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 2009  novembre 06 Venerdì calendario

GENERAZIONE C. OVVERO CAMBIO VITA

l coperchio è venuto via così, in un lampo. Sotto c’era una generazione invisibile, quella tra i 35 e i cinquant’anni. Qualcuno li conosce questi signori? Qualcuno sa dove abitano, cosa fanno, cosa sognano? Le informazioni disponibili ce li dipingevano in modo troppo preciso per essere credibili: single, a volte coppie consolidate, raramente con più di un figlio, laureati, terziario, vivono in città, centro- nord, forte propensione all’acquisto, forte consumo di tecnologia, maggioranza di centrodestra, poco inseriti nel tessuto sociale. Generazione prona, in senso assoluto. Quindicenni all’alba dell’edonismo, 1980, dunque in ritardo per la contestazione, costretti al riflusso ancor prima di aver seguito alcun flusso. Isola di Wight stracolma, impossibile sognare la California, tagliarsi i capelli prima che crescano, zitti prima di urlare. Solo un destino: studiare, lavorare, guadagnare, comprare simboli del benessere. E soprattutto silenzio, non dire mai di no quanto meno. così che si sono inseriti nel paese, senza rumore, scelti dalle potenzialità reddituali di corsi di studi non amati, dunque destinati a lavori alienanti. Generazione senza qualità, non portatrice di alcuna ideologia, che ha applicato le speranze eversive della generazione precedente (che invece è rientrata tutta o quasi nei ranghi borghesi): rottura della famiglia, divorzio, aborto, allontanamento da religioni e ideologie, da Stato e Chiesa. Tutto senza teorizzare nulla, dunque senza capire. Pensiero debole, accettazione di idee altrui, permeabilità al consumo. I quarantenni sono un target commerciale, più che persone, dunque sono perfetti per il marketing: facili da studiare, da segmentare, da colpire con la pubblicità. ”Sono tutti uguali”. Poi l’8 ottobre 2009, data qualunque. No, il giorno dell’outing. Esce un articolo su Il Fatto. Parla del libro ”Adesso Basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita”. Si scatena l’inferno. Il libro esaurisce 7000 copie di prima tiratura dal giovedì alla domenica. Quattro giorni, cioè prima che qualcuno lo legga e lo consigli, prima della solita polemica posticcia messa su ad arte per promuovere ogni libro che si rispetti. Perfino prima della pubblicità, del ”Costanzo Show” e del rito a cui siamo abituati per ogni best-seller. Tre edizioni, ventimila copie in 25 giorni. Che succede? Succede che Facebook, You-Tube, Linkedin, i blog fanno da autostrada per un esodo di massa, dall’anonimato alla confessione, un grido corale, liberatorio, reso rauco dal troppo silenzio: ”Mi chiamo T. e dico da anni le cose che scrivi tu! Chiedilo ai miei amici. Allora non sono matto, e non sono l’unico!”. Viene alla ribalta una generazione incanalata, mai stata adolescente, fatta da donne e uomini nel massimo splendore della vita, incapaci fino ad oggi di confessare perfino a se stessi che non ce la fanno più, che pretendono un destino migliore, che vogliono sognare, avere una prospettiva diversa di fronte, e non solo trent’anni di lavoro coatto, ripetuto, identico, senza speranza. Donne e uomini, ma ancora ragazzi nel cuore, gente che non ha mai lottato per un mondo migliore, ma ha ancora fiato e immaginazione per correre almeno verso se stessa. ”Mi chiamo K., ho 46 anni ma non sono ancora morta. Mi sono messa in marcia. Adesso basta”.