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 2009  ottobre 30 Venerdì calendario

Dispersione delle ceneri, no della Cei - Nuove norme per le esequie. Saranno ufficializzate il 9 novembre, all’assemblea Cei di Assisi, le disposizioni con cui la Chiesa conferma il sì alla cremazione, ma proibisce la dispersione delle ceneri e la conservazione dell’urna in casa perché «il regno dei morti e quello dei vivi devono restare distinti»

Dispersione delle ceneri, no della Cei - Nuove norme per le esequie. Saranno ufficializzate il 9 novembre, all’assemblea Cei di Assisi, le disposizioni con cui la Chiesa conferma il sì alla cremazione, ma proibisce la dispersione delle ceneri e la conservazione dell’urna in casa perché «il regno dei morti e quello dei vivi devono restare distinti». La prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come, ad esempio, nelle abitazioni private, è vietata. Sono scelte basate su «concezioni panteistiche o naturalistiche». Lo spargimento delle ceneri o le sepolture anonime «impediscono la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario». Inoltre rendono «più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo». E per le generazioni successive la vita di coloro che le hanno precedute scompare. Se il defunto ha espresso la chiara volontà di far disperdere le ceneri o conservare l’urna in un luogo diverso dal cimitero, si dovrà appurare il disprezzo della fede cristiana. In questo caso, non si potranno concedere le esequie ecclesiastiche. In Italia le cremazioni sono il 10% dei decessi (53mila su 558mila decessi annui) e sono in funzione 45 crematori (altri 6 sono previsti entro giugno): 31 al Nord, nove al Centro e solo cinque al Sud. Ciò significa che la cremazione arriva al 15,7% al Nord, al 9,6% al Centro e allo 0,35% nel Mezzogiorno. Gli impianti più grandi si trovano a Milano, Torino, Roma, Genova e Bologna. A questo ritmo di crescita nel 2009 le cremazioni saranno 210mila l’anno (35%). «Nell’ultimo decennio si è passati dallo 0.7% a quasi il dieci nazionale - spiega Alessandro Bosi, segretario della Federazione Imprese Onoranze Funebri (Feniof) -. E’ un trend supportato dal proliferare di leggi regionali che regolamentano il settore manca una normativa ad hoc nazionale». Un boom dovuto non solo ai cambiamenti nell’atteggiamento verso la morte o le opzioni polemicamente atee, come scrive la Cei, ma anche a motivazioni economiche. Il costo medio di un servizio funebre è di 2.700 euro, più l’acquisto del loculo che arriva a costare al metro quadro quanto una villa di lusso (3mila euro). In totale, il giro d’affari annuo del «caro estinto» è di circa un miliardo e mezzo di euro. Rispetto alla tumulazione e all’inumazione la cremazione è più economica (massimo 500 euro), un quinto dell’importo, incluse tassazione e diritti di competenza comunale, sanitaria e di polizia mortuaria. Proprio perché così non occorre acquistare un loculo, si sta affermando il ricorso all’urna cineraria. Il regolamento di polizia mortuaria prevede, infatti, che le urne possano essere collocate anche in loculi nei quali vi sia già un feretro. E se una famiglia non possiede un loculo per le urne cinerarie, è in vendita a 350 euro uno spazio nel quale depositarle. In alternativa alla tumulazione dell’urna cineraria ci sono l’affidamento e la dispersione delle ceneri. La dispersione è consentita in: Lombardia, Piemonte, Toscana, Umbria, Emilia Romagna, Valle D’Aosta, Marche, Lazio, Campania e Liguria.