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 2009  novembre 01 Domenica calendario

IL RICATTO IN UNA STANZA

Quando ti atterra sul tavolo mezzo chilo di carta rilegata dallo stuzzicante titolo 1000 canzoni che ci hanno cambiato la vita, come fai a non spulciarlo in cerca dei dischi più cari? Io, per esempio, mi sarei aspettato di trovarci l’indimenticabile A Whiter Shade of Pale dei Procol Harum (1967), struggente colonna sonora delle prime occupazioni studentesche, che nella versione italiana dei Dik Dik (Senza luce: «Il bicchiere però è mio / cameriere lascia stare...») accompagnava gli innocenti «sballi» di una generazione ancora ferma a whisky e nazionali col filtro. E invece non c’è, questa venerata reliquia degli anni Sessanta, nell’inventario curato dal pur bravo Ezio Guaitamacchi e pubblicato da Rizzoli, e di una lacuna così grave non si è accorto nemmeno Renzo Arbore che firma la nota introduttiva. Per contro, nei Mille vengono arruolati brani assai dimenticabili come Felicità (1982), che sicuramente ha cambiato la vita di Al Bano e Romina, un po’ meno le nostre. Ma il libro riserva anche sorprese positive. Non sapevo, per esempio, che Dio è morto dei Nomadi (altro inno sessantottino), col suo scandaloso ritornello nietzschiano, fosse stato censurato dalla Rai di Bernabei e trasmesso invece integralmente dalla più illuminata Radio Vaticana di Papa Montini.
E ancor più mi ha stupito apprendere (lacuna mia, in questo caso) che Il cielo in una stanza (1960) era in realtà ispirato a una casa d’appuntamenti, che Gino Paoli aveva frequentato in gioventù. Chi l’avrebbe mai detto. Quelle strofe così romantiche, Mina che cinguettava con gli occhioni languidi «Quando tu sei vicino a me / Questo soffitto viola no / Non esiste più / Io vedo il cielo sopra noi / Che restiamo qui...» tutto questo ambientato in un bordello, tra ciprie e giarrettiere? Avremmo dovuto immaginarlo: a chi poteva venire in mente di dipingere di viola il soffitto? Forse a qualcuna delle «graziose» di Via del Campo, che nella canzone di Fabrizio De André (siamo sempre nel fatidico 1967), stavano sulla soglia e vendevano «a tutti la stessa rosa».
Le graziose di oggi (in ogni variante bio-antropologica) e le loro «casitas» non ispirano più canzoni, ma intercettazioni, video e ricatti. Che a volte cambiano la vita (in meglio) a chi li fa, procurando mazzette e posti in lista. Ma più sovente la cambiano (in peggio) ai clienti famosi, costringendoli a cantare. «Spesso gli sbirri e i carabinieri al loro dovere vengono meno...» (Bocca di rosa, parole e musica di De André).