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 2009  ottobre 31 Sabato calendario

Il rilancio dei meccanici- La Fiom convoca 5.000 delegati e promette battaglia contro il contratto separato

Il rilancio dei meccanici- La Fiom convoca 5.000 delegati e promette battaglia contro il contratto separato. Rinaldini: «Dimostreremo che questo accordo non regge». Epifani: «Il nostro impegno è per la democrazia» La storia corre, ma mantiene una sua logica. Il Palasport teatro della tre giorni del movimento del ’77, ora si chiama PalaDozza, in onore del mitico sindaco comunista degli anni ’50. Ieri è stato invaso da cinquemila delegati metalmeccanici della Fiom Cgil. Piuttosto decisi. Non è un’assemblea per chiarirsi le idee, qui «c’è da prendere decisioni», esordisce diretto il segretario generale Gianni Rinaldini. Il giudizio sul contratto separato firmato da Cisl, Uil, Ugl e Fismic è secco: «pessimo». C’è il clima delle grandi svolte nella storia sindacale. Perché «questo non è un accordo separato come quelli del passato; qui si definisce un sistema di regole che decide quel che si potrà e ciò che non si potrà chiedere nei prossimi contratti». In un dispositivo che annulla sia il contratto nazionale che quello aziendale, delineandone in confini «in via esclusiva e concorrente». Non è una novità: è «quello che aveva chiesto Federmeccanica due anni fa». Stesso discorso sul piano salariale, dove scompare il «valore-punto», limitando da qui in poi anche quel minimo di «recupero» sul costo della vita. Ma il golpe più illuminante avviene con il cosiddetto «fondo di sostegno al reddito», finanziato da imprese e lavoratori «su base volontaria». Un meccanismo che in realtà affida a un ente bilaterale la gestione delle integrazioni al reddito per chi finirà in cassa, nella stessa logica del «Libro bianco» del ministro Sacconi. Ovvero «prepara le condizioni di una riduzione drastica degli ammortizzatori sociali a uno solo: l’indennità di disoccupazione a livello nazionale e il ’fondo’ per chi ce lo può avere a livello aziendale o individuale». Nemmeno da licenziati si conserva l’universalità dei diritti. «Che decidiamo di fare», dunque? C’è la consapevolezza che «non sarà una partita semplice». Anche le controparti danno per scontati uno o due mesi di «turbolenza». Poi sperano di «far rientrare» la Fiom con il lavoro delle commissioni. Perciò il calendario delle iniziative viene pensato sul lungo periodo e a tutto campo. La prima «bomba» lanciata è la «disdetta del patto di solidarietà sulle rsu». Ovvero sulla ripartizione «amichevole» tra Fiom, Fim e Uilm del 33% dei componenti le rappresentanze aziendali; in cui, in soldoni, finivano per guadagnarci chi aveva meno rappresentanza. Poi si chiederà azienda per azienda la convocazione, da parte dei delegati, delle assemblee per valutare il contratto. E’ indetta una mobilitazione permanente con 4 ore di sciopero articolato tra il 9 e il 13 (il 14 ci sarà una manifestazione nazionale Cgil). Il 6 novembre, giorno in cui si riuniranno a Bergamo i delegati Fim e Uilm, benedetti dalla presenza dei sindacati confederali (Bonanni e Angeletti), ci sarà una locale manifestazione Fiom che si annuncia però nazionale. Verrà inoltre realizzata un’iniziativa con giuslavoristi e costituzionalisti per definire una proposta di legge di iniziativa popolare che sancisca il diritto dei lavoratori di votare sempre sui contratti che li riguardano. La battaglia per la democrazia si sposa con quella per la difesa dell’occupazione. Un’«organizzazione di massa» come la Fiom è già presente in tutte le situazioni di crisi, anche le più difficili. E sa quanto sia importante «un punto di riferimento, di aggregazione collettiva, di speranza». Le forme di lotta sono affidate alla «creatività» di delegati e lavoratori. «Con tutti mezzi - non violenti - necessari», avverte Rinaldini. Sul possibile uso della leva fiscale, l’avvertimento al governo è netto: «Se c’è spazio, stavolta va riservato a salvaguardare il reddito di lavoratori dipendenti e pensionati». L’ultima nota critica va alla stampa: «Anche da partecipanti alla manifestazione di piazza del Popolo non ci è piaciuto l’oscuramento sulle vertenza dei metalmeccanici». Con una previsione: «Sappiamo che ci vogliono spazzare via; ma chi parla della libertà di stampa deve sapere che dopo di noi tocca a loro. Non esiste democrazia se non c’è nei posti di lavoro e nei diritti dei lavoratori». L’obiettivo finale è netto e definisce l’intera posta in gioco: «Noi, questo modello contrattuale, vogliamo farlo saltare», «dimostreremo che non può funzionare». Poi tocca a Epifani parlare a una platea che non si inginocchia davanti a nessuno, nemmeno davanti al segretario generale della Cgil. E infatti gli ricorda che alcune categorie - i chimici, per esempio - hanno già avallato contratti che si muovono nel solco delle «nuove regole» qui contestate. Epifani fa un discorso inusuale, duro, cerca di corrispondere in pieno ai giudizi e agli umori dei metalmeccanici. Il tema ricorrente è quello dell’unità. Declinabile in diversi modi, ora che sta iniziando davvero il congresso della Cgil. L’ovazione finale è ancora per Rinaldini, e per le iniziative di lotta messe in votazione. Poi le casse mandano «l’Internazionale», e nessuno lo trova strano o retrò.