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 2009  novembre 01 Domenica calendario

La traiettoria vitale di Roberto D’Agostino (Roma, 1948) riassume una parte della storia moderna italiana

La traiettoria vitale di Roberto D’Agostino (Roma, 1948) riassume una parte della storia moderna italiana. Da giovane fu militante della sinistra extraparlamentare, seguace della Beat Generation, disk jockey; in seguito divenne giornalista, spesso in televisione (una sera litigò a schiaffoni in diretta con il critico d’arte Vittorio Sgarbi), e autore di libri di culto come "L’insostenibile pesantezza del sublime". Oggi lavora 12 ore al giorno ma perde denaro: è il blogger più influente ed il più querelato del Paese. "Passo più tempo con il mio avvocato che con mia moglie" dice. Il suo blog, www.dagospia.it, funziona dal 2000, e le sue anticipazioni, analisi e pettegolezzi sono appuntamento obbligato per giornalisti, imprenditori e politici, come dimostrano le 700.000 pagine viste al giorno, con 12 minuti di permanenza media. D’Agostino si definisce come "romano, romanista e dopo italiano", e, nonostante si travesta da cinico, è in realtà un appassionato. "Sono un conservatore anarchico che alla destra e alla sinistra preferisce il centro (della tavola)", spiega. Domanda: cosicché il centro, da mangiare... Risposta: battute a parte, è un fatto incontrovertibile che i concetti di sinistra e destra appartengano al secolo passato. Sono obsoleti come il telex rispetto all’e-mail. Materiale da antiquariato che va avanti in Italia con stereotipi polverosi e discorsi in lingua "politichese", che repellono al cittadino e suonano indecifrabili ai giovani. Che significa oggi essere di sinistra? Semplice: non vedere il Dalai Lama, come ha fatto Obama, perché la Cina è il principale creditore degli Stati Uniti. Ecco, meglio che depiliamo tutto il pelo ipocrita dalla nostra mente e ammettiamo che, da Zapatero a Sarkozy, da Brown a Lula, da Merkel a Berlusconi, ogni Governo è già un "comitato d’affari". E che la distinzione ideologica destra/sinistra ricorda il dibattito tra i nostri nonni: è più eccitante il tango o il valzer? D.: come è riuscita l’Italia a distruggere la sua cultura in solo 30 anni? R.: per pochi euro puoi comprarti ancora una novella di Dostoievski, o la Bibbia. Ma i sussidi di Stato sono un cancro. I geni non hanno bisogno di finanziamenti. La RAI, per esempio, non dovrebbe essere un servizio pubblico, i bambini già non vedono la televisione, sono tutto il giorno appiccicati al computer e il telefonino (che sono ormai la stessa cosa). Che senso ha la Rai? Costa un patrimonio in imposte, ma il potere non vuole privatizzarla. Il corporativismo è un altro demonio italiaco. Se lo Stato dà milioni di euro a fondo perduto ai giornali, come possono essere indipendenti? Il risultato è che le notizie sono scomparse. Siamo comprati e venduti. Un catalogo vivente di anomalie. D.: allora Berlusconi è solo un sintomo? R.: massìè è facile nascondersi dietro Berlusconi, ma tutti abbiamo un Berlusconi dentro di noi. Io non ho paura di Berlusconi, ma del Berlusconi che porto dentro. D.: qual è il principale difetto della classe politica italiana? R.: la sua lontananza dalla cultura è brutale. La breccia è immensa. Moravia diceva: "La cultura serve solo a una cosa: saper spendere bene il denaro". Quello è governare: spendere bene le tasse. M se non c’è cultura non si può avere buon governo. Per questo abbiamo un ritardo di 30 anni ed a nessuno gliene importa. D.: cioè? R.: Per capirlo bisogna capire Roma. Alcune frasi romane. La più "vitale" è "’sti cazzi". Se un romano vede un Berlusconi, o George Clooney, li guarda e spara divertito: "Ao’, sti cazzi!". Qui le stelle del cinema non durano nemmeno due giorni. Ci divertiamo, invece, sulla voglia pazza degli altri di scambiare continuamente e ridicolmente la Storia con la Cronaca. La Storia è il Vaticano, ad esempio, la caduta del Muro di Berlino o i Beatles e la minigonna. Se si dice ai romani che Obama è la Storia, ridono. Quella è cronaca "nera"! Ancora. "Perché escludere, quando si può aggiungere?". Questa è un’altra frase cruciale dè nontri. La forza di Andreotti nacque da lì: mai crearsi nemici, una fetta di potere a tutti, anche ai perdenti così non si coalizzano per farti fuori. "Il Divo", il film di Sorrentino, è sbagliato: Andreotti non era una macchietta del potere che è durata quarant’anni. Non lo sono nemmeno quindici anni di Berlusconi. C’è un’altra frase perfetta sotto il Cupolone: quando non c’è soluzione, non esiste il problema. Eppoi, il potere è altra cosa, non si vede in televisione, giace in Vaticano o nel board Goldman Sacks. D.: e questo Berlusconi lo capisce? R.: i brambilla milanesi non lo capiscono. Se io vado a Milano, mi suonano le trombe. Qui a Roma neanche mi guardano. Perché poi dovrebbere "omaggiare" i ’famosi per essere famosi’? Cammini per Roma e sbucano Bernini, Michelangelo, Caravaggio... Milanesi e torinesi hanno paura di Roma. Agnelli nemmeno veniva. Per questo Franco Evangelisti, numero due di Andreotti, quando sbarcò a Strasburgo, e incominciò a parlare alla ennesima interruzione, sbottò: "Quando voi eravate ancora arrampicati sugli alberi, noi già eravamo froci". D.: quindi c’è qualcosa di incorreggibile in questo Popolo? R.: è la forma di ragionare. I francesi o gli inglesi o americani ci criticano per le cronachette e i fattacci del momento, ma noi abbiamo sotto la pelle il Colosseo, la fontana delle tartarughe, mille chiese mozzafiato, siamo l’Impero Romano, questa città nasce dalla Storia. Roma è fatta così. Non c’è cronaca che possa deprimerci. L’Italia poi è sempre stato un Paese con vita erotica extraconiugale fragorosa. Mussolini aveva un harem, lo sapevano tutti, perfino gli anti-fascisti, e nessuno diceva nulla. Non si infila il naso sotto le lenzuola. Agnelli fu per anni l’immagine sublime del Paese: era in fondo il più grande "utilizzatore finale" di zoccole, e cocainomane. Manteneva da solo mezza Colombia. Pagò un vitalizio alla sua ex amante Anita Ekberg, non capiva nulla di automobili, era panna montata senza gelato sotto, puro snob-show. D.: quindi non c’è soluzione? R.: questa è la cosa affascinante: l’attitudine antropologica di trattare gli altri come marziani che dopo tre giorni puzzano di noia e di spocchia. Silamo il male dell’umanità? D’altronde, dal bene non nasce niente di interessante. Tutto il divertente nasce dalle pene e dal... pene. Se uno ha un problema, lo verbalizza a voce alta al prete confessore e il peccato si monda. Per Freud qui non c’è posto. Tutta la sua teoria dell’inconscio si riassume in una grandissima e antica frase napoletana: "Il cazzo non vuole pensieri". La cultura della piazza latina ci salva: uscire, guardare e criticare. Adesso la piazza è elettronica, Dagospia la portineria, ed il cerchio si chiude. D.: chi comanda davvero in Italia? R.: né Berlusconi, né Prodi. Un reticolo di interessi, una ragnatela quasi invisibile, chiamala P2, P3 o P4, che decide un bel giorno che sei un tipo affidabile e allora ricevi quel ruolo di potere tanto agognato. Ma sono Lor Signori quelli che decidono. Il Vaticano comanda molto, ovviamente. Per esempio, le dimissioni di Dino Boffo (il direttore di Avvenire, il quotidiano dei Vescovi) non fu cosa di Berlusconi. Una volta caduto Ruini, lo staff di Ratzinger non trovava modo per convincere Dino Boffo, braccio destro del Progetto Culturale del cardinale, ad alzare i tacchi e mollare il potere (giornali, televisione, organizzazione eventi). Che si fa? Facile: un vescovo di Comunione e Liberazione passa un documento scottante sull’ostinato Boffo a Vittorio Feltri (direttore de Il Giornale)...