Francesco Sisci, La stampa 4/11/2009, 4 novembre 2009
XIE, LA MADRINA DELLA MAFIA CINESE
A 46 anni, un’età in cui nella tradizione una donna in Cina è considerata definitivamente avviata sulla via del tramonto, lei, Xie Caiping, manteneva contemporaneamente almeno 16 amanti. Si vestiva con abiti firmati italiani, guidava una Bmw serie 7, possedeva dozzine di appartamenti sparsi per le verdissime colline di Chongqing, ed era la vera padrona di questa metropoli, ex capitale e oggi enorme centro industriale della Cina. Era chiamata dai più la «madrina», e gli intimi rispettosamente le si rivolgevano «saozi», la cognata. Xie era il volto gentile (qualche volta) e femminile della mafia che pervadeva Chongqing, una metropoli con oltre 30 milioni di abitanti, nel cuore del Paese, lungo il Fiume Azzurro, a circa tre mila chilometri dalla costa.
Ieri Xie è stata condannata a 18 anni di prigione. Pena mite, tenendo conto che tra le 1.544 persone arrestate per associazione criminale, nella più grande singola operazione antimafia della storia della Cina comunista, sei sono stati già condannati a morte. Altri 21 «colleghi» di Xie sono stati condannati a pene tra uno e 13 anni di prigione. Centinaia sono ancora in attesa di giudizio, secondo l’abitudine cinese di spezzare i procedimenti invece di celebrare un unico maxi processo.
Xie era un personaggio chiave della mafia di Chongqing e traeva il suo potere e la sua ricchezza dalla parentela con il viceresponsabile della polizia della città, suo cognato. L’uomo è oggi sospettato di essere stato per un almeno decennio il locale boss dei boss, ed è possibile che Xie abbia ricevuto uno sconto di pena in cambio di una testimonianza contro il cognato. Ma ha fama di essere una vera dura. Ha scandalizzato il pubblico e si è attirata l’ira della corte quando, all’inizio del processo, ha urlato insulti contro i giudici. Nell’immaginario popolare raccontato dai giornali è stata già collocata nel girone dei cattivi al femminile, quasi accanto alla malvagia imperatrice Ci Xi, nel 19° secolo, o la perfida Jiang Qing, la moglie di Mao che sparse il terrore nel Paese ai tempi delle guardie rosse.
Il compito della «cognata» era mostrarsi rapace o seduttrice in base alle necessità: doveva soprattutto convincere con le buone - e, se non avesse funzionato, anche con le cattive - i gestori delle case da the a trasformare i loro locali in case da gioco. Le case da the sono tipiche della regione interna e la gente di Chongqing e del vicino Sichuan vi passa giornate intere a chiacchierare. Oltre alla chiacchiera ora c’erano i casinò. Il gioco d’azzardo è proibito in Cina, ma la banda di Chongqing aveva fatto rinascere in città la passione antica per il «majiang», specie di ramino giocato con tessere da domino.
Inoltre, Xie si occupava di corrompere, o organizzare ricatti contro i funzionari governativi della città o quelli di passaggio per un’ispezione. Sono ben quattordici gli alti ufficiali oggi in galera per avere collaborato con la sua mafia. La banda era coinvolta in ogni sorta di affare lecito e illecito della città. La sua forza era però il controllo della polizia, che le permetteva di dettare le regole del pizzo e le forniture da far scegliere a bar e ristoranti della città. L’organizzazione era complessa e sofisticata, prevedeva anche prestanomi disposti a pagamento a prendersi le colpe dei boss durante le periodiche retate contro i casinò e le atività illegali. Per chi non si sottometteva a questo potere dispotico c’erano pestaggi, minacce di morte, o anche di prigione con accuse arbitrarie e prove manipolate.
Ieri un gruppo di vittime della mafia di Chongqing si era riunito fuori dal tribunale ad aspettare l’esito del giudizio contro Xie. Uno di loro, Chen Yanling, era deluso e infuriato per la sentenza che considerava troppo mite. Memore dell’epoca maoista, voleva per la «madrina» la fucilazione. In effetti, in tempi anche più recenti il governo non sarebbe andato tanto per il sottile e avrebbe passato tutti o quasi gli accusati per le armi. Chen e altri suoi amici di sventura hanno protestato contro i giudici troppo magnanimi e sono stati allontanati dalla polizia.