Gianluca Paolucci, La stampa 2/11/2009, 2 novembre 2009
DEBITI PER 71 MILIARDI CIT GROUP PORTA I LIBRI IN TRIBUNALE
La quinta bancarotta per dimensioni della storia americana si è consumata ieri, quando in Italia era ormai notte fonda, bruciando 71 miliardi di asset e 2,3 miliardi dei contribuenti Usa. Cit Group, istituto finanziario specializzato nel credito alle piccole e medie imprese, ha infatti fatto ricorso al Chapter 11, la protezione dai creditori secondo la legge fallimentare Usa, per evitare la chiusura delle attività e mantenere l’operatività cercando nel contempo di ristrutturare il suo debito. il quinto crac Usa di sempre per asset dopo Lehman (400 miliardi), Washington Mutual, Worldcom e General Motors.
Un cda del gruppo, ieri pomeriggio, ha formalizzato la decisione che era già nell’aria da qualche tempo, dopo la bocciatura di un primo piano di ristrutturazione da parte dei creditori e il rifiuto più volte reiterato del Tesoro Usa di concedere nuovi finanziamenti, dopo aver garantito 2,3 miliardi di dollari tramite il piano Tarp - sui 400 miliardi complessivi - per il sostegno del gruppo.
Venerdì scorso, era stato il finanziere Carl Ichann, debitore del gruppo, a spianare la strada alla procedura del Chapter 11 per Cit, concedendo un finanziamento di emergenza da un miliardo di dollari, al quale attingere se la società dovesse avere bisogno di più dei 4,5 miliardi di dollari ricevuti dagli altri obbligazionisti. Un fallimento «pilotato», per il quale è stato chiesto un accordo preventivo ai creditori per un piano che - scrive la Reuters - avrebbe avuto il via libera di circa il 90% degli obbligazionisti con in mano bond non garantiti e che darebbe agli obbligazionisti il 70% del capitale più il 92,5% delle azioni ordinarie, e agli azionisti privilegiati (fra cui il governo americano) il 5%.
Fallimento che non dovrebbe presentare particolari rischi sistemici, sia perché largamente atteso, sia perché l’istituto ha da tempo ridimensionato le sua attività dopo essere stato colpito duramente dalla crisi per effetto dei prestiti subprime e degli student loan, i prestiti agli studenti, importante fetta del business di Cit entrata in crisi con il credit crunch.
Ma non per questo meno traumatico: per il Tesoro quei 2,33 miliardi rappresentano la prima perdita sul programma di aiuti, dopo che molti istituti - da Morgan Stanley a Goldman Sachs - hanno restituito i soldi. Ma non per questo senza incognite: «Non per niente certo che saranno capaci di uscirne - spiega al Wall Street Journal Donald Workman, esperto di procedure concorsuali allo studio legale Baker Hostetler - a causa di tutte le incertezze alle quali deve fare fronte una società di servizi finanziari con mercati come questi». Non a caso la Fed - che vuole assicurarsi che in futuro non siano premiati i banchieri troppo amanti del rischio - ha convocato per oggi i vertici delle 28 maggiori banche americane per discutere i meccanismi di vigilanza sulle retribuzioni.
Giornate campali anche in Europa: Londra starebbe valutando di vendere parti di Lloyds, Northern Rock e Royal Bank of Scotland, i tre istituti salvati con i soldi dei contribuenti. La vendita darebbe vita a tre banche commerciali che non faranno anche le banche d’investimento. E aiuterebbe il governo di Sua Maestà a recuperare parte dei fondi spesi per aiutare le banche, uno dei fattori che più hanno colpito la popolarità del Premier Gordon Brown a pochi mesi dalle elezioni.