Angelo Aquaro, la Repubblica 30/10/09, 30 ottobre 2009
La semplicità è un affare: ora al supermercato vince l´etichetta corta - Con quel nome che si ritrova, lottare contro le multinazionali alimentari sembra uno scherzo del destino
La semplicità è un affare: ora al supermercato vince l´etichetta corta - Con quel nome che si ritrova, lottare contro le multinazionali alimentari sembra uno scherzo del destino. Eppure anche stavolta Marion Nestle (senz´accento, please), professore alla New York University e animatore del blog Food Politics, non s´è tirato indietro. «Figuriamoci: sono stato proprio io a invitare i consumatori a puntare sulla semplicità. Ogni tendenza a impiegare meno ingredienti è positiva». Però... «Però non vorrei che alla fine si risolvesse tutto in una questione di marketing». Ecco, appunto: salute o marketing? Le due parole adesso si confrontano in un trend che Usa Today sintetizza in un titolo, «Semplice è meglio», e che si rifà alle tesi di Michel Pollan, uno studioso che nel suo «In difesa del cibo» propone appunto l´equazione meno ingredienti e più qualità. Così nella terra dei mille fast-food e dei naturalissmi Whole-Food, nella nazione che si divide tra obesi e salutisti, l´ultima tendenza rischia di mettere d´accordo (quasi) tutti. Semplice è meglio. Se il 2009, causa recessione, passerà alla storia come l´anno del "cheap", del "basso costo" salutato dall´omonimo bestseller di Ellen Ruppel Shell, l´anno che verrà sarà quello della semplicità. I consumatori non voglio più sapere soltanto cosa c´è dentro. Sempre di più nelle etichette cercano quello che non c´è: dagli additivi ai coloranti. "Organico" e "naturale", le due ultime parole magiche, non bastano più. Dal 2005 al 2008 i prodotti che sbandierano la parola "semplice" o "semplicemente" sono cresciuti del 64,7. E il picco si aspetta ora. Dice Lynn Dornblasser di Mintel, la bibbia del marketing, che la tendenza è stata verificata su 19 categorie di prodotti: fino ai cibi per gli animali. «E proprio l´uso di meno ingredienti fa scattare nel consumatore l´idea di semplicità», dice Tom Vierhile, ricercatore di Datamonitor. Il ragionamento è del tipo di quello che Ching-Yee Hu ha fatto nella sua azienda, la Häagen-Dazs, uno dei grandi marchi che insieme a Starbucks e Kraft cavalcano il nuovo trend. Durante un panel di consumatori a San Francisco, qualcuno notò che, trovandosi di fronte a una busta di patatine con 20 ingredienti e a una con tre, la scelta pendeva per il prodotto meno ricco. Perché non lo facciamo anche con i gelati, propose Ching? La linea Five è nata così, cinque soli ingredienti: latte, crema, zucchero, uova e un gusto naturale. Un successo? Di più: nel giro di un anno rischia di salire fino al 30 per cento della produzione. Che poco fosse meglio, in fondo, non è una scoperta nuova. Già qualche anno fa l´America fu scossa dal libro di Barry Schwartz, "Il paradosso della scelta", che nella terra delle grandi opportunità faceva balenare una verità poco apparente: eliminare le scelte riduce l´ansietà del consumatore, non è per niente vero che "più è meglio". Il fenomeno è alla base di un altro, nuovo grande successo commerciale Usa: Redbox. La catena di distribuzione automatica di dvd sta guadagnando sempre più mercato ai danni di Netflix, il brand che ha ormai sostituito Blockbuster come leader. Il trucco? Offrire al consumatore la scelta tra pochissimi film, senza perdersi nello sterminato catalogo del possibile. Prendere o lasciare in pochi secondi: meno stress, più consumo. Adesso la scommessa è quella dell´alimentazione. Starbucks è riuscita a ridurre da 15 a 10 gli ingredienti del suo Banana Bread con una mossa, anche qui, semplicissima: basta con i sapori di banana. «Certo, dobbiamo mettere più banane vere», quasi ammette Sarah Osmer, responsabile del settore benessere. Morale: sarà anche una questione di marketing ma la salute di certo non ci perde.