Enrico Franceschini, la Repubblica 29/10/2009, 29 ottobre 2009
"Tutto il mio odio tutte le mie droghe" ecco l´Agassi segreto- Biografia shock: "L´Atp coprì il mio doping" Un amico mi dice: vuoi farti di "meth"? Yeah
"Tutto il mio odio tutte le mie droghe" ecco l´Agassi segreto- Biografia shock: "L´Atp coprì il mio doping" Un amico mi dice: vuoi farti di "meth"? Yeah. Dopo un momento di tristezza, mi sento vivo e pieno di energie come mai nella mia vita Mio padre ha costruito un drago che spara palline: dice che se un bambino ne colpisce un milione all´anno, diventerà imbattibile «Dovevo colpire un milione di palline all´anno e secondo lui in quel modo sarei diventato campione del mondo». Profezia destinata ad avverarsi, ma senza dare vera gioia ad Andre. Si intitola «Open» e uno pensa subito ai titoli che ha vinto, due U.S. Open, quattro Open d´Australia, uno in Francia e uno a Wimbledon, otto Grand Slam sulla strada che lo ha portato a essere, al top della forma, il numero uno del mondo. Ma il titolo dell´autobiografia di Andre Agassi, traducibile in italiano alla lettera con «franco, aperto, schietto, sincero», sembra anche alludere alle sorprendenti confessioni che il campione americano fa per la prima volta, anticipate ieri dal Times di Londra che ha pubblicato un estratto del libro. Agassi rivela di essersi drogato con metanfetamina durante un periodo in cui la sua vita, il tennis, il matrimonio con l´attrice Brooke Shields, tutto gli sembrava un inferno. Racconta di come, quando risultò positivo a un test antidoping, mentì all´Atp, l´associazione dei giocatori professionisti, per sfuggire alla sanzione prevista, tre mesi di sospensione, e per nascondere lo scandalo che avrebbe potuto distruggere la sua carriera. Confida di avere odiato, da quando era bambino al giorno in cui si è ritirato dall´attività, lo sport che lo ha reso ricco e famoso. E non cela neppure la ragione del suo odio per il tennis: il modo ossessivo e violento con cui suo padre lo costrinse ad allenarsi, quando era bambino, determinato a farne il più forte giocatore del pianeta. Programmi sportivi di radio e tivù, siti internet, ieri non parlavano d´altro, con reazioni e commenti di campioni ed ex campioni. E´ giunta anche una dichiarazione dell´Atp, chiamata in causa dal libro: perché la menzogna di Agassi fu creduta? Perché il tennista non venne punito? «Il programma antidoping nel tennis stabilisce, ed è sempre stato così, che è compito di un tribunale indipendente decidere se è stata commessa una violazione alle regole», afferma un comunicato. «Abbiamo sempre rispettato tale norma e nessun responsabile dell´Atp ha il potere e i mezzi per decidere l´esito di una vicenda di doping». E´ possibile che vi siano ripercussioni per Agassi; ma per il momento l´unica certezza è che l´ex-campione, oggi 39enne, sposato in seconde nozze con Steffi Graf, ha scritto delle memorie che non passeranno inosservate. Un sicuro best-seller. Un numero uno anche in questo. Agassi racconta che nel 1997, in un momento difficile della sua vita e della sua carriera, comincia a sniffare metanfetamina insieme a un non meglio identificato Slim, un suo assitente. E´ quest´ultimo che glielo propone, per «tirarsi su». E la droga ha l´effetto desiderato. Ma diventa un´abitudine. Sicché un giorno Agassi riceve la telefonata di un medico dell´Atp che gli comunica che è stato testato positivo all´esame antidoping. «Cosa succederà adesso?», chiede il giocatore, e il medico gli spiega che per le droghe prese per migliorare una prestazione scatta una squalifica di un anno, mentre per quelle «ricreative», come la metanfetamina, la sospensione è di tre mesi. «Il mio nome, la mia carriera, mi giocavo tutto», pensa Andre. Così scrive una lettera all´Atp, si scusa per l´accaduto, afferma di avere ingerito la droga involontariamente, bevendo dal bicchiere del suo assistente, che dice di avere prontamente licenziato. E l´Atp gli crede. «Odio il tennis, lo odio con una passione cupa e segreta, l´ho sempre odiato», confessa Agassi alla vigilia del suo ultimo Us Open, nel 2006. Colpa dei dolori atroci provocati da una vertebra fuori posto. Ma soprattutto colpa di un padre-padrone, che lo ha obbligato dalla più tenera età a «colpire 2500 palline al giorno, 17500 alla settimana, un milione di palline all´anno», sparate da una macchina che assume per lui l´aspetto di un mostruoso dragone. «E mentre colpivo una pallina dopo l´altra, dietro di me c´era sempre la voce di mio padre che mi urlava nelle orecchie, colpisci più forte, colpisci prima, dagli più spin, non metterla in rete, dannazione, non in rete». Un giorno lo costringe a giocare per soldi contro l´ex-campione di football Jim Brown. Andre ha appena nove anni. All´inizio suo padre vuole scommettere 10 mila dollari, tutti i suoi risparmi, ma Brown, quando vede come gioca il ragazzino, accetta solo una scommessa da 500. L´ex-campione di football ce la mette tutta, ma perde, 6-2. «Che obiettivo hai, figliolo?», gli domanda alla fine. Andre comincia a rispondere, ma suo padre lo interrompe e risponde per lui: «Il suo obiettivo è diventare il numero uno del mondo». Commenta l´ex-campione di football: «Non ci scommetterei contro».