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 2009  ottobre 30 Venerdì calendario

CARAVAGGIO, AUTORITRATTO NELLA BROCCA


Intorno al 1596-97 Caravaggio si dipinse in maniera microscopica dentro la brocca del suo Bacco, quasi presagio al naufragio nel vino e nei bagordi che di lì a poco avrebbe caratterizzato la sua stessa vita.

Le iniziative che si vanno predisponendo per il IV centenario della morte del Merisi (18 luglio 1610) incominciano con questa scoperta conse­guita, come ormai sta diventando abitudine ne­gli studi d’arte, attraverso analisi scientifiche. Una riflettografia multispettrale condotta da Art-Test sulla piccola tela (95 x 85 cm) del Bacco conservato agli Uffizi ha rivelato ciò che da seco­li si sospettava, ovvero che anche il Merisi si fos­se ritratto specchiandosi direttamente nel qua­dro mentre dipingeva. La novità, documentata in Nuove Scoperte sul Caravaggio , edita dalla Fondazione Roberto Longhi, sarà presentata og­gi dal Comitato nazionale per le celebrazioni del IV Centenario alle 15.30 presso l’Aula Magna di Studio Art Centers International (via Sant’Anto­nino 11, Firenze) da Mina Gregori e Roberta La­pucci. «Nella caraffa alla destra di Bacco - affer­ma la Gregori, una delle maggiori studiose del pittore - Caravaggio dipinse la sagoma di un per­sonaggio in posizione eretta, con un braccio sporgente in avanti verso un cavalletto da pitto­re con sopra una tela. Di questa sagoma sono distinguibili i lineamenti del volto, in particola­re naso e occhi. Per me è il suo autoritratto men­tre stava dipingendo. Anche il Merisi, in­fatti, dipingeva utilizzano gli specchi nei quali si rifletteva, come racconta Baglio­ne, un suo biografo ». Scrive infatti Gio­vanni Baglione in Le Vite de’ Pittori, Scultori, Architetti, ed Intagliatori del 1642 che il Merisi «fece alcuni quadretti da lui nello specchio ritratti. Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli d’uve di­verse ».

Anna Pelagotti, che ha condotto la ri­flettografia multispettrale a infrarossi, spiega perché si arriva solo oggi alla sco­perta del particolare: «Perché sopra al particolare sono stesi una vernice colorata e ma­teriale depositato nei secoli; per cui senza gli in­frarossi la sagoma non è visibile. Di certo Cara­vaggio la dipinse, e sembra proprio di vedere un giovanissimo Merisi, che crea con il pennello in mano». La lettura a infrarossi è un’operazione della durata di un’oretta e dal costo massimo di circa mille euro.

«Meglio una scoperta come questa che predi­sporre per l’anniversario esposizioni inutili, con vecchi quadri, senza tenere conto di tutto il di­battito avvenuto sul pittore dalla mostra di Lon­ghi del 1951 a Milano ad oggi», afferma la Grego­ri. «Negli ultimi decenni si sono moltiplicate le interpretazioni sul pittore: giudico sbagliate le proposte, che ho sentito ventilare, di fare per l’anniversario solo esposizioni con quadri del Merisi e non dei caravaggeschi. Bisogna discute­re ancora molto delle sue attribuzioni! Prendia­mo il ’Narciso’; nell’85 io stessa ho sostenuto che fosse autentico; oggi siamo propensi a rite­nerlo di altro autore, forse dello Spadarino».

Il Comitato è presieduto da Maurizio Calvesi ed è stato proprio lui, in una riunione prelimina­re, ricorda la Gregori, «a suggerire di finanziare analisi di laboratorio. Io ero scettica, ma mi so­no convinta». Di certo gli studi di storia dell’arte si stanno spostando sempre più da un piano di lettura anche narrativa dell’opera (come era pro­prio pure del Longhi) a uno di indagine scientifi­co- oggettivistica, che di certo aumenta i dati di conoscenza, ma che non accompagna a una vici­nanza emotiva ed empatica con l’opera.

Che il volto del Merisi fosse nascosto da qual­che parte nel dipinto di Bacco si sospettava. Ma nessuno l’aveva documentato. A seguito della pulitura di questa tela, nel 1922, Matteo Maran­goni disse infatti di aver scorso, riflessa nella brocca una testi­na simile al «Fruttaio­lo » o al «Bacco» Bor­ghese, che volle ricolle­gare alla fisionomia dello stesso Caravag­gio: «Grandi orbite oculari, naso a base lar­ga e un po’ camusa, labbra carnose e semi aper­te ». Da allora solo oggi, ma agli infrarossi, si rie­sce ad intravedere un casco di capelli neri, un accenno di volto, un tocco di bianco per il collet­to. Altre interpretazioni, pure autorevoli, riten­gono che sia invece il volto del Bacco l’autoritrat­to del pittore, anche se ignoravano l’esistenza di una figura dentro la brocca.

Il «Bacco» fu commissionato al Merisi dal car­dinal Del Monte per regalarlo a Ferdinando I de’ Medici in occasione della celebrazione delle noz­ze del figlio Cosimo II. Nella tela il vino è stato versato da poco e Bacco tiene in realtà in mano il calice con poca sicurezza. Maurizio Calvesi ha interpretato questo quadro come opera di gene­re allegorico-mitologico: l’androginia del sogget­to è da intendersi come unione dei contrari. Per altri l’opera allegorizza il sangue di Cristo offer­to per la salvezza dell’uomo.