clinica si trova sul tratto finale della Via dei Laghi, la strada panoramica che termina a Velletri, dopo aver tagliato il parco naturale dei Castelli Romani. L’insegna «San Raffaele» è visibile dall’intera città e sovrasta come un castello medioevale la cittadina un po’ caotica capitale di fatto dei Castelli romani. E’ qui che l’ex funzionario di un ospedale pubblico, Antonio Angelucci, ha iniziato la sua carriera. Improvvisa, rapida, vincente. Oggi è un piccolo impero che arriva fino alla Puglia, fatto di centri specializzati soprattutto in riabilitazione, il piatto ricco della sanità convenzionata. Certo qualche intoppo c’è stato, come l’inchiesta pugliese appena conclusa con una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del ministro Fitto, che durante la campagna per le regionali del 2005 ha ricevuto - dichiarando tutto in bilancio e alla Camera - tanti soldi dai giornali degli Angelucci.
E c’è l’inchiesta della Procura di Velletri, che è andata a mettere il naso nel cuore del gruppo guidato da Antonio Angelucci e dal figlio Giampaolo. «E’ un’inchiesta complessa e delicata, non possiamo dire nulla», spiegano dalla Procura di Velletri, facendo scendere un silenzio impenetrabile. Qui da poco è arrivato un nuovo procuratore, Silverio Piro, che è conosciuto per la sua assoluta integrità. Un magistrato con alle spalle una lunga esperienza di antimafia, messo a dirigere la seconda Procura del Lazio, con fascicoli molto complessi.
L’indagine di Velletri esplose nel febbraio scorso, quando Giampaolo Angelucci venne arrestato e messo ai domiciliari. Lo stesso provvedimento era stato chiesto per il padre Antonio, senatore del Pdl, ma la giunta del Senato ha ritenuto di non concedere l’autorizzazione. Oggi tutti gli indagati sono fuori, e le indagini sono state prorogate lo scorso luglio di altri sei mesi. Vedremo come andrà a finire.
Spesso nelle indagini sul rapporto drogato tra sanità privata e controllori pubblici appaiono intercettazioni telefoniche - quelle che Berlusconi vorrebbe vietare alle toghe - che diventano una chiave per capire da vicino come funzionano certe relazioni. Nel «caso Angelucci» i documenti processuali della prima fase dell’inchiesta, conclusa a febbraio, mostrano come può essere spregiudicata la gestione della sanità privata.

Il maresciallo a servizio
«Agli ordini presidente». Sembra di sentire battere i tacchi, sembra di vedere un militare da operetta irrigidirsi, con lo sguardo alto e fiero. Il presidente in questo caso non è Giorgio Napolitano, ma più prosaicamente Antonio Angelucci. Chi batte i tacchi è l’ex maresciallo in pensione dei carabinieri Iannone. Per anni, spiegano i magistrati di Velletri, è stato al servizio dell’arma comandando la stazione di Piazza Venezia, una delle più prestigiose della capitale. Ora dopo aver lasciato i carabinieri, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Velletri, è in servizio presso il gruppo degli Angelucci, la Tosinvest. Non è chiaro il suo ruolo, ma di certo all’interno dell’inchiesta sulla presunta truffa del San Raffaele ai danni Regione Lazio ha una veste molto importante. Il maresciallo Iannone sarebbe stato incaricato - secondo quanto ricostruisce il Gip di Velletri Nespeca - di avvicinare in qualche maniera i vertici del Nas dei Carabinieri. In fondo sono ex colleghi e una chiacchierata si può fare tranquillamente.

Arrivano i Nas
Era il settembre del 2007. Il gruppo Tosinvest era fortemente allarmato per una visita ispettiva dei Nas. Erano entrati, avevano mostrato i mandati, avevano cominciato a controllare le cartelle cliniche e a contestare una serie di presunte irregolarità. Non cose da poco: medici senza specializzazione, solo mezz’ora di riabilitazione contro le quattro previste - secondo l’accusa della Procura - dalle norme e una serie di altre presunte violazioni. Insomma, dietro la lucida hall del San Raffaele per i carabinieri non c’era proprio una clinica modello. Un paio di giorni dopo l’arrivo dei Nas scatta l’allarme. Antonio Angelucci chiama il maresciallo Iannone e cerca di capire se è possibile avvicinare il comando dei Nas. Iannone si reca più volte dai colleghi: prima tenta con il vertice, poi ottiene un incontro con i militari direttamente coinvolti nell’inchiesta. I carabinieri del Nas riferiscono correttamente gli incontri alla Procura di Velletri, spiegando cosa andava a chiedere il loro ex collega. Nulla di particolare, sembrerebbe, solo la possibilità per la Tosinvest di «spiegare le proprie ragioni». «Gli Angelucci acquisiscono notizie riservate su ispezioni, controlli, indagini giudiziarie e esercitano forme indebite di pressione sulle inchieste mobilitando tutte le risorse: contatti politico-clientelari, mezzi d’informazione e collaboratori», commentava il Gip di Velletri lo scorso febbraio.
La strategia per difendere le preziosissime convenzioni è concentrica. Fare pressioni con la stampa, cercare contatti con i carabinieri e usare lo spauracchio dei posti di lavoro. Se perdiamo la convenzione - spiegano gli Angelucci quando qualcosa non funziona - saranno centinaia le famiglie che rimarranno senza un reddito. Per Marrazzo era senza dubbio un bel problema.