4 novembre 2009
Diana Blefari Melazzi, 40 anni. Neobrigatista romana, figlia di una baronessa che morì suicida, condannata all’ergastolo per l’omicidio di Marco Biagi, prima d’essere arrestata vestiva da maschio e andava al lavoro - un’edicola della capitale - a cavalcioni di una moto enduro rossa 350 di cilindrata
Diana Blefari Melazzi, 40 anni. Neobrigatista romana, figlia di una baronessa che morì suicida, condannata all’ergastolo per l’omicidio di Marco Biagi, prima d’essere arrestata vestiva da maschio e andava al lavoro - un’edicola della capitale - a cavalcioni di una moto enduro rossa 350 di cilindrata. Fama da dura («datemi gli occhiali» e «sono una militante rivoluzionaria del partito comunista combattente» furono le uniche parole ai poliziotti che l’ammanettarono nel 2003), da qualche anno era diventava l’ombra di se stessa: aveva attacchi di panico alternati a lunghi periodi di silenzio assoluto, se ne stava per giorni a letto al buio, s’era convinta che il cibo fosse avvelenato e pure che intorno a lei si aggirassero sicari di Massimo D’Alema incaricati di ammazzarla, e ciononostante lo scorso aprile una perizia psichiatrica l’aveva ritenuta capace di stare in giudizio. Sabato 31 ottobre, dopo aver ricevuto la notifica della condanna definitiva all’ergastolo, tagliò a strisce il suo lenzuolo, annodò con cura le strisce in modo da formare un cappio, e con quello s’impiccò nella sua cella. Alle 22.30 di sabato 31 ottobre in una cella nel reparto d’isolamento del carcere di Rebibbia a Roma.