Vittorio Gregotti, La Stampa 30/10/09, 30 ottobre 2009
«Boom di pendolari ma d’alto livello» - Un’ora di treno per arrivare da Milano a Torino e viceversa
«Boom di pendolari ma d’alto livello» - Un’ora di treno per arrivare da Milano a Torino e viceversa. Tantissime persone impiegano più tempo, nelle rispettive città, per andare ogni mattina da casa al lavoro coi mezzi pubblici. E dunque, viene subito da pensare, l’Alta velocità potrebbe anche indurre al trasloco molti milanesi stufi della loro difficile città intasata, inquinata, costosa. A Torino l’aria è più pulita, l’atmosfera più vivibile, case e cibo costano meno. Andiamo, è tempo di migrare... L’architetto Vittorio Gregotti (Novara, classe 1927), celebre professionista con studio a Milano, è attento da sempre ai problemi urbanistici. Abbiamo chiesto il suo parere sulle possibili mutazioni, ora che la capitale del Piemonte e quella della Lombardia sono così vicine. Professor Gregotti, pensa anche lei che molti milanesi, stufi dei difetti meneghini, prenderanno in considerazione la possibilità di trasferirsi a Torino? «Dipende dal prezzo degli alloggi e dal prezzo del treno. Certo Torino ha vantaggi abitativi rispetto a Milano, ma bisogna vedere quanto costano questi vantaggi. La gente che è uscita da Milano fondamentalmente l’ha fatto per motivi economici. Ma un conto è la villetta nei sobborghi, un altro il trapianto di un’intera famiglia in una città diversa». Oggi Torino è meno cara, senza dubbio. Gli affitti sono inferiori di molto a quelli di Milano. Ma non è detto che restino tali... «Non è detto neppure che cambino, però. Monza è vicinissima a Milano, è diventata anche provincia, eppure gli affitti continuano a essere più bassi di quelli milanesi». Lei è scettico sull’eventualità di un’onda migratoria? «Guardi, la cosa importante di questa vicinanza tra i due centri urbani, data dall’Alta velocità, è un’altra, secondo me. la possibilità dell’integrazione di interessi economici, industriali, culturali. A un certo livello, alto, ci sono condizioni che permettono contatti molto più frequenti, programmi comuni facilmente attuabili. Non credo tanto nello spostamento della residenza, ma nello spostamento del lavoro, sì». Cioè? «Voglio dire che questa ”vicinanza” consentirà a chi non trova lavoro a Milano di cercarlo a Torino e viceversa senza che l’elemento ”altra città” pesi. Come diceva lei prima, adesso ormai ci si mette meno ad andare da una città all’altra in treno che dalla periferia in centro coi mezzi pubblici urbani. Naturalmente è un tipo di commuting d’alto livello, riguarda fasce alte». Vede, nel futuro, una megalopoli estesa, una sorta di congiunzione tra Torino e Milano in un unico agglomerato urbano? «Assolutamente no». Perché? «Una città Milanotorino o Torinomilano, come preferisce chiamarla, mi sembra assurda. Bene o male ci sono 140 chilometri tra le due città attuali. Una distanza che non solo è irrealistico pensare colmabile, ma deplorevole». Addirittura deplorevole? «Diciamo per nulla desiderabile. Le due città sono diverse, caratterizzate da fisionomie ben riconoscibili, è un bene che sia così. Guardi la situazione di Milano, che si dilata sempre più sul territorio. una dilatazione che porta un’enorme quantità di problemi, non di soluzioni». Lei è stato per anni docente universitario, in Italia e all’estero. Non crede che la velocità di commuting tra Milano e Torino sarà utile alle rispettive università? «Ma certo, e smettessero di fare università in posti come Vercelli o Novara! L’incremento degli scambi tra i campus milanesi e torinesi, sia a livello di docenti sia di studenti, è un vantaggio indubbio e l’Alta velocità lo aiuta, lo spinge. Siamo sempre nell’ambito ”alto” di cui parlavo prima, ed è questo, a mio parere, l’aspetto più rilevante della nuova ”prossimità” fra i due centri».