varie, 30 ottobre 2009
GENITORI ADDIO. DALLE STAMINALI AL BIMBO ARTIFICIALE
(rassegna stampa venerdì 30 ottobre 2009) -
APPUNTI -
(da l’Unità - Pietro Greco)
CELLULE STAMINALI - Cosa sono, come funzionano e perché servono
Le cellule staminali si dividono in adulte ed embrionali. Le cellule adulte (o somatiche) sono cellule indifferenziate che si trovano in tessuti o organi e che sono capaci, all’occorrenza, di trasformarsi nelle cellule di diverso tipo che si trovano in quel tessuto o organo. Le staminali embrionali sono cellule indifferenziate che si trovano negli embrioni. Di particolare interesse sono le cellule staminali che si trovano nella massa interna delle blastocisti, perché possono svilupparsi in ogni e qualsiasi tipo di cellula, tutte quelle dell’organismo e anche quelle dei tessuti extra-embrionali.
Le cellule staminali vengono classificate sulla base della loro capacità di differenziarsi, in questo modo:
• Monopotenti. Capaci di trasformarsi in un solo tipo di cellula differenziata.
• Multipotenti. Capaci di trasformarsi in molti tipi di cellule differenziate.
• Pluripotenti. Capaci di trasformarsi in tutti i tipi di cellula di un organismo.
• Totipotenti. Capaci di trasformarsi in tutti i tipi di cellula di un organismo e anche nelle cellule extra-embrionali. Le staminali embrionali della massa interna delle blastocisti sono totipotenti.
CELLULE STAMINALI - Perché studiarle
Lo studio delle cellule staminali, tratte da embrioni o da organismi adulti, serve essenzialmente per due motivi: in primo luogo serve per capire come funziona il differenziamento cellulare e cosa, qualche volta, non funziona in questo processo, generando difetti alla nascita o dando origni a malattie come il cancro.
In secondo luogo lo studio contribuisce allo sviluppo della conoscenza per i trapianti di cellule e di tessuti, con la cura conseguente di malattie sia degenerative che traumatiche, come: il Parkinson e l’Alzheimer, alcune patologie del midollo osseo, l’infarto, le ustioni, le malattie del cuore, il diabete le osteoartriti e le artriti reumatoidi.
Attualmente le cellule utilizzate nella clinica medica per curare malattie sono solo quelle staminali adulte. Lo studio delle staminali embrionali è necessario, tuttavia sia per la comprensione dei meccanismi di base, sia per eventuali future applicazioni in settori non coperti dalle staminali adulte.
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(da il Giornale)
La ricerca americana della Stanford university school of medicine pubblicata su Nature di questo mese riporta i risultati di un esperimento in cui una riserva di CELLULE GERMINALI è stata creata a partire da CELLULE STAMINALI EMBRIONALI umane.
Cellule: dalle staminali alle germinali -
Cellule staminali embrionali: sono cellule che si trovano nella parte interna dell’embrione prima che si impianti nella parete. Vengono prelevate entro il quinto giorno di vita dell’embrione. Coltivate in provetta, da poche decine se ne possono ottenere centinaia di milioni.
La differenziazione - Metodi di coltivazione permettono di trasformare queste cellule primitive in diversi tipi di cellule presenti nell’organismo (epatiche, cardiache, muscolari...)
Cellule germinali: sono cellule precursori di ovociti e spermatozoi che compaiono nell’embrione nelle prime settimane di vita.
Possibili applicazioni: partendo da staminali, ricavate da cellule di pelle e indotte a tornare pluripotenti, per ciascun individuo potrebbe essere creata una riserva personale di spermatozoi o ovociti da usare in caso di sterilità
ARTICOLI -
Adriana Bazzi per il Corriere della Sera -
Le nascite senza genitori. La vita a partire dalle staminali -
una promessa per la cura della sterilità: un gruppo di ricercatori americani è riuscito a trasformare cellule staminali embrionali in ovuli e spermatozoi «primitivi» e spera, entro cinque anni, di fabbricare la versione «matura» da utilizzare per la fecondazione in vitro. Per procreare, estremizzando, senza padre o senza madre ma con cellule di embrione. Renee Reijo Pera e il suo gruppo hanno focalizzato l’attenzione sui geni scoprendo la «ricetta» genetica capace di trasformare le staminali in cellule specializzate nella riproduzione, e pubblicandola sulla rivista Nature .
«Dal 10 al 15 per cento delle coppie sono sterili – ha commentato Pera che lavora alla Stanford University in California – e metà dei casi è legata all’impossibilità di fabbricare ovuli e spermatozoi efficienti. Spesso questo difetto è genetico».
Non è facile utilizzare gli animali come modello per studiare il sistema riproduttivo umano perché quest’ultimo è unico ed è piuttosto sofisticato. Ecco perché studiare come funzionano i geni, che trasformano una staminale embrionale in una cellula riproduttiva adulta (questo processo di trasformazione avviene normalmente nell’embrione umano durante la gravidanza) può servire non solo per produrre, in futuro, ovuli e spermatozoi in laboratorio, ma anche per capire le cause genetiche della sterilità.
I ricercatori americani hanno individuato una famiglia di geni chiamati Daz (e le proteine da loro prodotte) e ne hanno studiati in particolare tre: il primo, il Dazl, è un gene che interviene nelle prime fasi e controlla la trasformazione da cellula staminale embrionale umana (che possiede 46 cromosomi) in un precursore delle cellule riproduttive (anche queste con un patrimonio di 46 cromosomi). Gli altri due controllano, invece, il passaggio successivo che porta alla formazione di ovuli e spermatozoi «primitivi» e contribuiscono alla meiosi, cioè alla riduzione del loro patrimonio genetico a soli 23 cromosomi. Riduzione indispensabile, dal momento che ovuli e spermatozoi (ognuno con 23 cromosomi) ricostituiscono, con la fertilizzazione, il patrimonio completo di 46 cromosomi che è presente in tutte le cellule umane.
Spegnendo e accendendo questi geni, i ricercatori sono, dunque, riusciti a ottenere precursori di ovuli e spermatozoi (questi ultimi già in grado di «nuotare» in un liquido) e sperano di perfezionare la procedura nei prossimi anni. Non solo. Queste ricerche fanno ipotizzare anche altri tipi di cura: un’idea è quella di partire dalle cellule germinali immature di una persona, che non può avere figli, di «correggere» i geni in modo da ottenere ovuli e spermatozoi «maturi» e di utilizzare questi ultimi per la fecondazione in vitro, senza ricorrere a staminali embrionali estranee, maturate in laboratorio.
Una terza strada prevede la possibilità di prelevare cellule adulte, per esempio di un individuo sterile, riprogrammarle per riportarle allo stadio di staminali e di manipolarne i geni in modo da costringerle a trasformarsi in cellule riproduttive che avranno così il patrimonio genetico dell’individuo di partenza. Non è la prima volta che i ricercatori annunciano di aver ricavato cellule riproduttive da staminali, ma questa nuova strada sembra la più promettente.
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Enrico Franceschini - La Repubblica - Ovuli e sperma dalle staminali presto bimbi senza uomo e donna -
Prima ci è stato detto che, per fare figli, non c´è più bisogno dell´uomo. Ora sembra che non serva più nemmeno la donna. Scienziati americani sono riusciti per la prima volta a creare in laboratorio degli spermatozoi e degli ovuli, entrambi ricavati da cellule staminali. Entro cinque anni, gli studiosi prevedono che sperma e ovociti così prodotti saranno in grado di creare embrioni umani. La notizia, pubblicata sulla autorevole rivista scientifica britannica "Nature", ha fatto immediatamente il giro del mondo, accolta con favore e giudicata una svolta importante dalla comunità scientifica, ricevuta con allarme e timori da parte di associazioni religiose. Non è la prospettiva di un bebè artificiale, ammoniscono gli specialisti della materia, sottolineando che di artificiale, in quegli embrioni e in quegli ovuli, non c´è nulla: provengono da cellule umane, dunque da donatori in carne ed ossa. E tuttavia l´idea che un bambino possa nascere dalla pelle di un donatore, dalla quale vengono fatti crescere sperma e ovuli, suona come una rivoluzione non solo scientifica, ma anche con profonde implicazioni etiche e sociali.
Per il momento, occorre precisare, gli scienziati della Stanford University autori della ricerca non hanno alcuna intenzione di "giocare a fare Dio" e concepire neonati sui vetrini di un laboratorio utilizzando cellule geneticamente modificate. L´obiettivo dichiarato della dottoressa Renee Rejio Pera, che ha guidato la ricerca, è semplicemente quello di capire come crescono spermatozoi ed ovociti, e quindi migliorare le tecniche per curare l´infertilità. «Tra il 10 e il 15 per cento delle copie non sono fertili», afferma la studiosa. «Circa metà di questi casi sono dovuti all´incapacità di creare ovuli o sperma. Individuare la ricetta genetica necessaria a sviluppare sperma e ovociti da cellule staminali ci darà gli strumenti per capire cosa c´è che non va». In un futuro ancora tutto da regolamentare dal punto di vista legale, e da sottoporre a una nuova concezione morale, naturalmente la scoperta della Stanford University apre il campo a una prospettiva allettante per chi non può avere figli naturalmente e nemmeno con la fecondazione artificiale: avere dei bambini che sono geneticamente propri, poiché provengono dalle proprie cellule, anche in mancanza di sperma o ovuli.
La dottoressa Rejio Pera e i suoi collaboratori dicono di essere giunti a questo stadio mettendo a punto un cocktail di sostanze chimiche e vitamine che riesce a interagire con le cellule staminali embrionali, per trasformarle in ovociti e spermatozoi. Gli spermatozoi così ottenuti hanno la testa e la coda più piccola di quelli normali, ma sembrano comunque in grado, secondo gli scienziati, di poter fertilizzare un ovulo. Gli ovociti appaiono in uno stadio non avanzato, ma sono comunque più sviluppati di quanto sia avvenuto finora in altre ricerche simili. Nel luglio scorso studiosi della Newcastle University annunciarono di avere creato sperma ragionevolmente maturo da cellule staminali embrionali, ma la loro affermazione non convinse altri esperti e la documentazione prodotta come prova è stata successivamente ritirata a causa di errori emersi nelle procedure. «Questa scoperta apre una nuova finestra in quello che fino a poco tempo fa era un campo sconosciuto dello sviluppo umano», commenta Susan Shurin, direttrice dell´Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development, l´istituto che ha finanziato il progetto della Stanford University.
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Enza Cusmai - il Giornale - Generazione X: così i bimbi nasceranno senza genitori -
Spermatozoi artificiali, con la testa e la coda più piccola di quelli «naturali», e ovuli artificiali simili a quelli prodotti dalla donna. Accoppiati in una provetta potrebbero arrivare a fare tutto da soli: creare un embrione, un futuro essere vivente senza l’intervento di mamma e papà. La scienza è si spinta fino a questo punto. Almeno così sembra. La rivista Nature, la cui serietà non si discute, pubblica i risultati di una ricerca americana della Stanford university school of medicine che lascia senza fiato. Un gruppo di ricercatori statunitensi ha infatti trovato il modo di obbligare alcune cellule staminali embrionali umane, derivate da embrioni in sovrannumero ottenuti con la fecondazione assistita, a trasformarsi in cellule germinali umane, precursori di ovociti e spermatozoi.
Ma com’è avvenuto tecnicamente questo risultato? Usando un cocktail di sostanze chimiche e vitamine che riesce a interagire con le cellule staminali embrionali per poi trasformarle in ovuli e sperma. Questi spermatozoi, però, sono diversi da quelli naturali. Hanno infatti la testa e la coda più piccola ma sembrano comunque in grado di poter fertilizzare un ovulo. I ricercatori dimostrano meno entusiasmo per gli ovuli femminili artificiali, che, sono in uno stadio non avanzato, ma sempre più sviluppati di quanto sia avvenuto finora ad opera di altri scienziati.
La scoperta scientifica è di quella comunque che fanno il botto. Ma non sorprendono scienziati che masticano cellule staminali da una vita. « una bellissima scoperta perché identifica i meccanismi che sono alla base di riproduzione dei gameti - spiega Angelo Vescovi, professore di biologia cellulare - ma non ci dobbiamo agitare più di tanto: è noto che le cellule staminali embrionali producono tutte le cellule dell’organismo incluso i gameti degli spermatozoi e gli ovociti». Lo scienziato italiano però mette in luce i rischi di questa scoperta. «Fare un figlio con questo meccanismo potrebbe essere possibile ma non è dato sapere quanto potrebbe essere sano e normale. Mancano infatti i passaggi fisiologici che sono necessari per il buon funzionamento di queste cellule». In pratica, spiega Vescovi «io posso avere spermatozoi e ovociti che sembrano normali e poi scoprire che hanno difetti. Insomma, potrebbe nascere un essere vivente apparentemente normale che dopo 15 anni si scopre pieno di difetti genetici».
Una macchina umana che si inceppa improvvisamente non è una visione tranquillizzante. E Vescovi punta il dito sull’impulsività di certi scienziati. «Io penso che prima di pubblicare certe cose, come creare i bambini in laboratorio, serva molta cautela. Inoltre questo studio americano sembra rivelare che l’embrione umano sia la panacea di tutti i mali. Invece questa è una forma di provincialismo scientifico: l’intero pianeta ormai lavora su cellule staminali adulte riprogrammate e non più sugli embrioni». Una considerazione di cui sono consapevoli anche i ricercatori americani: contano infatti di ripetere presto l’esperimento con cellule della pelle e non più embrionali.
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COMMENTI E OPINIONI -
Edoardo Boncinelli - Corriere della Sera -
Lo si sapeva fare nei topi di laboratorio e ora si è passati alla nostra specie. Con le cellule staminali si possono fare anche i gameti, cioè la cellula-uovo femminile o lo spermatozoo maschile. Dal punto di vista conoscitivo è una grande notizia che può portare a due diversi sviluppi entrambi collegati alla sterilità o alla ridotta fertilità. Questa ricerca può servire a comprendere sempre meglio i meccanismi che portano alla produzione di gameti maturi e preludere quindi a sempre nuove cure, farmacologiche o direttamente cellulari. Nello stesso tempo si può pensare di arrivare a produrre direttamente gameti dalle cellule di un individuo che proprio «non ne vuole sapere» di produrre gameti vitali. Quale delle due prospettive sia più realistica è difficile dire, ma con il tempo è ragionevole pensare che si realizzeranno entrambe. Certo, la seconda è più seducente: produrre gameti, per esempio spermatozoi, dalle cellule di una determinata persona. qualcosa di più di una fecondazione medicalmente assistita, perché per uno dei due partner – o per entrambi – non si usano gameti prodotti per via normale. il massimo sforzo possibile contro la sterilità. Una persona che non riesce assolutamente a produrre gameti, per esempio spermatozoi, può divenire ugualmente padre per questa via e il suo patrimonio genetico passerà così comunque al figlio o ai figli. L’unico passaggio che, per ora, non si può saltare è quello dell’utilizzazione di un utero femminile per far crescere l’embrione e il feto. Una «mamma» che mette il suo utero deve comunque sempre esserci. La scienza mette a disposizione della società sempre nuove opportunità. A noi spetta farne un buon uso, informandosi accuratamente e decidendo con oculatezza.
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Elena Dusi - La Repubblica - Intervista a Giuseppe Novelli, preside di Medicina a Tor Vergata -
«Lo scopo di questa ricerca è trovare una cura per l´infertilità. Nessuno vuol far nascere bambini senza padre o madre». Giuseppe Novelli, genetista e preside della facoltà di Medicina a Roma Tor Vergata, è un po´ preoccupato per il significato che all´esperimento di Stanford è stato attribuito.
Produrre ovuli e spermatozoi in laboratorio non apre le porte alla loro fecondazione?
«Da quelle cellule germinali non potrà mai nascere un bambino. Dopo che ovuli e spermatozoi sono stati prodotti nel nostro organismo, devono passare attraverso varie fasi di imprinting che sono essenziali per la loro fertilità. Questo processo è ancora piuttosto oscuro e non può essere riprodotto in laboratorio: si tratta di sopprimere selettivamente alcuni geni che non sono coerenti con il sesso di appartenenza. La natura ha impiegato 400 milioni di anni a rendere efficiente la riproduzione sessuale, evidentemente le cose non sono così semplici».
Perché allora ripercorrerne i passi in laboratorio?
«Lo studio di Stanford è uno studio di genetica. Molti casi di infertilità hanno origine nei geni, e noi ai pazienti sappiamo ancora spiegare molto poco. I ricercatori hanno deciso di riprodurre in laboratorio il processo di formazione di ovuli e spermatozoi per osservare passo dopo passo quali geni si attivano durante lo sviluppo. Solo così potremmo fare diagnosi precise ed eventualmente trovare delle cure».
E da questo punto di vista la ricerca ha avuto successo?
« uno studio davvero importante. Ottenere cellule germinali in generale è complicato, perché bisogna ridurre il set di cromosomi da due a uno, passando da 46 a 23. Gli spermatozoi in particolare hanno una struttura complessa, difficile da riprodurre, mentre la forma raggiunta a Stanford è quasi perfetta. Ora sappiamo quali geni producono una morfologia ottimale».
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Orazio La Rocca - La Repubblica - Intervista a Monsignor Sgreccia, della Pontificia accademia per la vita -
« sempre moralmente inaccettabile affidarsi a tecniche riproduttive senza l´uomo e la donna uniti nel sacro vincolo del matrimonio. La Chiesa cattolica non potrà mai accettarlo». L´arcivescovo Elio Sgreccia boccia senza mezzi termini l´annuncio della rivista scientifica "Nature" sull´eventualità di produrre in laboratorio sperma ed ovuli senza l´intervento del maschio e della femmina. Presidente emerito della Pontificia accademia per la vita - stretto collaboratore di papa Ratzinger su morale e bioetica - , il presule teme, persino, che «si tratti di una prospettiva pericolosa per la stessa specie umana».
Monsignor Sgreccia perché tanta diffidenza?
« solo un annuncio. Ci vuole tempo per vederne gli sviluppi ed, eventualmente, le applicazioni. Tuttavia, produrre - anche se in futuro - sperma ed ovuli destinati alla riproduzione senza l´uomo e la donna è moralmente da condannare, inaccettabile e pericoloso per il genere umano».
Ma gli autori di questi esperimenti dicono che così si curerà l´infertilità.
«Ribadisco che per la Chiesa è immorale ed inaccettabile concepire una creatura senza l´incontro d´amore tra l´uomo e la donna secondo il progetto di Dio. Qualsiasi sistema che escluda tale prospettiva, come sono le tecniche annunciate da questi scienziati americani, sarà sempre condannato dalle autorità ecclesiali».
Nemmeno se si tratta di tecniche curative?
«Purtroppo è un crinale pericoloso. Abbiamo già visto quante discutibili tecniche sono state già varate per far fronte all´infertilità come uteri in prestito o scambi di ovuli. Ma con scopi ben diversi. Ora si parla di sperma ed ovuli ricavati in laboratorio con interventi su cellule germinali umane. una strada pericolosa invisa agli stessi scienziati».
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Maria Corbi - La Stampa - Intervista a Carlo Flamigni, esperto di bioetica -
La notizia è di quelle da fantascienza: bambini nati senza un padre e una madre. Ma il professor Carlo Flamigni esperto di procreazione assistita, membro del comitato nazionale di bioetica, chiarisce subito che le cose non stanno proprio così.
Allora professore, ci saranno bambini concepiti già «orfani»?
«Assolutamente no, mi sono stupito quando ho sentito questa sciocchezza. I genitori ci sono eccome e sono le persone dalle quali sono state estratte le cellule staminali. I cromosomi sono i loro. La creazione di bambini senza genitori presuppone la creazione di materiale genetico e siamo mille miglia lontano. E’ fantascienza».
Allora la notizia non è attendibile?
«Assolutamente sì, è attendibile ma questo non significa che nasceranno bambini senza un padre e una madre. Si parla di produzione di gameti a partire da cellule staminali. Quindici anni fa ci sono state le prime sperimentazioni con la tecnica del trasferimento nucleare, la cosiddetta clonazione terapeutica per produrre ovociti. Era l’esordio, ma per la nostra specia non funziona. Funziona in alcune specie animali ma anche qui con problemi, per esempio imperversava il gigantismo. Così si è pensato di usare le cellule staminali per produrre gameti. E ci sono due possibilità».
Quali?
«Quella di cui stiamo parlando, ossia produrre gameti a partire da cellule staminali embrionali. Oppure, nel futuro, produrre gameti partendo da cellule mature prelevate dalla pelle o dalla mucosa della bocca, e poi fatte regredire fino alla condizione di cellule staminali di tipo embrionale. Questo primo successo è molto significativo».
A chi sarà utile?
«E’ la strada per consentire di avere figli a donne in menopausa precoce o uomini, per esempio, castrati da cure antitumorali. Una scoperta straordinariamente utile e importante. Una volta quando una ragazza aveva un tumore era condannata alla sterilità, oggi può mettere da parte le sue uova, domani potrà prendere una cellula del corpo e farla diventare un ovocita».
E come la mettiamo con la Chiesa?
«La Chiesa condanna certamente questa tecnica in quanto usa cellule embrionali. Ma condannerà anche l’uso di cellule mature, per un altra ragione, perché si offende la dignità della procreazione, ossia nella mancata coincidenza tra vita sessuale e riproduzione».
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Giacomo Galeazzi - La Stampa - Intervista a Remo Bodei, filosofo -
«Qui ormai siamo alla fabbrica degli esseri umani, al ”mondo nuovo” di Huxley». Remo Bodei, filosofo alla Ucla di Los Angeles, mette in guardia dalla «confusione» tra mastociti ed embrioni («fino al quinto giorno l’embrione non esiste») ed è turbato da una «novità scientifica che è buona in quanto cura l’infertilità e mostra il funzionamento naturale dei meccanismi genetici» ma che apre «scenari potenzialmente inquietanti».
E’ un passo avanti per la scienza o un passo indietro per la civiltà?
«Bisogna distinguere la scienza (che fa ricerca e va lasciata libera) dalla tecnologia, cioè dalle applicazioni su cui ragionare in base a codici etici e criteri di convenienza politica. Il punto nodale è la nascita di individui formati ma anonimi. Non più solo figli della provetta che è già qualcosa, bensì figli di laboratorio, prodotti in catena di montaggio. Quindi l’uomo si fa creatore».
Con quali effetti?
«Imponderabili: le biotecnologie creano l’anti-destino. Ciò che prima era lasciato alla lotteria naturale, alla volontà di Dio viene determinato artificialmente. La nascita non è più iscritta nelle rocciose leggi naturali o nell’imperscrutabile volontà divina. Già si può diventare madre a 60 anni, in menopausa. Adesso si fa un passo ulteriore con bimbi senza tradizione né soggettività. Una mera costruzione di laboratorio. Certo, è meglio che un bambino nasca piuttosto che non nasca e poi conta come verrà educato, però qui siamo al non ritorno, alla svolta epocale. Coi metodi artificiali si potrebbe avere una generazione solo di donne, senza maschi. Non occorre demonizzare, ma dobbiamo ragionare a lunga gittata conoscendo le conseguenze. Per la nostra civiltà è un danno irreparabile fare a meno dei due genitori. Già si fa a meno di un genitore nelle famiglie artificiali».
Cioè?
«Si triplica la figura materna: madre biologica, portatrice e legale. Il seme o l’ovulo è dato da sconosciuti, perciò in Svezia sono corsi ai ripari e si può conoscere il donatore. Intanto a Londra i figli di questi incroci vanno nelle stazioni a vedere se qualcuno assomiglia al padre. La Chiesa ha messo la vita al centro a scapito di altre questioni e ha diritto di farsi sentire. Il problema sono i politici che senza crederci si mettono in mezzo per scopi elettorali svilendo la religione. La Chiesa ha diritto di intervenire, lo Stato deve garantire l’interesse generale senza imporre ai cittadini di altra fede precetti che diventano legge».
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Enza Cusmai - il Giornale - La reazione dei vescovi: «I bimbi vanno generati, non ”fatti”» -
I bambini «meritano di essere generati, non di essere "fatti"». quanto affermano i vescovi degli Stati Uniti in un passaggio di un documento che sarà discusso nell’assemblea di novembre della Conferenza episcopale, rilanciato ieri dall’Osservatore romano.
Pur non riferendosi esplicitamente ai risultati della ricerca effettuata da scienziati della Stanford university, in California, e pubblicati dalla rivista scientifica Nature, in base ai quali si potranno ricavare ovuli e sperma dalle cellule staminali, il documento della conferenza episcopale statunitense inquadra a tutto tondo la posizione della Chiesa sul tema.
Spiega infatti ribadendo le posizioni del Vaticano: «le procedure che aiutano a fare in modo che l’atto che si consuma nel matrimonio sia fertile sono moralmente accettabili, quelle che lo sostituiscono non lo sono». In particolare, i vescovi rifiutano la donazione di gameti da donatori così come l’utero «in affitto», l’inseminazione artificiale, la fertilizzazione in vitro e la clonazione umana: «I bambini - affermano i vescovi Usa - non sono proprietà dei genitori da poter produrre, manipolare o disegnare a proprio piacere; piuttosto sono persone con piena dignità umana e i genitori sono chiamati ad accettarli, ad averne cura e ad allevarli perché diventino nuovi membri della famiglia e del regno di Dio». Il documento, infine, incoraggia i genitori sterili sulla strada dell’adozione ma non su quella dell’adozione di embrioni «con la quale un embrione congelato che sarebbe altrimenti scartato viene impiantato in una donna disposta ad accoglierlo e a crescerlo».
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Claudio Risè - il Giornale - Quei figli di nessuno condannati alla follia dal delirio dei medici -
«Ma cosa fai? Sembri il figlio di nessuno!» esclamava mia nonna (e tante altre nonne e madri come lei), quando esageravo col disordine e le stupidaggini infantili. Figlio di nessuno, fieu de nissùn in milanese, era tutt’altro che un complimento. Indicava qualcuno che non avendo padre e madre era senza radici, come una foglia nella tempesta: l’orfano raccontato in tante storie pietose, di cui si occupavano le istituzioni benefiche della città. Oggi, invece, la costruzione di figli di nessuno, di essere umani fabbricati in laboratorio, viene presentata come una nuova frontiera della scienza e del cammino dell’uomo. veramente così?
C’è da dubitarne. Esseri prodotti in laboratorio, senza nessun contributo né di un padre né di una madre, apparterrebbero alla storia della scienza e dei suoi tentativi e sperimentazioni, ma difficilmente entrerebbero nell’umanità. L’essere umano nasce da relazioni affettive, magari fugaci, a volte violente, ma sempre tra persone. Non è una pretesa astratta, filosofica o religiosa. L’osservazione sperimentale ha dimostrato da sempre che la felicità e lo sviluppo della persona, insomma la sua umanità, dipende dalla ricchezza e intensità di quei rapporti affettivi. Quando la mamma non c’è, non guarda e non tocca il suo cucciolo, quello che gli psicologi chiamano Io non si costituisce, e l’individuo rimane nella schizofrenia, o nella psicosi. Quando il papà non è presente, e non aiuta i figli a uscire dalla fusione che si instaura con la madre nelle prime settimane di gravidanza e continua per anni, il soggetto umano non si forma, e la personalità rimane dipendente e incapace di costruirsi un proprio spazio e di progettare la propria vita. Negli ultimi trent’anni, in cui i padri assenti, o espulsi dal matrimonio sono diventati fenomeno di massa, le statistiche hanno mostrato che questi figli senza padre rappresentano in ogni paese il gruppo di testa dei principali disagi psichici, dalle tossicomanie agli atti di violenza, dai disturbi alimentari alle depressioni.
La famiglia è spesso un problema, ma non averla per niente è peggio. Almeno un secolo di osservazione psichiatrica, psicanalitica e sociologica dovrebbe averci convinto che la persona umana prende forma all’interno di relazioni affettive. Quando queste sono insufficienti, o mancano, la personalità è debole, malata.
Oltre al delirio di onnipotenza in cui ogni forma di pensiero umano rischia di cadere, la vera ispirazione di queste ricerche è però il mercato dei bambini. La domanda di bimbi è in forte crescita: in parte per le crescenti difficoltà a procreare (dovute proprio all’allontanamento dagli istinti), in parte perché tecnoscienza e marketing spingono la riproduzione fuori dal mondo naturale, verso quello della produzione e dei consumi. Così, mentre famosi scienziati presentano come un giorno radioso quello in cui i bambini non nasceranno più da un’unione sessuale tra uomo e donna, ma usciranno direttamente dai laboratori, madri (o padri) single e sostanzialmente incapaci di relazioni affettive vagheggiano figli con gli occhi di attori famosi, da ordinare direttamente su Internet (si può già fare, come poi finisca non lo so). Si è già vista anche la coppia di lesbiche sorde ordinare la figlia sorda come loro, e poi divorziare, litigando perché nessuna se la voleva tenere.
Tuttavia di fronte al sinistro circo Barnum tecnoscienza&mercatodeibambini, preoccupiamoci pure, ma non cadiamo nell’isteria. proprio ciò che gli scienziati pazzi vorrebbero, per poter dire che gli amanti della natura sono poveri matti retrogradi, e loro i sani. Per contrastare i loro scenari avidi, occorre lucidità e sangue freddo, In fondo, non sono passati neppure due secoli da quando, nel 1916, Mary Shelley, spinta da Lord Byron a scrivere un racconto gotico, vide in un incubo uno studente, Victor Frankenstein, che si inginocchiava di fianco ad una creatura che aveva costruito; e questa, grazie a qualche forza ancora sconosciuta, mostrava segni di vita. Era l’annuncio della tecnoscienza, ed il primo grido di allarme per i suoi futuri deliri. Non serve scandalizzarsi per le visioni umane, vanno però messe sotto controllo. O sono guai.
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Annamaria Bernardini De Pace - il Giornale - Se la scienza ruba emozioni e incontri a uomini e donne -
Si stava meglio, quando si stava peggio? Una volta la coppia «coniugabile» era organizzata e scelta dalle famiglie d’origine. I matrimoni erano per lo più di convenienza, economica, sociale, «morale». Non c’era sempre la libertà di amare, ma era assicurata una certa stabilità sociale. In assenza di separazione e divorzio, si cercavano emozioni clandestine ma si nascondevano tutte le porcherie e le bassezze sotto il tappeto di casa. Si soffriva, certo, quando si incappava in sentimenti grandi e positivi, ma la famiglia, come nucleo sociale di riferimento, aveva un potere, anche condizionante, molto più forte di qualsiasi diritto o bisogno individuale. Poi sono cambiati il diritto e la sensibilità sociale. Il divorzio ha introdotto il senso della libertà personale, le coppie hanno cominciato a formarsi per scelta e non per dovere. Il sentimento e la passione sono diventati le variabili, spesso pericolose, della stabilità coniugale. Finché, abbattute le ultime barriere del diritto penale, le coppie oggi si costituiscono senza più neppure la contrattualizzazione con lo Stato: libere convivenze etero e omosessuali con l’obiettivo di un patto estemporaneo, e più spesso temporaneo, tra le persone; a volte senza un progetto ben definito, ma con l’obiettivo di rimettersi al destino dei sentimenti.
Negli ultimi anni, con la progressiva maggiore autonomia, non solo della donna, la coppia si propone spesso come inevitabile soddisfacimento del bisogno di genitorialità di chi, fino a un certo punto, ha vissuto solo per se stesso. Dunque la coppia, nel tempo e fino a oggi, è stata un ammortizzatore sociale indispensabile allo Stato e all’ordinata convivenza dei cittadini. Le regole di convivenza - le norme giuridiche - costituiscono forse una prigione, ma hanno l’energetica potenza del contenimento dei bisogni e degli istinti individuali. D’altra parte la coppia abbatte anche i costi sociali: due stipendi, una sola casa, solidarietà immediata nelle emergenze sanitarie ecc... Il cinema, la pubblicità, il marketing rivolgono i loro contenuti alla coppia e alle sue vicende, secondo una dinamica economica ormai stratificata e di cui siamo ben consapevoli. Stato e Chiesa infatti sollecitano la costituzione della coppia finalizzata a formare la famiglia e a governarne i bisogni specifici; le aziende pubblicitarie promuovono prima la coppia poi il prodotto, e il Mulino Bianco insegna. Ora questa nuova scoperta scientifica, rivoluzionaria e inquietante, assicura che per la procreazione la coppia non è più necessaria. Esiste però già questa possibilità, da tempo: è storia di tutti i giorni quella di programmi monogenitoriali per cui l’uomo e la donna, ciascuno per conto proprio, si procurano all’estero sperma o utero, secondo la necessità, per fondare una famiglia, creata non dalla coppia ma dal proprio solitario bisogno di prolungarsi nel tempo. Questo obiettivo, ormai appunto già raggiunto nei fatti, non è lesivo tanto dei figli - è abbastanza consueto infatti che uno dei genitori costituisca un elemento di danno per i minori e che l’altro si faccia carico integralmente della loro educazione e del mantenimento - quanto piuttosto della coppia, come nucleo capace di garantire la distribuzione e il coordinamento dei problemi connessi all’organizzazione della società. Pur con tutte le negatività passionali e conflittuali che nascono dai sentimenti deteriorati di coniugi e amanti.
A maggior ragione la scoperta scientifica dell’università di Stanford, per la quale dalle cellule staminali si riproducono, per una sorta di autogerminazione, sperma e ovuli, tanto che non esisterebbero più né l’altro genitore biologico né, forse, l’utero formativo, toglie definitivamente valore alla coppia: al pilastro associativo sul quale modellare sentimenti, vita, Stato, figli. Il mondo che verrà, senza questo pilastro, sarà un mondo più libero: meno coercizioni, ma meno stabilità, meno certezze, ma anche più solitudine.
Ai figli si ricomincerà a raccontare di essere stati portati dalla cicogna, per non dover loro spiegare di essere il frutto non dell’amore ma di un’«autogerminazione» in laboratorio. E dovremmo buttare via tutti i libri, le canzoni, i dvd che raccontano dell’aspettativa amorevole che ogni madre fino a oggi ha riservato loro, quantomeno per nove mesi. Si percepiranno, i ragazzini, come prodotti acquistati, forse persino per corrispondenza. Agli uomini e alle donne toglieremmo le emozioni degli incontri di coppia progettuali e sognanti. Il sapere che un altro, non un bimbo, ci è essenziale. Qualche mamma sarà persino felice di non deformare il suo corpo, di non «partorire con dolore», ma non potrà mai apprezzare la carezza dell’uomo amato al suo pancione e il primo strillo del bambino che si stacca da lei. E gli uomini faranno forse un altro salto doppio carpiato nella femminilizzazione, sostituendosi integralmente a tutto quello che sarebbe stato dato al bimbo dalla mamma che non c’è?
comprensibile voler risolvere i problemi dell’infertilità, ma non si possono oltrepassare confini e territori che garantiscono all’essere umano di rimanere tale e di avere sempre bisogno di un altro, per potersi nutrire anche di sentimenti e illusioni. Non solo di esperimenti scientifici. L’altro da sé, quello con cui pensare di attraversare la vita, non può essere un figlio voluto solo per se stessi, con partenogenesi solitaria dal sapore chimico. La ricerca scientifica è indispensabile anche per sondare la capacità dell’uomo di superare se stesso e l’ignoto, ma non deve poter coltivare la presunzione dell’individuo fino a farlo sentire superiore al mistero della creazione. Ci sono regole da seguire se non si vuole vivere da eremiti. Spesso la mancanza di regole sembra un dono - a volte si chiama libertà - che tuttavia ha un prezzo costosissimo: il disordine e l’incertezza. Anche dell’anima.