Cristina Marrone, Corriere della sera 3/11/2009, 3 novembre 2009
Viaggi Dal veneziano Querini a Nobile con la sua tenda rossa- Verso il Grande Nord L’epopea e i record delle spedizioni italiane I nomi (spesso sconosciuti) degli uomini del Polo MILANO – Chi ricorda che un certo Francesco Negri, sacerdote ravennate nel Seicento fu il primo europeo a raggiungere da solo, in inverno, Capo Nord a bordo di barchette di pescatori? Qualcuno persino additò l’umile prete di provincia come una spia papale inviata in quelle lande sperdute per verificare se fosse possibile ristabilire il cattolicesimo
Viaggi Dal veneziano Querini a Nobile con la sua tenda rossa- Verso il Grande Nord L’epopea e i record delle spedizioni italiane I nomi (spesso sconosciuti) degli uomini del Polo MILANO – Chi ricorda che un certo Francesco Negri, sacerdote ravennate nel Seicento fu il primo europeo a raggiungere da solo, in inverno, Capo Nord a bordo di barchette di pescatori? Qualcuno persino additò l’umile prete di provincia come una spia papale inviata in quelle lande sperdute per verificare se fosse possibile ristabilire il cattolicesimo. E forse non tutti rammentano il contributo di Pietro Querini, capitano da mar della Serenissima, che nel Quattrocento naufragò con un carico di 800 botti di malvasia alle isole Lofoten, riportando a Venezia le prime notizie sull’essiccazione del baccalà. Quell’odissea boreale degli undici naufraghi superstiti (i marinai erano 47) fu uno dei primi passi «italiani » alla scoperta del Grande Nord, cinquecento anni prima della conquista del Polo. In pochi sanno che gli italiani hanno coperto un ruolo decisivo nell’esplorazione dell’Artide. Oltre a figure conosciute come il duca degli Abruzzi, che superò il record di penetrazione nella banchisa e il generale Nobile, che con il dirigibile Norge conquistò per primo il Polo Nord, esiste una piccola folla di nostri connazionali che hanno sfidato la durezza delle alte latitudini. Le loro storie le racconta Franco Brevini, professore di letteratura italiana, alpinista e viaggiatore, in «La sfinge dei ghiacci», Hoepli (643 pagine, 34 euro). il primo repertorio sistematico dedicato ai viaggiatori del nostro Paese che si sono spinti nei quadranti settentrionali. Un’affascinante ricerca storica che «copre un vuoto sconcertante nella storia ’italiana’ della corsa al Polo Nord» ammette lo stesso Brevini, che da quelle parti ci è andato varie volte con le sue gambe. Il primo a raggiungere Capo Nord via terra, nel 1799, fu Giuseppe Acerbi, conosciuto più che altro come direttore della «Biblioteca italiana», mensile pubblicato a Milano dal 1816. Contribuì come nessun altro in Europa a far conoscere i paesi nordici, in particolare la Lapponia affrontando territori ignoti battuti da bufere di neve e temperature rigidissime. Non mancano gli aneddoti, scovati nei testi originali. Come quello che apre il capitolo dedicato a Giacomo Bove, uno dei più grandi esploratori italiani del secondo Ottocento. L’8 agosto 1887 entrò in un’armeria a Verona e chiese un revolver. Consegnandoglielo l’armaiolo gli disse: «Signore, attento, quest’arma ammazza anche un bove». «Che fatalità » rispose l’ufficiale «io mi chiamo Bove». Il giorno successivo, a soli 35 anni, si uccise con quella pistola e lasciò scritto: «Meglio il nulla che il niente». La sua impresa più famosa era stata, dopo tre secoli di vani tentativi, la navigazione lungo il Passaggio a nord-est al seguito della spedizione svedese del 1878-1880 guidata da Adolf Erik Nordensskjold. A bordo della Vega fu accolto per le sue competenze nel campo dell’idrografia. Bisognerà però attendere il 1900 per vedere la prima vera spedizione polare italiana con la «Stella polare» guidata dal duca degli Abruzzi. La squadra italiana raggiunse il 25 aprile gli 86˚34’ (mancavano ancora 381 chilometri al Polo) segnando un nuovo record nella corsa verso i fatidici 90˚. Ventisei anni dopo fu il dirigibile Norge, pilotato da Umberto Nobile a raggiungere il Polo Nord. Nel 1928 Nobile ci riprovò con il dirigibile Italia. I superstiti montarono una tenda: colorata con l’anilina per renderla più visibile, passò alla storia come la Tenda Rossa. Brevini dedica un’ampia nota alla disputa tra Peary e Cook, che nel 1909 sostennero di aver raggiunto il Polo Nord. «Mentirono - scrive Brevini - e ancora oggi questo primato stenta a entrare nel patrimonio delle conoscenze condivise; stupisce che perfino il nostro paese, che dovrebbe invece esserne orgoglioso, sembri non avere troppo a cuore la riabilitazione della verità storica».