Laura Galvani, Il Sole 24 Ore, 1/11/2009, 1 novembre 2009
Big del petrolio, la festa è finita - Era il 30 settembre del 2008 Eni, Shell, Exxon, Conoco, BP, Chevron, si apprestavano a chiudere i conti dei primi nove mesi, il brent era più o meno a ridosso dei 110 dollari al barile e i profitti non potevano che essere rotondi
Big del petrolio, la festa è finita - Era il 30 settembre del 2008 Eni, Shell, Exxon, Conoco, BP, Chevron, si apprestavano a chiudere i conti dei primi nove mesi, il brent era più o meno a ridosso dei 110 dollari al barile e i profitti non potevano che essere rotondi. Tanto che se si va a vedere la somma degli utili registrati allora dalle sei società si ottiene una cifra monstre: 140 miliardi di dollari. Un risultato boom che rende particolarmente stridente il confronto con la situazione attuale: le stesse sei aziende hanno archiviato i primi nove mesi del 2009 con profitti pari a 52,7 miliardi di dollari. In un anno i big del petrolio hanno dunque perso 87 miliardi di dollari di utile. Certo, si sta parlando di profitti sempre consistenti e di aziende comunque in salute, ciò non toglie che gli utili sono scesi in media del 60%. Il mondo, d’altraparte, in questi dodici mesi è cambiato e molti dei riferimenti che in passato hanno sostenuto la marginalità delle compagnie petrolifere difficilmente recupereranno i livelli toccati nei mesi scorsi. Basti pensare al brent, che oggi viaggia attorno ai 75 dollari al barile, o ai margini di raffinazione medi europei che sono scesi dai 6,37 dollari del terzo trimestre 2008 ai 2,34 dollari dello scorso 30 settembre. Il tutto accompagnato da una forte contrazione della domanda di prodotti raffinati, la stessa Shell, per esempio, ha ridotto l’output del 4% rispetto al trimestre precedente e dell’8% nel confronto conil 2008.Molti analisti sostengono che si sia vicini a un punto critico per i gruppi petroliferi, vuoi perché appare complicato aumentare la produzione, vuoi perché sono in pochi a credere in un prossimo balzo della domanda, la richiesta in aumento nei paesi emergenti o in via di sviluppo non è in grado di compensare la ritirata dell’Occidente. Per questo gli osservatori si aspettano a breve una maggiore diversificazione del portafoglio business delle compagnie petrolifere. L’idea è che nei prossimi dieci anni i gruppi allarghino i loro orizzonti entrando anche in altri ambiti del comparto energetico. Non è un caso che Total e Eni stiano guardando con interesse al nucleare e che Shell e BP si stiano focalizzando sulle energie alternative. Insomma, per i big dell’oil non è escluso un generale ripensamento del business nel lungo termine. Quanto al medio periodo, diversi osservatori concordano nel prospettare una svolta positiva dello scenario generale attorno al 2012, quando cioé alcune raffinerie avranno chiuso, si sarà in presenza di una robusta crescita economica e il sostanziale taglio dei costi avrà già avuto i suoi effetti benefici sui margini. Non a caso molti dei grandi operatori hanno messo in cantiere sostanziosi piani di contenimento delle spese. In primis Shell (il terzo trimestre del 2009 si è chiuso con un utile netto di 3,247 miliardi di dollari, in calo del 62% rispetto) che a inizio anno ha presentato il piano Transition 2009. Un progetto che servirà a migliorare la competitività, ridurre i costi e tagliare parte della forza lavoro, circa il 10% dei dipendenti. Di minori spese si parla anche in casa Exxon che ha varato un piano che prevede risparmi complessivi per 600 milioni, e ha ritoccato gli investimenti a 26 miliardi nel 2009 dai precedenti 29 miliardi. Per Exxon il terzo trimestre si è chiuso con un utile a 4,73 miliardi di dollari, in calo del 68%. E l’Eni? Prosegue con il piano già annunciato diverso tempo fa che prevede minori costi per 2 miliardi al 2012. Nel frattempo, il gruppo italiano, nonostante dati in discesa, ha comunque fatto meglio delle stime degli analisti: secondo i dati raccolti da Bloomberg, la media del mercato si attendeva un utile netto di 1,08 miliardi contro i profitti per 1,24 miliardi (-57,8%rispetto allo stesso periodo del 2008) realmente realizzati dal cane a sei zampe. In ragione di ciò il saldo del dividendo Eni per il 2009 potrebbe essere pari a 50 centesimi, a patto che i risultati del quarto trimestre risultino in linea con quelli appena annunciati. Anche Conoco Phillips, terza maggiore compagnia petrolifera americana per valore di mercato, ha battuto le attese: l’utile è crollato del 71% a1,5 miliardi di dollari, 1 dollaro per azione, ma gli analisti si aspettavano 95 centesimi. Pure BPPlc ha fatto meglio delle previsioni, nel terzo trimestre ha registrato profitti per 4,6 miliardi di dollari (-47%) contro i 3,25 miliardi attesi. Infine, per Chevron gli ultimi tre mesi sono stati archiviati con un utile in calo del 51% a 3,93 miliardi di dollari.