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 2009  novembre 02 Lunedì calendario

LA SVIZZERA ACCUSA L’ITALIA: CI SPIATE


Stop alla rinegoziazione della «doppia imposizione». La Svizzera passa al contrattacco. Dopo le proteste ticinesi contro lo scudo fiscale varato dal governo italiano e contro il blitz settimana scorsa della Guardia di Finanza nelle filiali italiane delle banche elvetiche, da Berna arriva la prima ritorsione politica, che coinvolge le trattative per il rinnovo dell’accordo di cooperazione in campo fiscale tra Italia e Svizzera. Ad annunciarlo dalle colonne del SonntagsBlick è stato lo stesso presidente della Confederazione, Hans-Rudolf Merz. «Da parte nostra - ha detto l’esponente liberale, a capo anche del Dipartimento delle Finanze - siamo pronti a ratificare l’accordo in questione, ma visto quanto accaduto abbiamo deciso di bloccare tutto fino a nuovo avviso».
La Svizzera ha già stipulato nuovi accordi con altri Paesi, il che le ha consentito di uscire dalla lista grigia dei dei paradisi fiscali dell’Ocse. Con l’Italia le trattative erano in corso e nelle scorse settimane Berna aveva proposto a Roma - sulla falsariga di quanto sta trattando con altri Paesi - il prelievo in Svizzera di un’imposta alla fonte sui capitali italiani.
L’inasprimento delle misure anti-evasori condotte nelle filiali italiane delle istituzioni finanziarie svizzere e alla frontiera hanno indispettito il governo rossocrociato. Ma la misura s’è colmata col sospetto - qualcosa di più per gli svizzeri - che l’azione dei nostri agenti prosegua, in borghese, anche dentro il loro territorio. «Le presunte attività di agenti italiani sul suolo svizzero per scovare evasori fiscali italiani sono inammissibili, inaccettabili. A tutto c’è un limite». Insomma Berna non accetta di «farsi spiare da stranieri», ha aggiunto il presidente elvetico. Quindi «dobbiamo mostrare a Roma che ci sono dei limiti. In queste condizioni non si può continuare a negoziare: voglio prima sapere a che gioco stiamo giocando».
Insomma Merz, prima di riaprire il dialogo, aspetta «la reazione di Tremonti» che prima di arrivare a un accordo sulla doppia imposizione, accusa Merz, dalla Svizzera vuole i soldi. Del resto Tremonti «deve fare i conti con una montagna di debiti, mentre noi siamo riusciti a ridurli di 13 miliardi di franchi negli ultimi 5 anni». Ergo, la Svizzera viene punita «perché gestisce in modo corretto le proprie finanze». Tre giorni fa, con la nomina del consigliere politico per le questioni fiscali con l’Italia - l’ex senatore Renzo Respini - sembrava che la Svizzera avesse scelto una via più morbida per trovare una soluzione con Roma. Da ieri i rapporti tornano tesi. Solo il ministro dell’Economia federale, Doris Leuthard, abbassa i toni, dicendo che «bisogna dialogare con l’Italia. Non vogliamo che la Svizzera sia discriminata, vogliamo essere trattati in modo corretto. Gli attacchi non risolvono nulla».
Come se non bastasse oggi a Londra la Rete Internazionale per la giustizia fiscale presenterà il suo nuovo indice di opacità finanziaria, da cui risulta che la Svizzera si piazza a un poco invidiabile terzo posto, dietro solo a Delaware (Usa) e Lussemburgo e appena prima delle isole Cayman. Questo non ferma in Ticino le proteste contro gli «attacchi italiani» alla loro piazza finanziaria. A Chiasso c’è un’ordinanza del sindaco che invita i cittadini svizzeri a segnalare eventuali agenti italiani infiltrati a caccia di evasori. Sul fronte politico, torna alla carica la Lega dei Ticinesi, secondo partito nel Cantone. Il leader Giuliano Bignasca sul Mattino della Domenica (il settimanale del partito zeppo di attacchi a Tremonti di cui ieri storpiava il cognome in «Trans-monti») ha elaborato un catalogo di possibili (ma improbabili) ritorsioni contro gli italiani. Il governo federale ha fatto la prima mossa. Ora i comuni di frontiera attendono di conoscere che fine faranno i ristorni dei frontalieri, finiti anch’essi nel mirino.