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 2009  novembre 02 Lunedì calendario

Fisco «Io, perseguitato dall’Irap»- Bedogni (Bear Plast): penalizzato per 30 dipendenti. Il peso delle tasse può arrivare al 90% degli utili Nel 1997, l’allora mi­nistro delle finanze Vincenzo Visco, do­po aver varato l’Irap – l’imposta regionale sulle attività produttive che sostituiva varie tasse e i con­tributi sanitari – si ritrovò, in un convegno, a dover fron­teggiare le obiezioni e il dis­senso di un giovane impren­ditore, Marco Bedogni

Fisco «Io, perseguitato dall’Irap»- Bedogni (Bear Plast): penalizzato per 30 dipendenti. Il peso delle tasse può arrivare al 90% degli utili Nel 1997, l’allora mi­nistro delle finanze Vincenzo Visco, do­po aver varato l’Irap – l’imposta regionale sulle attività produttive che sostituiva varie tasse e i con­tributi sanitari – si ritrovò, in un convegno, a dover fron­teggiare le obiezioni e il dis­senso di un giovane impren­ditore, Marco Bedogni. Dodici anni dopo quell’im­prenditore è diventato vice presidente Confapi di Reg­gio Emilia, conduce la Bear Plast, azienda di famiglia che si occupa di stampaggio di materie plastiche, ma so­prattutto continua la sua bat­taglia contro il Fisco e l’Irap. «Dodici anni fa come oggi – conferma Bedogni – il cu­mulo di Irap e Ires rendono la stretta del Fisco davvero asfissiante. Oggi l’aggravan­te è che il peso delle tasse si aggiunge a una crisi profon­dissima. Quest’anno in un’area virtuosa come quel­la di Reggio Emilia le azien­de stanno fatturando il 40% in meno. E lo stesso si verifi­ca in tutto il manifatturiero italiano. A fronte di una simi­le, tragica, situazione, il Fi­sco che fa? Mantiene l’Irap che prevede una quota pro­porzionale al numero dei di­pendenti senza tener conto di fatturato o utili». Le richieste Proprio di recente il cen­tro studi Confapi ha svolto un’indagine su un campione di Pmi dal quale emerge che la richiesta di riduzione del carico fiscale è invocata dal 74% delle Pmi, staccando di gran lunga altre misure co­me la revisione di Basilea 2 o l’Iva per cassa. Il problema però è che le casse statali non possono fare a meno di introiti cospicui come quelli che garantisce l’Irap, la cui abolizione rimane sempre complessa e difficilmente praticabile. «Tutti ci rendiamo conto che senza Irap lo Stato e le re­gioni andrebbero in banca­rotta – concorda Bedogni – però proviamo a rimodel­lare la pressione fiscale, met­tiamo un tetto: non tassare più del 50% degli utili. Io da qualche anno ho una tassa­zione superiore al 90% sugli utili ante imposte. Il tutto in un periodo in cui i profitti li vediamo con il binocolo. E poi bisogna aggiungere che imposte come l’Irap fanno da disincentivo per chi lavo­ra nel manifatturiero: il no­stro settore prevede un’alta presenza di risorse umane, il che equivale a una maggiore Irap. La mia azienda che fat­tura 5 milioni di euro l’anno e impiega circa 30 addetti pa­ga di più di un’altra azienda che fattura 50 milioni ma ha meno dipendenti». L’Iva di cassa Eppure qualche timido tentativo c’è stato, per esem­pio quello del cosiddetto «clic day»: le aziende che so­no riuscite a registrarsi sul si­to dell’Agenzia delle Entrate hanno potuto togliere dal­l’imponibile Irap i dipenden­ti destinati ad attività di ricer­ca a sviluppo. «Ci siamo registrati dopo 56 secondi dall’apertura del sito ma siamo stati respinti. Per rientrare tra le aziende ’vincitrici’ bisognava regi­strarsi entro 25 secondi. E in questi casi la sensazione di essere un po’ presi in giro c’è. Stesso discorso per l’Iva di cassa: in una situazione come quella attuale in cui si viene pagati con enorme ri­tardo, non ha senso versare l’Iva con anticipo. Qualcuno continua a sbandierare che questo provvedimento è sta­to preso, ma riguarda azien­de fino a 200 mila euro di fat­turato. un provvedimento che va bene per un negozio, un professionista, ma non per un’azienda. Avrebbe sen­so solo se fosse a chi ha fino a 50 milioni di fatturato». Adesso bisogna fronteggia­re l’emergenza e resistere fi­no alla ripresa del prossimo anno che, tra l’altro, si prean­nuncia lenta. Con quali stru­menti? «Meno tasse – riba­disce Bedogni – inutile pro­vare altre strade. La mia azienda finora ha limitato i danni, con un calo del fattu­rato del 20%, solo perché ci eravamo attrezzati per forni­re settori ad alto valore ag­giunto come quello ferrovia­rio in cui la concorrenza è minore. L’Irap incide per al­cune decine di migliaia di eu­ro, soldi che potrebbero ser­virmi a rientrare dai capitali impegnati per acquistare un sistema di programmazione della produzione per recupe­rare gli sprechi di lavorazio­ne ».