varie (giornali del 03/11/2009), 3 novembre 2009
RASSEGNA STAMPA SUL CASO MARRAZZO
del 03/11/2009 -
Le versioni dell’ex governatore - Fiorenza Sarzanini - Corriere della Sera -
La prima reazione: « una bufala»
« stato sventato un tentativo di estorsione basato su una bufala. Sono sconcertato per come a pochi mesi dalle elezioni si tenti di infangare l’uomo per colpire il presidente. Io resto al mio posto». la prima reazione del governatore del Lazio Piero Marrazzo non appena diventa pubblica la notizia del ricatto ai suoi danni per il video girato mentre era in compagnia di un trans in un appartamento di via Gradoli.
Le dimissioni: «Sofferenza estrema»
«Le mie condizioni personali di sofferenza estrema non rendono più utile per i cittadini la mia permanenza alla guida della Regione». il testo della lettera con la quale Marrazzo si dimette dalla guida della Regione Lazio. Più tardi dirà: «Mi è stato riservato un trattamento che non ha precedenti. Si è lasciato che giornali, riviste e televisioni si cibassero di me e di questa storia. In altre epoche e ad altri personaggi non sarebbe successo»-
L’ultima versione: «Nessun ricatto»
«Non sono mai stato ricattato, è stata una rapina. Qualche volta poteva capitare che quei soldi pagati per la prestazione servissero anche per la droga». questo che ha detto ieri l’ex governatore Marrazzo negli uffici della Procura romana in piazza Adriana. Accompagnato dal suo avvocato, Luca Petrucci, e dalla moglie, Roberta Serdoz, Marrazzo è stato ascoltato come persona informata dei fatti.
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Nella casa anche il pusher. Buttammo la droga nel water - Fiorenza Sarzanini - Corriere della Sera -
«Quando siamo arrivati, Marrazzo si trovava sul ciglio della porta fra le due stanze. La droga era su un tavolino nel soggiorno dove c’era Cafasso e il transessuale. La tessera si trovava già sul piatto, presumo per la sistemazione della cocaina. Marrazzo ci disse di non rovinarlo vista la sua posizione e perché aveva due bambine piccole ». il 24 ottobre scorso, udienza di convalida del fermo. I carabinieri arrestati raccontano l’irruzione effettuata il 3 luglio scorso a casa di Natalie. E sono proprio le loro dichiarazioni ad aver costretto Marrazzo ad ammettere l’uso di cocaina. Non solo. I militari forniscono dettagli inediti che si stanno verificando per ricostruire l’intera vicenda e che gli avvocati Mario Griffo e Marina Lo Faro utilizzeranno per chiederne la scarcerazione al Tribunale del Riesame.
Il festino con sesso e droga
Dichiara Carlo Tagliente: «Il 3 luglio abbiamo ricevuto una segnalazione da parte di un confidente di nome Gianguarino Cafasso che in un appartamento di via Gradoli era in corso un festino a base di sesso e droga. Cafasso mi chiamò con il suo telefonino. Al momento dell’accesso nell’appartamento erano presenti un transessuale, Cafasso e un uomo che stava in mutande e io e Simeone abbiamo riconosciuto immediatamente come il dottor Marrazzo. Ci disse di non rovinarlo... Abbiamo proceduto alla sua identificazione. Abbiamo controllato anche Cafasso per evitare che gli altri capissero che l’indicazione era partita da lui. Confermo che c’era Cafasso poiché lui è il classico ’pappone’ dei transessuali ed era lì per prendere la sua parte di soldi». Luciano Simeone conferma e aggiunge: «Faccio presente che nel corso del nostro accesso Marrazzo ha ricevuto una telefonata dal suo autista. L’abbiamo autorizzato a rispondere e, alla richiesta del suo autista se dovesse aspettarlo, Marrazzo si rivolse a me dopo aver tenuto di lato il telefono, chiedendomi se dovesse essere trattenuto molto. Vista la preghiera di Marrazzo e anche il timore di poter subire anche a distanza di tempo delle conseguenze per un’eventuale contestazione e visto che si trattava di un quantitativo modesto, tale da provocare soltanto un illecito amministrativo, prima di andare via gettammo la cocaina nel water».
L’aiuto per un trasferimento
Tagliente nega il ricatto: «Non ho chiesto denaro a Marrazzo per evitare la formalizzazione dell’intervento. Prima di andare via, Marrazzo ci chiese un numero di telefono per contattarci al fine di poterci ringraziare ovvero di poterci aiutare per eventuali trasferimenti, in quanto non lo avevamo denunciato. Io diedi il numero di cellulare che utilizzavo per i confidenti, ma dopo 4 o 5 giorni mi sono disfatto del telefono e della relativa scheda per timore di avere contatti con il dottor Marrazzo ». A Simeone vengono contestate le accuse formulate il 20 ottobre dal governatore. Lui contrattacca: «Ne prendo atto, ma ribadisco che le cose sono andate come ho detto e in particolare ciò potrà emergere dalle indagini sugli assegni che lui dice di averci consegnato. Io nego di aver mai cercato di contattarlo, anche se effettivamente ci chiese un numero di telefono. Marrazzo disse che la droga non era sua e quindi noi la buttammo nel water. In casa c’erano soldi che stavano su un comodino, ma né io né il collega li abbiamo toccati. Voglio sottolineare che Marrazzo non ha detto la verità. Se effettivamente avessimo fatto tutto quello di cui ci accusa ci avrebbe dovuto denunciare subito».
Il video più lungo
«Circa quindici giorni dopo – racconta Tagliente – fummo contattati da Cafasso e nell’incontro che avemmo io e Simeone ci disse che aveva effettuato una videoregistrazione in occasione del nostro intervento. Ci chiese di aiutarlo a trovare un acquirente perché lui non poteva, non avendo alcun credito e assicurandoci che nel video noi non comparivamo. Quindi ci consegnò un cd rom o meglio scaricò il contenuto del filmato con il bluetooth. Non so come l’abbia registrato quel giorno, noi non ci siamo accorti di nulla». Aggiunge Simeone: «Ritengo che Cafasso ha girato il video con il telefonino. Quando stavamo nell’appartamento non ci siamo accorti che stava riprendendo la scena. Cafasso dopo qualche giorno fece vedere il video integrale a me, Tagliente e Testini. Sul momento abbiamo detto a Guarino di distruggere il video perché c’eravamo anche noi. Lui avanzò una proposta soltanto per una parte del video, cioè quella dove non c’eravamo noi». E Antonio Tamburrino, il carabiniere accusato solo di ricettazione, aggiunge: «I miei colleghi mi dissero che il video gli era stato dato da un transessuale. Non ho mai pensato che fosse di provenienza illecita». Affermazione confermata da tutti gli altri.
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Su Marrazzo la verità è a rate - Giuseppe D’Avanzo - la Repubblica -
Piero Marrazzo, governatore dimissionario del Lazio, è un cocainomane. Lo ammette, nel suo secondo interrogatorio, correggendo quel che ha detto nel primo. La cocaina sul tavolo, ripresa in segreto dal cellulare di carabinieri furfanti, era sua.
L´aveva comprata e non è vero che quella polvere bianca era stata sistemata dai militari che si erano introdotti nell´appartamento con la forza. Un altro frammento di verità. Un´altra ammissione. Viene da chiedersi: ci sono altre confessioni? Marrazzo ha davvero e finalmente detto tutto? Perché a tornare indietro con la memoria, del governatore si ricordano soltanto omissioni, mezze verità, frottole. Più o meno dieci giorni fa - è già nota la notizia dei carabinieri ricattatori, dell´esistenza di un video compromettente - Marrazzo si presenta davanti alle telecamere per dire che è tutta «una bufala», che «il video non esiste» e, se esiste, «è manipolato». Una "verità" che regge per poche ore. Il video c´è, lo ritrae con un viado, dinanzi al tavolo con cocaina e denaro. Nuova versione. vero, ero in quell´appartamento con Natalì (il viado), ma non c´era droga. La droga ce l´hanno messa quelle canaglie dei carabinieri per rovinarlo, per estorcergli del denaro. il 22 novembre. In quelle ore appare chiaro, come osserva Repubblica, che sono necessarie e improrogabili le dimissioni del governatore e non per le sue debolezze private, ma per quel suo comportamento di chi non dice e sembra non voler dire quel che è accaduto.
Riprendiamo qualche argomento di allora. «Il governatore del Lazio non ha detto di essere stato ricattato né tantomeno ha denunciato l´estorsione, come avrebbe dovuto fare. Non ha detto di aver firmato assegni – ai carabinieri che lo minacciavano – per evitare che scoppiasse uno scandalo. Ora che lo scandalo è esploso, non dice che cosa è accaduto e non sembra disposto ad ammettere le sue responsabilità. Marrazzo sembra non comprendere che gli scandali sono lotte per il potere proprio perché mettono in gioco la reputazione personale di chi governa e la fiducia di chi è governato. Quanto è affidabile oggi il governatore? Si può avere fiducia in lui? Marrazzo si protegge da ogni interrogativo agitando le ragioni della privacy. Come se questa formula magica – la mia privacy – potesse evitargli quella che, altrove, chiamano "valutazione di vulnerabilità": quanto le sue decisioni possono essere libere dalle pressioni o dai ricatti ai quali lo espone la sua scapestrata vita privata? Nel pasticcio in cui si è cacciato, il governatore ha solo una strada davanti a sé. Obbligata ed esclusiva: assumersi la responsabilità della verità. Non c´è e non può essercene un´altra, meno che mai il farfuglio di mezze verità e menzogne intere che Marrazzo ha sfoggiato».
Siamo, più o meno, ancora a questo punto. Purtroppo. Il governatore sostiene di non aver nemmeno compreso di essere vittima di un ricatto. Giovedì scorso, ha raccontato – in via privata – qualcosa in più: quei due carabinieri mi hanno sbattuto contro un muro; mi hanno costretto a calare i pantaloni; poi mi hanno portato via il denaro, ho pensato a una rapina; sì, ho firmato gli assegni, ma poi li ho fatti bloccare dalla banca, quelli non si sono fatti più vivi, così non ho più pensato alla "cosa".
Se quel che si sa a quest´ora è corretto, è una ricostruzione che ha molte, troppe smagliature. Nel video, anche se confusamente, si ascolta Marrazzo implorare i carabinieri di «non rovinarlo», promette loro denaro e favori. Ora che accade, secondo il governatore? Quelli arraffano 5.000 euro in contati dal tavolo (denaro per la cocaina e per il sesso) e tre assegni per 20 mila euro (che non incasseranno mai) e vanno via senza farsi più vedere e sentire. Seguiamo ora i carabinieri. Sono convinti di fare un po´ di grana vendendo il video girato segretamente. Quanto? 40/50 mila euro da spillare nell´industria editoriale degli scandali. E perché non chiederli a Marrazzo, senza complicarsi tanto la vita o affidare il proprio destino professionale a gente che non conoscono?
Questo per i carabinieri: più che canaglie appaiono degli idioti degni di un film di Joel ed Ethan Coen. Marrazzo non è da meno. Subisce un´aggressione, lo sorprendono con il naso incipriato in casa di un viado e pensa di essersela cavata con 5.000 euro e la furbata degli assegni firmati e poi bloccati. E tuttavia, ammettiamo per un attimo che le cose stiano così, che cosa pensa, dice e fa Marrazzo quando il 19 ottobre gli telefona Berlusconi? Che cosa gli dice il capo del governo? vero, che gli consiglia di rivolgersi ad Alfonso Signorini e – come riferisce lo staff del governatore a Esterino Montino (oggi governatore vicario) – aggiunge: «Rivolgiti a Giampaolo Angelucci, ti libererà dai guai». In quel momento, chiunque, al posto di Marrazzo, avrebbe capito che la sua carriera politica era al capolinea. Come può pensare un governatore di continuare il suo lavoro correttamente dopo che deve la salvezza al maggior imprenditore della sanità? Come è evidente, ci sono ancora angoli di questo affaire da chiarire. Marrazzo deve fare la sua parte. Oggi, come ieri, gli si chiede di assumersi la responsabilità della verità. Al di là dell´inchiesta giudiziaria, al di là delle sue avventatezze private, lo deve a se stesso e a chi ha avuto fiducia in lui.
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"Tremila euro per Natalì e la coca poi entrarono i carabinieri ma non mi accorsi del filmino" - Carlo Bonini - la Repubblica -
Piero Marrazzo torna di fronte ai pubblici ministeri, che lo avevano ascoltato il 21 ottobre, per una nuova deposizione che chi lo ascolta definisce a sera «ancora molto confusa». E che tuttavia - per quanto ne riferiscono fonti inquirenti della Procura - modifica in una parte cruciale il racconto dei fatti di via Gradoli 96. Dice: «L´elevato importo in contanti - 5 mila euro - che avevo con me la mattina del 3 luglio si giustifica perché nei miei incontri era previsto il consumo di cocaina. Cocaina di cui è capitato che anche io facessi uso».
"NESSUN RICATTO.
SOLTANTO UNA RAPINA"
L´ex governatore rimane negli uffici giudiziari di Piazza Adriana per tre ore, ma il cuore della sua testimonianza non dura più di sessanta minuti. E ha il suo epitaffio in una dichiarazione che chiede di mettere a verbale. «Non sono stato vittima di nessun ricatto e ho sempre svolto il mio ruolo di Presidente della Regione Lazio nell´interesse esclusivo dei cittadini. Ho sempre considerato quanto mi era accaduto la mattina del 3 luglio soltanto una rapina».
Soltanto «una rapina». Di cui l´ex Governatore ora torna a precisare le circostanze e i protagonisti. A cominciare dalla figura di Natalì, il transessuale brasiliano. Il 21 ottobre, l´aveva descritto come un appuntamento poco più che occasionale («Era una persona incontrata qualche tempo prima per strada, di cui avevo il numero di cellulare»). Che ora, al contrario, diventa «una frequentazione che risale nel tempo». Marrazzo spiega di aver frequentato via Gradoli «più volte». E di aver incontrato Natalì «anche nell´appartamento» in zona Cortina d´Ampezzo che il transessuale riteneva fosse «la casa» del Governatore. «La mattina del 3 luglio arrivai in via Gradoli con l´auto guidata dal mio autista, scendendo ad alcune centinaia di metri dal luogo dell´incontro con la scusa di fare una passeggiata». Il transessuale lo aspetta nell´appartamento, «dove - assicura Marrazzo - non notai la presenza di nessun altro». Tantomeno di Gianguarino Cafasso, il "pappone" di via Gradoli. Il pusher che riforniva trans e clienti della comunità. «Non so chi sia - spiega Marrazzo ai pm che insistono su questo punto - Non l´ho visto quel giorno, né ho mai avuto rapporti con lui».
I TREMILA EURO SUL TAVOLINO
E LA COCAINA
Il Governatore entra dunque in casa e - come già aveva spiegato nel suo primo interrogatorio - dice: «Mi spoglio parzialmente e deposito parte della somma concordata per l´incontro su un tavolinetto in una delle due stanze di cui era composto l´appartamento: 5000 euro. Mi sembra di aver lasciato sul tavolinetto 3000 euro, conservando il resto nel portafoglio». I pm, però, questa volta muovono un´obiezione. «Come giustifica una somma così alta per una prestazione sessuale?». Marrazzo si aspetta la domanda. Ha avuto modo di riflettere sulla risposta da dare per 12 giorni. E non è una risposta semplice, né emotivamente, né processualmente. «Il compenso pattuito con Natalì era in effetti di mille euro. L´elevato importo in contanti che avevo con me la mattina del 3 luglio si giustifica perché negli incontri era previsto il consumo di cocaina. Cocaina di cui è capitato che anche io facessi uso».
Il passaggio è tanto delicato, quanto cruciale. Marrazzo, infatti, pur dovendo riconoscere quel che aveva preferito tacere nella sua prima deposizione (il consumo di cocaina durante i suoi incontri), decide di provare a tenere comunque insieme le sue parole del 21 e quelle di oggi. Ribadisce, infatti, che, entrato nell´appartamento, non ebbe modo di notare cocaina. «Mi accorsi che era sul tavolo solo dopo l´irruzione dei carabinieri». Anche se, questa volta, evita - per quel che riferiscono fonti inquirenti - di accusarli direttamente o indirettamente di averla introdotta nell´appartamento (Il 21 ottobre aveva detto: «Posso avanzare l´ipotesi che siano stati loro a metterla sul tavolino»). Sono parole evidentemente pesate con grande attenzione, che lo devono mettere al riparo da una possibile accusa di calunnia, e che mettono però fuori gioco la testimonianza di Natalì. Che, nei suoi due verbali di interrogatorio, si era detta certa che tra lei e l´ex Governatore cocaina non ne fosse mai girata: «Mai Piero ne ha portata con lui. Mai io gliene ho data».
"NON MI SONO MAI ACCORTO
CHE QUALCUNO FILMASSE"
Nella nuova deposizione di Marrazzo, la dinamica dell´irruzione dei carabinieri e la rapina che ne sarebbe seguita, è il calco del verbale del 21 ottobre. Dal furto del denaro contante sul tavolino a quello nel portafogli, ai tre assegni in bianco per un importo di 20 mila euro. E, come quel giorno, l´ex Governatore torna a ripetere: «Non ho avuto nessuna percezione che qualcuno mi filmasse». Né quel 3 luglio, né nei mesi precedenti, quando compagni dei suoi appuntamenti erano i transessuali Brenda e Michelle. Ai pubblici ministeri che, su questa circostanza, gli chiedono se abbia avuto la consapevolezza di essere stato filmato o fotografato (come Brenda ha ribadito a verbale, sostenendo che Marrazzo era «consenziente»), Marrazzo risponde di conoscere entrambi, ma insiste: «No. Non ho mai saputo di essere stato né fotografato, né filmato».
LA NUOVA VERITA´ DEI CARABINIERI
Marrazzo - spiegano fonti inquirenti - tornerà ad essere sentito. E´ un fatto che la sua deposizione di ieri, pur conservando elementi di contrasto cruciali, cominci ad avvicinarsi e in qualche modo a modellarsi sulla nuova verità che il maresciallo Nicola Testini e i carabinieri Carlo Tagliente e Luciano Simeone hanno consegnato il 24 ottobre al gip Sante Spinaci che ne ha convalidato il fermo. Con tre verbali ora depositati agli atti del tribunale del Riesame.
«Intendiamo modificare quanto riferito con le nostre dichiarazioni spontanee del 20 ottobre scorso (giorno in cui vennero perquisiti i loro alloggi ndr.)», dicono i carabinieri. E la loro storia prende un´altra strada. «Il 3 luglio - spiegano Tagliente e Simeone - il nostro confidente Cafasso ci indicò l´appartamento di via Gradoli, segnalandoci telefonicamente un festino di trans e cocaina. Eravamo in macchina e raggiungemmo il condominio in pochi minuti». E qui, la scena che si apre ai due carabinieri e un po´ diversa da quella che ricorda Marrazzo. Nell´appartamento, sarebbero in tre. «Riconoscemmo la presenza di Cafasso, che ci aveva preceduto, del transessuale Natalì e del Presidente Piero Marrazzo». «Sul tavolo - aggiungono i due militari - notammo due strisce di cocaina e, appoggiati in un piatto, una cannuccia, un portafoglio e un tesserino plastificato». Quello che accade dopo - raccontano ancora a verbale Tagliente e Simeone - è uno scambio di battute con il Governatore. «Dicemmo a Marrazzo: "Ma che sta facendo?". E lui: "Nulla di male". E noi: "Ma le sembra normale?". A quel punto, lui disse: "Vi prego, non mi rovinate" e offrì di aiutarci con l´Arma». Alla scena, a dire dei due carabinieri, assiste anche Natalì (lei, al contrario smentisce, sostenendo di essere stata «chiusa sul bacone»). Quindi, spiegano al gip: «In quel momento, non ci accorgemmo che Cafasso stava girando delle immagini. Noi, verificammo che la quantità di cocaina era modica e la gettammo nel water. Quindi, ci scambiammo dei numeri di telefono. Marrazzo prese il numero di uno dei nostri cellulari e ci diede quello della sua segreteria». Poi, «dopo circa 15 minuti, ci allontanammo dalla casa». Il maresciallo Testini (quel giorno e nei giorni successivi in ferie a Bari) conferma a verbale la versione di Tagliente e Simeone e aggiunge di aver saputo quanto è accaduto soltanto l´8 luglio, al suo rientro a Roma. Quando Cafasso informa Tagliente e Simeone, di aver girato un video quella mattina del 3 luglio e di aver voglia di farci sopra del grano. I tre ammettono con il gip di «aver sbagliato» a mettersi a quel punto nel gioco. Di aver «commesso una grave leggerezza». Ma, giurano, di «non aver mai ricattato o voluto ricattare nessuno». Di non aver rapinato nessuno. Di non aver accettato assegni in bianco. E offrono una prova. Il numero di cellulare consegnato a Marrazzo al momento dell´irruzione verrà disattivato quattro giorni dopo. Dice l´avvocato Marina Lo Faro, difensore dei tre carabinieri: «Si è mai visto un ricattatore che volontariamente si disfa dell´unico contatto telefonico su cui può essere rintracciato dal ricattato?».
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"I soldi servivano anche per la droga"- Elsa Vinci - la Repubblica -
«Quei soldi servivano anche per la droga». Stavolta ha ammesso che quei cinquemila euro non erano soltanto per Natalì, la trans che appare nel video del ricatto, ma pure per comprare la cocaina. Piero Marrazzo, l´ex governatore del Lazio travolto dallo scandalo, convocato ieri per la seconda volta dalla procura di Roma, ha dovuto rispondere per tre ore ai magistrati. Ha dovuto chiarire, spiegare. Perché tanti soldi e coca? «La acquistavo per uso personale». sempre un testimone, che ha affrontato un duro interrogatorio con accanto la moglie, la giornalista Roberta Serdoz, e l´avvocato di fiducia. «Non sono mai stato ricattato. Ho solo subito una rapina». Aggiusta la versione del 21 ottobre scorso, quando ha accusato i due carabinieri che hanno fatto irruzione in casa del trans in via Gradoli di aver lasciato tre "piste" su un tavolo.
«Lontano da occhi indiscreti». La procura ha accettato la richiesta fatta arrivare da Marrazzo attraverso il suo legale, Luca Petrucci. L´appuntamento alle tre e mezza del pomeriggio negli uffici della Procura generale a piazza Adriana, a un paio di chilometri dalla folla e dai curiosi del tribunale. Una sede blindata contro le incursioni di giornalisti e tv.
Stanco, provato in volto. Ma nessun crollo emotivo davanti al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al pm Rodolfo Sabelli. La moglie sempre accanto, durante un interrogatorio condotto sul filo della falsa testimonianza, della calunnia. Infatti l´avvocato di tre dei cinque militari sotto inchiesta per il ricatto a luci rosse, Marina Lo Faro, non ha dubbi nel dichiarare: «Se queste indiscrezioni sulla cocaina sono confermate, presenterò subito un esposto con la denuncia per calunnia nei confronti dei miei assistiti». Il destino giudiziario di Marrazzo sembra ancora da definire. I pm si stanno dedicando a ricostruire il quadro del ricatto, ma sul conto dell´ex governatore restano degli interrogativi. Per esempio sulla disponibilità di denaro. Verrà data un´occhiata, ma non subito, alle spese di rappresentanza dell´ex presidente.
Quando a sera, intorno alle 18,30, Marrazzo e la moglie hanno lasciato gli uffici sono usciti da una porta laterale di via Triboniano, mentre l´avvocato Petrucci e un collaboratore si sono allontanati dentro il Suv con i vetri scuri del legale. «Chiediamo silenzio - dice l´avvocato - per proteggere la famiglia. Adesso Marrazzo è un privato cittadino».
Dopo l´ex governatore i magistrati hanno sentito anche uno dei transessuali suoi amici. Nelle sue risposte è stata cercata la via per arrivare al video lungo, alla versione integrale del filmino su Marrazzo. Due giorni fa ascoltata anche la trans Brenda. Oggi ancora interrogatori a Regina Coeli. Ma Luciano Simeone, Luca Tagliente e Nicola Testini si avvarranno della facoltà di non rispondere. Non sarà sentito Antonio Tamburrino. Pare risponderà invece Donato D´Autilia, il quinto militare, indagato per ricettazione.
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"Angelucci è venuto da me e ha visto il video. curioso che lui neghi, io confermo tutto" - Paolo Berizzi - la Repubblica
Alle quattro del pomeriggio nel suo ufficio di viale Monza - la stessa strada dove aveva sede l´agenzia Corona´s di Fabrizio Corona e dove si trovano gli uffici della LM production di Lele Mora - Carmen Masi, titolare con il marito Domenico dell´agenzia Photo Masi, dice che nella vicenda del video di Marrazzo ha letto cose «curiose». «Ma mi lasciano indifferente, perché io ho raccontato la verità».
Si riferisce alla smentita di Giampaolo Angelucci, l´editore di Libero, che ha negato di averla incontrata e di aver visionato il filmato nella sua agenzia?
«Sì. E´ curioso che smentisca e non capisco perché lo abbia fatto. Da parte mia confermo che il 14 ottobre, intorno alle 12, il signor Angelucci, mai conosciuto prima, è venuto qui alla Photo Masi e ha visionato il video sul nostro pc. Mi ha detto che gli interessava e che mi avrebbe fatto sapere».
E poi?
«Più sentito. Lo stesso giorno informai Signorini (direttore di "Chi" e "Tv Sorrisi e Canzoni") dell´incontro con Angelucci, e fu lo stesso Signorini, verso le 17, a chiamarmi dicendomi di fermare tutto perché "Panorama" era interessato a comprare il filmato».
Ai carabinieri lei racconta che prima ancora Signorini le prospetta un interessamento da parte di "Libero".
«Ho detto tutto nel verbale di quella notte, quando i militari suonano alla mia porta alle 4.15 per sequestrare il video. I direttori che l´hanno visionato, per quanto ne so io, sono Signorini e Belpietro (direttore di "Libero"), oltre all´inviato di "Oggi" Giangavino Sulas».
Fu lei a proporre il filmato a Signorini, o Signorini, come altri giornalisti, già sapeva che circolava?
«Fui io a contattarlo. Il 5 ottobre, assieme a mio marito e al nostro avvocato, andai a Segrate a mostrarglielo. Ma non se ne fece nulla. Poi tutto quanto è trasceso».
Può ricostruire dall´inizio la storia di questo video?
«Primi di agosto. Massimiliano Scarfone, nostro corrispondente da Roma (lo stesso paparazzo delle foto di Sircana) mi chiama: "C´è un video interessante che si può vendere". Lo vedo, ne parlo con il mio avvocato (Eller Vanicher) che mi da´ l´ok. Lo propongo a Brindani (condirettore di "Oggi") ma la trattativa naufraga. Così decido di contattare Signorini».
Scusi, ma lei stava cercando di vendere un filmato realizzato abusivamente, messo in circolazione da una banda di criminali.
«Come potevo immaginarlo? Che ne sapevo che dietro c´era tutta questa storiaccia?».
Scarfone lo ha avuto da uno dei carabinieri arrestati.
«Con i nostri corrispondenti c´è un rapporto di fiducia. E poi, soprattutto per scoop importanti, non si chiede mai chi è la fonte. Anche perché sarebbe inutile, è come domandarlo a un giornalista. Se arriva un fotografo e ti dice "c´è quel personaggio che si incontra con tizio o con caio" non gli chiedi chi lo ha messo sulla pista giusta. Guardi il materiale e basta, e se è interessante provi a venderlo, come abbiamo fatto».
Possibile che non l´abbia nemmeno sfiorata l´idea che quel filmato era roba scivolosa?
«Volevo far fare una perizia, ho cercato un perito ma non l´ho trovato».
Che cosa l´ha colpita di più di tutta questa vicenda?
«Che un presidente di Regione non denunci un ricatto. Io, che sono una cittadina comune, mi sarei subito rivolta alla magistratura. Lo dico anche contro quello che poteva essere il mio interesse commerciale».
La sua agenzia era già stata al centro di polemiche per il caso Sircana. Dopo questa nuova bufera avete avuto o vi aspettate delle ricadute negative?
«No. Ho provato solo un fastidio urticante sentendo dire a Corona che il nostro metodo di lavoro è lo stesso che usava lui, solo che lui è finito in carcere e a noi nemmeno un avviso di garanzia. Sono affermazioni che non stanno in piedi e che offendono la professionalità della mia agenzia».
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’I soldi erano anche per la coca” - Guido Ruotolo - La Stampa -
«Qualche volta poteva capitare che quei soldi potessero servire anche per la droga, oltre che per le prestazioni sessuali». Alle sette di sera, sotto una pioggia battente, Piero Marrazzo esce da una porta secondaria di piazza Adriana. E’ appena finito il suo interrogatorio, sentito sempre come «persona offesa» dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal pm Rodolfo Sabelli.
L’ex governatore del Lazio modifica così le sue prime dichiarazioni rese il 21 ottobre, quando escluse di far uso di droghe. Marrazzo era arrivato a piazza Adriana intorno alle 16, accompagnato dalla moglie, la giornalista Roberta Serdoz, e dal suo avvocato, Luca Petrucci.
Da quello che trapela, ieri l’ex governatore del Lazio non avrebbe spiegato se erano state portate da lui o comunque erano nella sua disponibilità le tre strisce di polvere bianca che si vedono nel filmato di tre minuti, girato il 3 luglio scorso a casa di Natalie dai carabinieri «mele marce». Se lo avesse fatto, cambiando la sua prima dichiarazione, i magistrati gli avrebbero dovuto contestare la calunnia, avendo lui nei fatti accusato i carabinieri di averla portata come un elemento della messinscena. E, dunque, ieri Marrazzo ha soltanto riconosciuto che talvolta le somme che pagava per gli incontri d’amore con i trans comprendevano anche la droga, la cocaina.
Per l’incontro col trans Marazzo ieri ha spiegato di aver pattuito un compenso di mille euro contraddicendo quanto aveva dichiarato in occasione della sua prima testimonianza. Ed i 5 mila euro di cui aveva parlato (3 mila lasciati su un tavolino e 2 mila che stavano nel portafoglio), tutti soldi che poi gli erano stati sottratti dai carabinieri infedeli, rappresentavano semplicemente la somma di cui disponeva quel giorno. L’ex governatore del Lazio ieri ha continuato a ribadire di non essere finito sotto ricatto della banda dei carabinieri: «Sono stato vittima soltanto di una rapina, ho sempre svolto il mio ruolo di presidente della Regione Lazio nell’interesse esclusivo dei cittadini».
Lo aveva già detto nel suo primo interrogatorio: «I due uomini prima di andare via mi chiesero un mio recapito telefonico e io diedi loro uno dei telefoni fissi della mia segretaria in Regione. Alcuni giorni dopo (probabilmente il 7 luglio, ndr) arrivò una chiamata a quel numero ma io non risposi. E aggiungo che stracciai subito il numero del cellulare che loro mi diedero perché volevano altri soldi». E, dunque, per lui la storia era finita. Salvo poi riemergere il 19 ottobre, quando lo chiamò Silvio Berlusconi per avvisarlo del video compromettente. Ma di questa telefonata, secondo le indiscrezioni, non si sarebbe parlato ieri pomeriggio a piazza Adriana.
L’ex governatore avrebbe invece insistito nel non collocare sulla scena dell’irruzione dei carabinieri anche Rino Cafasso, il pusher che riforniva di coca i trans morto per infarto il 12 settembre scorso.
La Procura sarebbe venuta in possesso della denuncia di smarrimento dei tre assegni staccati da Marrazzo e consegnati ai carabinieri infedeli quel giorno. Lo aveva detto lo stesso governatore ai magistrati, il 21 ottobre: «Pregai il mio segretario Adelfo Luciani, che mi gestisce il conto corrente bancario su cui ho tratto gli assegni consegnati ai due sedicenti carabinieri, di fare una denuncia di smarrimento degli stessi in quanto gli ho detto di averli smarriti». Insomma, Luciani ha agito in buona fede.
Ieri sera il legale di Marrazzo, l’avvocato Luca Petrucci, ha lanciato un appello ai giornali e alle televisioni: «Il mio assistito chiede di rispettare il dolore della famiglia, di sua moglie e delle sue tre figlie di cui due minorenni. Non è più un uomo pubblico e da oggi solo il silenzio può proteggere i suoi cari».
In attesa dell’udienza del Tribunale del Riesame che si terrà domani, la Procura ha fissato per oggi nuovi interrogatori con i carabinieri coinvolti nell’inchiesta. Tre di loro, Luciano Simeone, Carlo Tagliente e Nicola Testini - ha fatto sapere il loro legale, l’avvocato Marina Lo Faro - si avvarranno della facoltà di non rispondere. E, dunque, sarà interrogato soltanto il maresciallo Donato D’Autilia, indagato a piede libero per ricettazione.