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 2009  ottobre 29 Giovedì calendario

ELOGIO DELLA FUGA PURIFICATRICE


Dopo tanti - e meritatissimi - elogi della signora Roberta Serdoz bisognerebbe fare anche un elogio del marito, Piero Marrazzo. E siccome non vogliamo passare per pazzi, chiariamo subito che è una provocazione. Ma fino a un certo punto.
Sempre per non essere equivocati, precisiamo alcuni punti fermi.
Fatti privati

Primo. stato giustissimo pretendere le dimissioni. Marrazzo non poteva continuare a fare il presidente della Regione Lazio, e neppure quello di un consiglio di circoscrizione. Uno che si comporta come lui, dalla politica deve sparire. Via. Basta. Sono ipocrisie quelle di coloro che vorrebbero scindere i cosiddetti «fatti privati» dalle responsabilità pubbliche. Molti degli opinionisti che dicono di infischiarsene di quello che un politico fa nel tempo libero non affiderebbero neanche l’amministrazione del proprio condominio a uno che paga cinquemila euro per andare a letto con un transessuale che, come ha scritto ieri Stefano Lorenzetto sul Giornale, è «un’ibridazione fra un dittatore di qualche isola della Sonda e una Nina Moric con sei taglie in più»; e che, per giunta, a certi incontri ci va con l’auto di servizio e la scorta.
Secondo. un’ipocrisia anche sostenere - e molti lo fanno, per timore di essere tacciati di omofobia, che invece in questo caso non c’entra niente - che non c’è differenza tra frequentare una donna e frequentare transessuali. Citiamo un altro bellissimo articolo pubblicato ieri, quello sul Corriere della Sera di Marina Terragni, la quale immagina che cosa può chiedersi una moglie quando scopre che il marito la tradisce con personaggi che definisce osceni: «Ti va in pappa il cervello e ti domandi: che cos’ha mio marito? Non sta bene?». Ecco, un dubbio sulla salute mentale viene, diciamo la verità, anche se politicamente scorretta.
Scappatelle

Terzo. Non è vero che «sono solo fatti suoi». La vita è fatta di relazioni, ogni nostro atto comporta una conseguenza per tutta una serie di persone, soprattutto per quelle che ci vogliono bene. Chiedere alla moglie e alla figlia se le «scappatelle» di Marrazzo «sono solo fatti suoi».
Ma detto tutto questo, nell’epilogo di questa vicenda c’è qualcosa di antico che torna a galla, diciamo una specie di recupero di valori, o almeno di sentimenti, che erano stati troppo frettolosamente relegati fra le cianfrusaglie.
Intanto, Marrazzo si è dimesso. Si dirà che è stato costretto. Ed è probabile. Però si è dimesso. In un mondo, quello della politica, in cui non si dimette neppure chi è pescato con le mani in ben altri sacchi. Di più: ha detto che lascerà la politica per sempre. In un mondo dove i «rieccoli» sono una tragicomica regola.
Ma, soprattutto, vorremmo qui fare un elogio della fuga di Marrazzo. Il quale non è scappato solo dalla politica, è scappato da Roma, è scappato dai giornali, è scappato dal mondo. Pare che volesse andare a Montecassino, e poi abbia cambiato itinerario solo perché si era saputo che andava lì, e quello che lui vuole è proprio il non farsi trovare da nessuno, lo scomparire, il «morire al mondo». Per questo vuole andare in un monastero. Non è un caso che uno dei più famosi monasteri italiani si chiami proprio così, Morimondo, che vuol dire appunto «morire al mondo». L’etimologia è la stessa di un altro vocabolo che è passato di moda e che in questi giorni è probabilmente nella testa di Marrazzo: «mortificazione». Viene anche quello da «morte». Faccio morire una parte di me stesso perché mi rendo conto che quella parte non deve più vivere.
Perché tutto questo? Perché Marrazzo prova vergogna. Ed è proprio della vergogna che vogliamo qui fare l’elogio. Oggi nessuno si vergogna più di nulla, l’autoassoluzione scatta immediata ogni volta che ci rendiamo colpevoli di qualcosa. Abbiamo creato una nuova morale che si basa sostanzialmente su un unico principio: quello secondo il quale non esiste alcuna morale. Chi prova qualche volta ad obiettare viene silenziato con uno dei termini più dispregiativi della nostra epoca: «moralista».
Tutto è grazia

E siccome oltre che amorali siamo diventati anche cinici, tra dieci minuti penseremo che in realtà quella di Marrazzo è tutta una messa in scena: le dimissioni, la fuga, la vergogna. Può darsi. Ma se così pensassimo, faremmo un processo alle intenzioni. Per il momento, se stiamo ai fatti, dobbiamo prendere atto di una reazione che fa tornare di attualità concetti come peccato, costrizione ed espiazione che abbiamo da tempo ridicolizzato. Sant’Agostino diceva: «Tutto è grazia, anche il peccato». E se da questa schifosa vicenda abbiamo ritrovato almeno un po’ il senso della vergogna, insomma, forse anche questa è una grazia.