Paolo Madron, Il Sole 24 Ore 2/11/2009, 2 novembre 2009
VIETATO SPUTARE ALL’EXPO DI SHANGAI
Fleming Gu è uno dei 40mila che ha presentato la domanda per far parte del corpo dei volontari durante l’Expo. In realtà a Shanghai il volontario è un missionario che deve guadagnar proseliti al verbo della cortesia, del decoro e della buona educazione. Impresa disperata. Sostiene Gu che sicuramente è più facile innalzare grattacieli che non il comportamento della gente, e che alla fine bisognerà fare come a Pechino, obbligarla per legge. Ormai non passa giorno senza che dai palazzi del governo cittadino escano tonnellate di ordinanze affinché l’immane sforzo che la città sta facendo per presentare al mondo la più fulgida immagine di sé non venga vanificato da atteggiamenti incresciosi dei suoi abitanti, in primis la loro reiterata abitudine a sputazzare. Maggio, ovvero l’inizio della più suntuoso e faraonico Expo mai visto, è praticamente domani.
Lo sputo è il nemico pubblico numero uno che bisogna combattere con tutte le forze. Gli shanghainiani poi lo praticano con rumorosa spavalderia, facendolo precedere da un roboante raschiamento tracheale che, spiegano gli esegeti della materia, ne rinforza l’intento purificatorio, perché sputare è sinonimo di liberazione interiore. Ora, dice Gu, il problema non è bandire l’atto, che sarebbe come cancellare un tradizione millenaria, ma basterebbe soltanto che il suo approdo finale fosse un fazzoletto di carta e non il marciapiede o il pavimento di un locale.
Per ordine del governo cittadino e del partito lo sforzo maggiore dovrà essere concentrato sui 100 mila tassisti, il vero buco nero che si è provato sinora invano a riempire. Perché il tassista che già non parla uno straccio di inglese, che già gira su auto la cui fabbricazione precede la Rivoluzione culturale, come se non bastasse sputa, dando origine nei mesi estivi (guarda caso saranno quelli dell’Expo) al fenomeno che il blogger Jianshuo laconicamente racconta nel suo sito. Ovvero come gli sia capitato che, con la velocità della macchina e i finestrini aperti per il gran caldo la disgustosa secrezione del conducente abbia preso un indesiderato tragitto di andata e ritorno terminato addosso a lui che sedeva dietro.
Ma l’opera di persuasione è tutt’altro che facile. Tanto che a Pechino, durante il periodo delle Olimpiadi, lo sputo è stato bandito per legge. In verità quello era solo il primo di una serie di divieti enucleati dallo stentoreo editto: "Regole di condotta e di abbigliamento per un esemplare residente cinese durante i giochi olimpici". Per la cronaca, vale la pena di rammentare gli altri, perché anche qui ne stanno per adottare di analoghi. Era severamente vietato agli uomini: arrotolarsi i pantaloni sulle gambe. Farsi crescere i capelli al di sotto delle sopracciglie e delle orecchie. Indossare maglie a collo alto se il collo è corto, stupendo ossimoro. Portare calzini bianchi con scarpe nere (ma questo dovrebbe essere proibito per legge anche in Occidente). Non mangiare aglio e lavarsi i denti. Per le donne: niente topless, gonne non più corte di 3 o 6 centimetri sopra il gnocchio a seconda dell’età, banditi gonne di pelle e vestiti vaporosi, tre il limite consentito di colori contemporaneamente indossabili. Infine, e sarà così anche a Shanghai perché l’usanza è assai diffusa, divieto assoluto di girare per strada in pigiama e ubriacarsi. Capita infatti in questo inusitato prolungamento dell’estate, che nella capitale degli affari molti, specie la sera, passeggino con indosso l’indumento deputato al notturno riposo.
Ce n’è anche per i cani. Su quest’ultimo tema Zheng Huiqiang, dirigente del Congresso del popolo del municipio di Shanghai, è stato lapidario: «Il regolamento esistente su cani e animali in genere è generico e datato». Perciò sui 164 mila cani dotati di regolare licenza si sta per abbattere la scure del legislatore: durante i giorni della manifestazione divieto assoluto di ingresso in metropolitana, centri commerciali, supermarket, ascensori e altri luoghi pubblici. Cosa potrebbe capitare, in un paese in cui vige la pena di morte, allo sventurato cinese che in pigiama portasse a spasso il suo fedele animale, magari sputando qua e là durante il percorso?
Ma da cani è anche il modo in cui i locali parlano l’inglese, e questo preoccupa moltissimo le autorità. Infatti il primo compito dei 40mila volonterosi è proprio questo, facilitare un minimo livello di comunicazione con i turisti, tale da non farli cadere nel panico nel momento in cui perdessero la strada o avessero urgente bisogno di qualcosa. Di ciò si sta freneticamente occupantdo lo Shanghai municipal language affairs committee, che per prima cosa ha varato una completa e radicale revisione di tutte le scritte in inglese della città, spesso incomprensibili o peggio, dice testualmente il Comitato, «incresciosamente umoristiche». Si può, per esempio, tollerare la traduzione di "toilette per gli uomini" in "stanza dove gli uomini possono cambiare vestiti?". Oppure trasformare il cartello "solo per il personale" in un brunettiano "vietato l’ingresso ai fannulloni"?
Chiedo a Fleming Gu come pensano, a pochi mesi dall’evento, di riuscire nella titanica impresa. Mi guarda come un pericoloso disfattista, confessa che sarà dura ma, giura, «ce la faremo». Sì, forse ce la faranno perché sono testardi e orgogliosi. Magari per uno sputo, ma alla fine ce la faranno.