Marco Liera, Plus24 31/10/2009;, 31 ottobre 2009
ZUCCHERO ALLE STELLE, LATTE NELLE STALLE
Le leggi del mercato (non si sa quanto libero) stanno mostrando tutta la loro crudeltà tra le commodities agricole. Lo zucchero sta attraversando il suo momento migliore da 28 anni (+86% da inizio anno), il tè è ai massimi storici (+70% nel 2009), e le cose stanno andando molto bene anche al cacao (+28% da inizio anno, ai massimi da 30 anni), al succo d’arancia (+60%) e al caffè (+28%). Sul fronte opposto, gli allevatori europei sono attanagliati da una crisi durissima, che ha portato il prezzo del latte al di sotto dei 30 centesimi per litro. Più o meno gli stessi livelli degli anni 80, quando però i costi di produzione erano inferiori di un terzo.
Il mercato agricolo è fatto di estremi feroci, che portano a conseguenze sociali altrettanto gravi (come dimostra il progressivo abbandono delle stalle nel Norditalia). Estremi che invitano gli investitori interessati a questa forma di diversificazione ad usare molta prudenza. L a domanda di impieghi legati all’agricoltura (dai terreni alle azioni delle imprese agroalimentari) è mossa da varie dinamiche, tra le quali è certamente importante la ricerca di protezione del capitale anti-catastrofe. Che trova il suo principale riferimento nell’incubo malthusiano della penuria di generi di sussistenza. Più incerta, come appunto si vede fra le soft commodities, è la capacità di difendere i patrimoni dall’inflazione nel lungo periodo.
Ciò non toglie che molti terreni agricoli (non necessariamente di pregio) e foreste di legname ( timberland)
abbiano offerto nell’arco di decenni ritorni reali di tutto rispetto. Non è un caso che certe fondazioni universitarie( come Harvard e Yale ) e fondi pensione (come l’ Ontario
Teachers Pension Plan e il New Zealand Superannuation Fund )
abbiano destinato consistenti allocazioni del portafoglio agli investimenti in timberland .
L’offerta limitata di attivi come questi spinge alcuni grandi investitori a considerarli impieghi non correlati alle Borse e alle obbligazioni.
La misurazione di questa decorrelazione dipende molto dal veicolo utilizzato. Strumenti non quotati consentono all’investitore di disinteressarsi delle fluttuazioni di breve periodo, che invece sono del tutto evidenti quando questi investimenti sono negoziati su mercati più o meno liquidi. il caso dei terreni e delle foreste di proprietà di fondi immobiliari o Reits (real estate investment trust), che hanno accusato la grande crisi solo un po’ meno dei principali indici azionari. Dal 13 luglio 2007 al 9 marzo 2009 uno dei principali Reits quotati a Wall Street specializzati in foreste, Plum Creek Timber ,
ha lasciato sul terreno il 45%, contro il -56% dell’indice S&P500.
Anche le azioni dell’agroalimentare denotano una scarsa capacità di sottrarsi all’Orso dei listini. Valga per tutti quanto accaduto al gestore scozzese Hugh Hendry, che insieme all’americano Jimmy Rogers è uno dei fan più accesi degli investimenti agricoli. Il suo fondo specializzato,
Eclectica Agriculture ,
nel 2008 ha perso il 34,6% in sterline, contro il -19,9% dell’indice Msci World. Le due principali partecipazioni in portafoglio sono ora Syngenta e
Monsanto .
Oltre che con la variabile climatica, fondi come questi devono fare i conti con i capricci della politica. L’ultimo report di Henry ricordava che il 70% della produzione mondiale di zucchero è protetto da varie forme di sussidi o regimi tariffari. Che storicamente ha portato a uno strutturale eccesso di offerta, per niente rassicurante per chi annovera questa commodity tra i propri investimenti.