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 2009  novembre 02 Lunedì calendario

UN MILIONE DI DEBITI OGNI 8 SECONDI


Stamane, mentre state leggendo queste righe, il debito pubblico mondiale è ormai prossimo alla soglia di 35.600 miliardi di dollari. Questa la cifra indicata dall’orologio che nel sito web del settimanale The Economist misura l’inesorabile crescita del disavanzo dei conti internazionali, bruscamente accelerata dalla generale crisi finanziaria, all’incredibile ritmo di un milione di dollari ogni 8 secondi.
La somma appare enorme da qualsiasi parte la si rigiri. E con qualsiasi parametro economico la si raffronti. Rappresenta poco meno dei due terzi dell’intera ricchezza che sarà prodotta quest’anno nel mondo (36.238 miliardi di dollari su 55.938), percentuale che salirà, secondo le stime di The Economist, al 69% nel 2010 (41.348 miliardi su 59.778). Vale la pena di ricordare che questo rapporto superava di poco il 57% appena quattro anni fa, quando il valore assoluto del debito era inferiore di oltre 37% ai livelli attuali.
Altrettanto enormi appaiono le difficoltà a gestire questo debito nel prossimo futuro. Entro un biennio il suo importo sarà lievitato a 45mila miliardi: ciò significa che il valore mondiale procapite sarà salito da 5.712 dollari di quest’anno a 6.448 dell’anno venturo, fino a 6.950 dollari circa del 2011. Ma per i paesi più industrializzati (e indebitati) il balzo sarà ancor più cospicuo. Se per Germania e Francia, due tra i casi finora più "virtuosi" d’Europa, il fardello individuale sarà salito l’anno venturo rispettivamente da 29.738 a 32.219 e da 32.872 a 38.107 dollari, per gli Usa si passerà da 23.560 a 28.693. Ma per l’Italia il livello risulta già di guardia (da 41.520 a 44.657), per giungere al tremendo caso del Giappone, i cui cittadini avranno ciascuno un onere che passerà da 74.680 a 79.381 dollari.
Due aggravanti
Valori, questi, aggravati da due fattori. Il primo è costituito dall’andamento del Pil (ristagno o addirittura diminuzione), che accentua l’effetto distorsivo del calo per l’anno in corso (vedi grafici in alto). Nè la ripresa attesa per l’anno prossimo, molto debole secondo le stime dell’Ocse, potrà cambiare di molto il trend negativo. Il secondo fattore risulta più subdolo, perché destinato a protrarsi nel tempo e, per alcuni Paesi, addirittura ad accentuarsi.
Si tratta dell’andamento demografico, tendenzialmente negativo in Europa e soprattutto in Giappone, meno negli Usa. La diminuzione della popolazione totale e il suo invecchiamento progressivo (l’Ocse calcola che nel 2050 un terzo degli abitanti dei paesi industrializzati avrà un’età media superiore a 60 anni) farà sì che quanti saranno chiamati a ripagare il debito accumulato dalle generazioni precedenti con il frutto del loro lavoro saranno in numero sempre più esiguo, chiaramente insufficiente specie se le politiche di limitazione dell’immigrazione risultassero molto severe. Secondo le stime di The Economist, la componente demografica rischia d’incidere ben 10 volte di più di ogni politica fiscale adottabile per ripianare il debito.
Ma poichè potrebbe non esserci limite al peggio, ecco lo scenario più nefasto contemplato dall’agenzia di rating Moody’s: che si sommino un tasso di sviluppo economico stabilmente debole, politiche di risanamento del debito pubblico fallimentari o, peggio, che non siano neppure adottate per paralisi politica o debolezza degli esecutivi e, infine, il dollaro resti cronicamente debole.
Percentuali esplosive
Ciò causerebbe una vera esplosione del servizio del debito. Gli interessi da pagare, tra il 2008 e il 2012, balzerebbero dal 6,4% al 10,8% per la Germania e dall’11,1% al 16% per l’Italia, ma per per alcuni paesi addirittura raddoppierebbero, passando dal 5,8% al 10,1% per la Francia, dal 6,3% al 14% per gli Usa e addirittura dall’8,6% al 18% per il Giappone. Con il risultato finale di portare il rapporto con il Pil, nella seconda metà del prossimo decennio, ai livelli semi-ingestibili ipotizzati dall’Ocse.
Ultimo tassello del mosaico dei gravi problemi incombenti è costituito dall’andamento dei tassi d’interesse. «Stimiamo che, ai livelli attuali relativamente bassi – afferma Laurence Boone, economista di Barclays Capital – l’ammontare totale degli esborsi nell’area dell’euro sia di 275 miliardi, cioè due volte più del totale impegnato dai piani di rilancio economico. E abbiamo ragione di credere che i tassi saliranno».
 quindi possibile sopravvivere in un mondo super-indebitato? In teoria sì, sostengono vari analisti finanziari. Ma la concorrenza tra i paesi a rischio si accentuerà a colpi di rialzi dei tassi, che vedrà ovviamente favorite le emissioni dei paesi meno indebitati e, soprattutto, quelle del debito privato delle aziende più sane e dinamiche. E, soprattutto, dilagheranno le politiche improntate al rigore per la necessità di reperire le risorse necessarie a finanziare gli enormi debiti accumulati. Tra pochi anni le polemiche italiane che oggi ruotano intorno al cosiddetto "rigorismo" di Tremonti e al suo stretto controllo dei bilanci potrebbero essere comuni a tutta l’Europa e agli Usa.