Pierluigi Panza, Corriere della sera 29/10/2009, 29 ottobre 2009
LE MATERIE ALL’UNIVERSIT E QUELLA RIDUZIONE DIFFICILE
Il disegno di legge sulla riforma universitaria approvato ieri dal Consiglio dei ministri, e che dovrà passare ora al vaglio del Parlamento, necessiterà di severi decreti attuativi se intende risultare efficace nell’applicazione.
In generale coglie alcuni aspetti che anche il Corriere ha sottolineato in questi anni come utili per un rinnovamento negli studi, quali la ripartizione dei fondi anche in relazione ai meriti, l’introduzione di un nucleo di valutazione dei singoli atenei non composto dagli stessi docenti e che agisca in relazione a un «codice etico», l’accorpamento dei piccoli atenei, un CdA e un direttore generale chiamati a gestire con più efficienza l’ateneo, l’importanza della docenza a contratto ma non a titolo «gratuito». Il ddl mostra un po’ di «demagogia» nel ritenere discriminante la valutazione degli studenti ai professori per assegnare i fondi agli atenei: l’efficacia della didattica andrebbe verificata nei suoi effetti reali (se dà lavoro e produce innovazione) e non in corso d’opera (dove è bravo il professore che fa superare l’esame).
Due gli aspetti più delicati. Il primo è la riduzione del 50% dei settori disciplinari (cioè dei gruppi di «materie»), che attualmente sono tantissimi, 370. L’intento è buono, cioè sfavorire ed eliminare le conventicole, ma potrebbe finire con il creare aggregazioni improprie. discutibile infatti il criterio che si inserisce per ridurli: sopravvivranno solo i settori che hanno almeno 50 docenti ordinari.
Il ddl introduce anche l’abilitazione nazionale per aspiranti docenti (perché non anche per i ricercatori?), per titoli, davanti a una commissione con professori anche stranieri, come da più parti auspicato. Il ddl stabilisce che siano poi le singole università a chiamare i docenti scegliendoli da questa lista di idonei, ma senza specificarne i criteri. Perché questo sistema funzioni e risulti effettivamente meritocratico è necessario che la commissione d’abilitazione resti anonima ed estranea a logiche di scambio; altrimenti il rischio è che a Roma si facciano todos caballeros e poi si applichino nuovamente le logiche di filiazione già note in sede locale.