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 2009  novembre 02 Lunedì calendario

PLACIDO E LA STORIA SBAGLIATA CHE FAZIO NON VUOLE CORREGGERE


Sabato sera, ospite della trasmis­sione di Fabio Fazio «Che tempo che fa», Michele Placido, dopo aver rievo­cato le proprie origini lucane ha fornito la sua versione di ciò che secondo lui accad­de nell’Italia meridionale nel 1860 e subito dopo. Ripeto a memoria, ma sicuro di ri­cordare più o meno alla lettera (del resto esiste di certo una registrazione): «Quan­do ci fu l’annessione arrivarono dal nord le truppe italiane… piemontesi, e comin­ciarono subito i massacri. Migliaia e mi­gliaia di giovani furono messi al muro, co­sì, e fucilati. Paesi interi distrutti: queste cose nessuno le sa ma vanno finalmente dette. Fu una strage». Altro che Unità d’Ita­lia. Piuttosto una specie di anticipazione dell’arrivo in Bielorussia delle WaffenSS , si direbbe. Il tutto proclamato con tono ispirato, dopo essersi girato sulla poltrona verso il pubblico bue che, sollecitato dal condiscendente sorrisino del presentato­re, non ha fatto mancare il suo caloroso ap­plauso alle scempiaggini appena udite.

Alla fine, però, Michele Placido non ha colpa più di tanto. Che obbligo ha, lui, in­fatti, di sapere, come sono andate vera­mente le cose? E cioè che subito dopo l’Unità ci fu nel Sud una sollevazione con­tadina, sobillata anche dal clero reaziona­rio e dai borbonici, contro i «piemontesi» sì, ma anche contro tanta parte migliore della società meridionale? che, come capi­ta sempre in queste circostanze, la ferocia fu da ambo le parti? che se i bersaglieri fu­cilavano, i loro avversari decapitavamo, mutilavano, castravano? Ma che ne sa Pla­cido di tutto questo? Egli è solo uno dei tanti italiani che ha una conoscenza raffaz­zonata e per sentito dire della storia del suo Paese, intessuta della panzane politi­co- ideologiche che gli è capitato di legge­re sui libri sbagliati e più probabilmente di orecchiare. La controparte meridionale della cultura del leghismo.

Quello che è grave – mi verrebbe da scrivere vergognoso, ma lasciamo perdere – è che a questa ignoranza presti i suoi mezzi il servizio pubblico televisivo: «ita­liano », fino a prova contraria. Con i suoi presentatori non saprei dire se più igno­ranti o più timorosi di opporsi, sia pure con una sola parola, ai luoghi comuni ac­creditati.