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 2009  novembre 06 Venerdì calendario

UN BOSCO AL DUOMO. IL PROGETTO DI PIANO PER LA MILANO VERDE


Un bosco («una settantina di piante») in Piazza del Duomo, a Milano, quasi co­me l’avevano immaginato Di­no Buzzati e Bruno Munari (ma c’è anche il precedente storico della raccolta del grano duran­te la guerra); un centinaio di al­beri in via Dante e poi altro ver­de in via Orefici (però sul lato non percorso dai tram) e in Piazza Cordusio (potrebbe esse­re una grande aiuola). E poi al­tre piante che scacciano mac­chine e motorini (quelli in cir­colazione e quelli parcheggiati in via Giulini). Renzo Piano im­magina così i suoi primi inter­venti («un lavoro d’équipe: il Comune, la Soprintendenza, il mio studio, i tecnici») per pian­tare quei novantamila alberi («potrebbero essere aceri, i pla­tani qui in città soffrono») che rappresentano il cachet «in na­tura » che riporterà Claudio Ab­bado a dirigere alla Scala (il 4 e il 6 giugno 2010 con l’ Ottava Sinfonia di Mahler).

L’architetto che sta cambian­do Londra con il progetto per la sua London Bridge Tower (a Milano per presentare il nume­ro monografico di Abitare a lui dedicato dal titolo Being Renzo Piano ) ha un’idea molto chiara di quello che dovrebbe essere il suo lavoro: «Qui faccio solo il contadino e il geometra per Claudio, il mio compito è pian­tare alberi e basta». Una bouta­de , sicuramente, perché questi novantamila alberi non sono al­tro (per il progettista premio Pritzker 1998) che un’occasio­ne, l’ennesima (dopo il Beau­bourg a Parigi e Postadmer Pla­tz a Berlino) per riaprire il di­scorso intorno al futuro delle città, dal centro alle periferie.

Ieri, nuovo sopralluogo per Renzo Piano lungo la dorsale che collega Duomo e Castello Sforzesco: un gruppetto di otto persone (più un cane) a fare compagnia all’architetto che, ad un certo punto si mette addi­rittura a fare correzioni sul dise­gno di massima (naturalmente con il suo Pentel verde d’ordi­nanza) inginocchiato per terra con i passanti incuriositi ma non troppo (qualche tempo pri­ma, aveva disegnato la sua gre­en belt per Milano sulla tova­glia bianca di un ristorante to­scano). «Il problema – spiega – è trovare un equilibrio tra la disposizione degli alberi, l’arre­do urbano, le vetrine dei nego­zi, i servizi e i sottoservizi. Per questo è fondamentale questo lavoro di collaborazione». In­tanto si parla di un modello set­tecentesco di «taglio» che per­metta di lasciare libere le vetri­ne, di una «Berlino dove è più facile abbattere un albero se è malato»; di una «Milano che vuole bene alle piante»; di un arredo urbano che dovrà esse­re uniformato e migliorato»; di quanti alberi si potrebbero piantare tra due lampioni di via Dante (uno? due?); di un Expo 2015 «meno cementifica­to » che saprà ben considerare l’occasione di questi novanta­mila alberi.

L’idea del bosco in Piazza Duomo («opposto» alla Catte­drale) è affascinante ma, con­corda Piano, «presenta una se­rie di difficoltà, perché, ad esempio, il bosco dovrà essere in qualche modo presidiato, per evitare ogni possibile for­ma di degrado» (altro ostacolo potrebbe essere l’«intoccabile» pavimento del Portaluppi). Ep­pure l’architetto sembra fidu­cioso: «il 30 di questo mese ci incontreremo con Claudio qui a Milano e se tutto va bene po­tremmo cominciare a piantare i primi alberi già entro la fine dell’anno, al più tardi ai primi di gennaio». Questo centro di Milano tutto pieno di alberi («Stiamo lavorando su una de­cina di case story ») non rappre­senta che l’ulteriore frammen­to di un progetto ben più gran­de: che terrà conto delle aree di verde che già esistono (il Parco Sud come quella intorno a San Siro). E che «non si dimentiche­rà delle periferie». Piano l’ha ri­badito spesso: «le città del futu­ro si ricostruiranno dalle perife­rie »; ieri, partendo per Parigi, ha aggiunto un’altra considera­zione: «questi alberi sono un piccolo grande gesto di genero­sità verso le prossime genera­zioni » .