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 2009  ottobre 30 Venerdì calendario

«Avete il nome di politici e vip?» - La convocazione alla procura di Roma arriva a tarda sera, mentre il giornale è ancora ”aperto” e le agenzie rilanciano il giallo sui due ”ex ministri” che sarebbero possibili vittime di ricatti sessuali e non solo

«Avete il nome di politici e vip?» - La convocazione alla procura di Roma arriva a tarda sera, mentre il giornale è ancora ”aperto” e le agenzie rilanciano il giallo sui due ”ex ministri” che sarebbero possibili vittime di ricatti sessuali e non solo. Una telefonata in redazione, tramite centralino. Voce calma, maschile. «Dovrebbe passare da noi per alcuni chiarimenti». La domanda sorge spontanea: non si potrebbe fare domani mattina? Devo finire un pezzo. «Meglio subito, anche tra un’ora. La aspettiamo». Va bene. In breve. Lo scoop di Libero su quell’incontro con Gianguarino Cafasso, lo spacciatore al centro della vicenda Marrazzo, è arrivato anche sulla scrivania del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, che ha deciso di convocarci come ”persone informate sui fatti”. Nessuno finora, all’infuori dei quattro carabinieri al centro dell’inchiesta, aveva coinvolto il pusher salernitano, trovato morto il 12 settembre scorso in un motel sulla via Salaria. Anzi, gli inquirenti avevano addirittura pensato si trattasse di un nome finto, buttato lì dagli indagati durante gli interrogatori di garanzia soltanto per incolpare altri della vicenda. Qualcuno, sopratutto, che non poteva più difendersi, visto che ormai era morto e sepolto. l’incontro Noi invece sapevamo qualcosa in più, qualche particolare che può essere utile ai fini dell’indagine. Perché noi con quell’uomo ci avevamo parlato davvero, una notte di luglio, prima di partire per le vacanze, quasi come un’avventura estiva piena di suspence e come tale quasi fuori dalla realtà. Non potevamo prevedere, allora, che quel bestione con gli occhi gonfi, i tatuaggi, una macchina scassata e una fasciatura in testa fosse un elemento chiave di una faccenda che ha ancora molti punti oscuri e, per ora, una vittima illustre: l’ex governatore Piero Marrazzo. Prima viene sentita una giornalista, poi mentre l’interrogatorio è ancora in corso, viene avvertita anche la collega a casa, più o meno con la stessa formula: «Abbiamo letto l’articolo e vorremmo sentire la vostra testimonianza. Immediatamente». Veniamo ascoltate una dopo l’altra, separatamente, ma quello che segue è un racconto unificato, perché insieme abbiamo visto quel video, quel giorno. due ore a testa di colloquio Primo piano di una Procura a quell’ora completamente deserta. Dentro, nell’ufficio del procuratore aggiunto Capaldo, c’erano, insieme a lui, anche il sostituto, Rodolfo Sabelli, un colonnello dei Ros e un maresciallo. Sulla scrivania una copia di Libero, analizzata in ogni virgola. Due ore a testa, tanto sono durati i colloqui, più il verbale. Centoventi minuti durante i quali abbiamo raccontato per filo e per segno tutto quello che sapevamo su questa storiaccia: dai contatti avuti con il legale del pusher, all’appuntamento a Corso Francia, dal video di pessima qualità, ai racconti che Cafasso ci fece lungo il tragitto verso quel pied à terre su via Cassia e soprattutto al ritorno, quando noi cercammo di fargli dire qualcosa di più su chi l’avesse girato e perché. Richieste che lo spacciatore ci soddisfò solo in parte, cercando di eludere abilmente i particolari più importanti di quel video. chi è chiappe d’oro? Ai giudici abbiamo spiegato tutto, anche le nostre perplessità sull’autenticità dei contenuti di quel dischetto. Ci hanno chiesto se le immagini si vedevano diritte o capovolte, se c’erano altre persone, se magari si sentivano dei rumori strani. E che cosa si vedeva oltre ai due personaggi filmati e l’arredamento della camera. E poi la fatidica domanda: «Quando vi nominò ”Chiappe d’oro” vi disse anche chi era?». Vi parlò dei soldi? E ancora: ma voi ce l’avete questo filmino in redazione? il piatto e il trans Nomi, orari, indirizzi. I magistrati, giustamente, hanno voluto sapere tutto di quella notte e di quel video, che noi forse abbiamo visto per prime. «Marrazzo? Si vedeva chiaramente che era lui? Parlava? E il transessuale? Moro, biondo, dov’era? Cosa faceva? E poi ancora quel piatto con la cocaina «di che colore era?». Tanti, troppi particolari che la mente, a distanza di circa tre mesi, può anche avere in parte cancellato. Ma le parole di Cafasso no, quelle ce le ricordavamo ancora bene. Quel suo: «Prendo i soldi e scappo. Ho già pronti i documenti, perché se sto qui mi fanno fuori, mi fanno». il presagio Un presagio stranamente diventato realtà un paio di mesi più tardi. Ed è questo uno dei punti sui quali gli inquirenti si sono soffermati di più. «Pensate avesse paura, ma vi ha detto chi temeva?». No, farfugliava di persone più in alto di lui, forse si sentiva braccato. «Una volta che esce questo video mi vengono a cercare». Per questo voleva un sacco di soldi, in contanti, in una valigetta. Troppi per lui solo. Di certo avrebbe dovuto pagare anche il trans che si era prestato per incastrare il cliente. E chissà chi altri. Noi, quel 15 luglio abbiamo visto solo un video, peraltro non pubblicabile. Che dietro tutto ci fossero quattro carabinieri non ne sapevamo nulla. L’unica stranezza che avevamo notato era l’atteggiamento del 36enne, che ancor prima di accettare che andassimo in due a vedere il video, parve consultarsi con qualcuno al telefono. Le indagini faranno luce anche su questo.