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 2009  ottobre 30 Venerdì calendario

«Ma la scuola è ancora ostile alla scienza» - Margherita Hack, astrofisica, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e a lungo docente all’università di Triste, davvero i nostri giovani stanno riscoprendo la matematica e la fisica? «Sì, è così

«Ma la scuola è ancora ostile alla scienza» - Margherita Hack, astrofisica, membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e a lungo docente all’università di Triste, davvero i nostri giovani stanno riscoprendo la matematica e la fisica? «Sì, è così. Forse si sono resi conto che è più facile trovare lavoro. E, poiché il fenomeno è piuttosto recente, credo che la crisi abbia influito». In che senso? «Si sono finalmente accorti che c’è bisogno di tecnologia. Più scienza e meno chiacchiere. Il nostro avvenire dipenderà da quanto sapremo ridurre l’inquinamento, sviluppare nuove energie da fonti pulite, risparmiare e difendere le risorse naturali, migliorare la qualità dei prodotti per reggere la concorrenza dei paesi in via di sviluppo». Questa ”rivincita” basta per recuperare il tempo perso? «Dipende. Dal punto di vista della ricerca non siamo mai stati indietro. In Italia abbiamo molte punte di eccellenza scientifiche, i nostri ricercatori sono richiesti dalle migliori università al mondo. Se invece parliamo della cultura generale restiamo molto indietro». E perché? «Colpa della scuola, che da sempre considera le discipline scientifiche materie di serie B. Dai tempi di Gentile e Benedetto Croce si dà molto più spazio alle materie umanistiche. La scuola italiana, al di là del fatto che è più facile capire un bel romanzo che una pagina di analisi matematica, è stata fondamentale nel plasmare una mentalità ostile alla scienza».  vero che, anche se riusciamo a farli studiare, poi non siamo capaci di trattenere i nostri giovani scienziati in Italia? «Certo. Negli ultimi anni i concorsi per ricercatore sono prima stati drasticamente ridotti e poi bloccati. Si è intensificato un precariato scellerato, che nella ricerca non può che produrre danni, perché chi vi si dedica deve avere certezze sul proprio posto e sui fondi. Il risultato è che abbiamo fatto tanto per spingere i ragazzi a studiare le discipline scientifiche ma poi li costringiamo a fuggire all’estero. Non mi sembra una strategia sensata».