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 2009  novembre 03 Martedì calendario

VELOCISTI


L’atleta Usain Bolt, l’uomo più veloce del mondo (nel 2009, ai Campionati del mondo di Berlino, ha corso i 100 metri in 9"58) ha adottato un cucciolo di ghepardo in Kenya. Il gesto è significativo, non soltanto per il fatto di essere i più veloci della loro specie (Bolt corre a 37,578 km/h, il ghepardo a 115,419 km/h), ma anche perché il felino appartiene ad una specie a rischio: per colpa dei bracconieri, che lo cacciano per la pelliccia, ma anche per colpa di quelli che lo usano come ”cane” da caccia.

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Articolo originale:

Bolt con il piccolo ghepardo «Il solo che può battermi» -

E’ significativo ciò che ha fatto Usain Bolt, il più veloce tra tutti gli umani, appena giunto in Kenya, un angolo di mondo dove il ghepardo, il più veloce tra tutti gli animali, ancora sopravvive. Il campione giamaicano ha infatti, e da par suo, voluto far sentire la sua voce, fare qualcosa per lui.

Ed anche per il suo am­biente, perché se troppo si degrada l’ambiente anche il ghepardo dovrà scompari­re. E l’azione di Bolt è signi­ficativa perché in essa si in­tuisce qualcosa di speciale. Quasi fosse un senso di col­leganza, di solidarietà tra si­mili a far intraprendere al­l’atleta umano l’importante campagna a sostegno dello splendido scattista animale. Già, colleganza: perché se Bolt è il più veloce tra gli es­seri umani, il ghepardo lo è fra tutti gli animali terrestri. Bolt con i suoi 37,578 km/h, l’irraggiungibile felino addi­rittura – ed anche questo è record mondiale – con i suoi 115,419 km/h.

E c’è allora da chiedersi: avrà mai sognato, Bolt, di trovarsi in una competizio­ne in cui gareggiano i mi­gliori scattisti di tutto il mondo, inteso però come tutto il mondo animale? Ac­canto a lui, in quel sogno, non avrebbe potuto che es­serci un ghepardo. Che l’avrebbe davvero surclassa­to. Ebbene, se ha fatto quel sogno, a suo onore possia­mo dire che non è stato un incubo. Piuttosto che invi­dia l’eccelso atleta deve aver sentito una forte ammi­razione.

Chissà, forse ha persino immaginato d’in­carnarsi nel suo zoologico rivale, di divenire cioè un uomo-ghepardo (la sua per­sonalissima idea di chime­ra). Sia come sia, Bolt sta fa­cendo un’azione assai meri­toria per il ghepardo e per l’ambiente in cui sempre più fatica a sopravvivere.

L’uomo, infatti, sta scon­sideratamente spendendo gli ultimi individui rimasti, in parte per la trasformazio­ne delle savane in terreni agricoli, un poco per la cac­cia per la splendida pellic­cia, ma certamente perché, fin dai tempi più antichi, un gran numero di ghepar­di viene prelevato per sco­pi, diciamo così, venatori. Cioè per fare, seppure a mo­do loro, la parte dei cani da caccia.

Il ghepardo, si suole dire, è un cane con la faccia da gatto. Ciò è confermato sia dalla sua anatomia «di con­fine » che dal comportamen­to docile e addomesticabile. Ma se una volta era frequen­te sia in Asia che in Africa, ormai è considerato una specie a rischio.

E come mai potrebbe il re degli scattisti umani sop­portare questa condanna per lo scattista animale che più di tutti lo simboleggia? Che è il suo mito, il suo al­ter- super-ego? Certo è che, per salvare il ghepardo e il suo ecosistema, nessun te­stimonial è migliore di Bolt.