Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  novembre 06 Venerdì calendario

Banda larga tutti contro lo stop ai fondi- La bomba della banda larga scoppia con un giorno di ritardo

Banda larga tutti contro lo stop ai fondi- La bomba della banda larga scoppia con un giorno di ritardo. Mercoledì, il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta, partecipa alle «giornate marconiane» (le celebrazioni per i cento anni del Nobel a Guglielmo Marconi). E spiega che gli 800 milioni del piano Romani-Brunetta destinati agli investimenti per assicurare la copertura a banda larga del Paese, che da tempo attendono di essere sbloccati dal Cipe, sono stati sostanzialmente «congelati» in attesa della fine della crisi, «perché il governo ha cambiato l’ordine delle priorità». Ieri, di buon mattino, il presidente dell’AgCom, Corrado Calabrò, intercettato dai giornalisti all’ingresso del Quirinale, è il primo a commentare l’annuncio di Letta con un laconico «purtroppo lo prevedevo». E invoca l’intervento della Cassa depositi e prestiti: «L’intervento della Cdp resta prezioso». Di lì in avanti per tutta la giornata si inseguono le reazioni, con 46 lanci d’agenzia dedicati al tema dalle dieci del mattino alle otto di sera. Quei soldi servono per gli ammortizzatori sociali, aveva detto Letta, ma la motivazione non convince neppure i sindacati. Reazioni che vanno da «scelta senza futuro» a «senza investimenti non si esce dalla crisi» vedono in prima fila, oltre al sindacato l’opposizione e le associazioni di categoria. Il fatto è che quei fondi avrebbero dovuto servire a recuperare almeno in parte il gap dell’Italia rispetto agli altri paesi più industrializzati. Il 13% degli italiani, circa 7,8 milioni di italiani, non ha una connessione a internet o ha una banda insufficiente. Sembrano pochi, ma nella classifica europea degli accessi alla rete ad alta velocità l’Italia è appena 17esima. La media comunitaria della penetrazione della banda larga fissa sulla popolazione, infatti, è al 22,9 % mentre per l’Italia tale percentuale è al 19%. Guagnamo posizioni (settimi) se consideriamo la connettività mobile, ovvero coloro che si connettono a internet mediante le chiavette Usb o le card per servizi dati, ma pur sempre lontani dai migliori. Poi c’è l’effetto volano sul resto dell’economia. Gli 800 milioni del piano avrebbero dovuto arrivare dai fondi Fas (Fondi per le aree sottosviluppate, cofinanziati da Stato e Ue). Secondo le stime del governo, cancellare il cosidetto digital divide italiano costa 1.471 milioni. Per realizzarlo, secondo le stime, sarebbero servite circa 50 mila persone nei quasi quattro anni necessari ad eseguire i lavori sia di manodopera sia di progettazione. Oltre 4mila ingegneri, più di 11mila tecnici e assistenti, circa 13 mila operai qualificati o specializzati e 15 mila operai comuni, nonché 6 mila impiegati. Più «l’effetto leva» in altri settori economici con oltre 33 mila interventi. Pochi giorni era stata Confindustria a tornare a chiedere lo sblocco di quei fondi, fermi da oltre un anno. Spiegando che l’investimento complessivo avrebbe generato altri due miliardi aggiunti in termini di Prodotto interno lordo.