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 2009  ottobre 29 Giovedì calendario

IL CINEMA SENZA AVATAR

«Il futuro del cinema è iniziato con "Il curioso caso di Benjamin Button" che ha provato come si possano creare umani digitali per i personaggi principali...», così ci dice Paul Debevec ( tra gli ospiti di View Conference) associate director, graphics research alla University of Southern California Institute for creative technologies, recentemente nominato tra i primi cento giovani innovatori del mondo dal «Technology Review Magazine» del Mit. Debevec si occupa di illuminazione e rendering, cercando di rendere il più fotorealistici possibili i personaggi digitali; dopo «Spider Man 2», «King Kong» e «Superman Returns», ha curato gli effetti di «Benjamin Button »e ora è all’opera su «Avatar».
Al contrario di molti altri Debevec non è ancora convinto che il 3D digitale stereoscopico sia il futuro: «...non so se il 3D è qui per stare o verrà spazzato via presto. Se non richiedesse gli occhiali penso che avrebbe molte più chance. Un problema serio è che i filtri sugli occhiali e sul proiettore bloccano molta della luce che dovrebbe colpire lo schermo. Bisogna usare proiettori più luminosi se il formato vuole sopravvivere, ma questo è molto costoso ». Eppure, al momento, questa è la tecnologia più innovativa e colpisce la rapidità con cui le grandi case di produzione vi si sono gettate... la Pixar, per esempio, non solo produce ormai in 3D stereoscopico, ma sta anche attuando una conversione dei propri classici come «Toy Story» 1 e 2, sotto la supervisione di Bob Whitehill, anch’egli ospite a View, dove Rob Bredow presenterà «Piovono polpette», la risposta di Sony Image Works alla Pixar. Per il film «è stata usata Global Illumination, una nuova tecnica di rendering che ha contribuito in maniera determinante a dare al film uno stile unico». «Alla Sony Imageworks – continua Bredow ”abbiamo cominciato a produrre in 3D sin dal 2004 con Polar Express perché pensiamo può essere un’esperienza davvero immersiva per il pubblico. "Piovono polpette" è il nostro 7º film in 3D. Noi pensiamo che sia il futuro, ma penso che siamo solo all’inizio, abbiamo appena iniziato a scalfire la superficie delle sue possibilità».
Tecnologia e immaginario sembra il binomio più caratteristico del cinema che verrà e in questo senso il film più atteso è «Avatar» di James Cameron (in uscita il 15 gennaio). Sul film giàaleggia un’aura di mitoe il trailer presentato sembra confermare l’importanza di un’opera che unisce animazione e real e che sembra poter proporre un uso davvero intenso del 3D stereoscopico. C’è un’euforia di futuro nel sistema dell’audiovisivo contemporaneo e Debevec pur rimanendo prudente apre a nuovi orizzonti: «Anche il realismo sembra potenziato dalla proiezione 3D. Con i moderni proiettori digitali ogni regista può scegliere il numero di frame che preferisce per ogni ripresa e anche la proiezione più luminosa, per un più grande numero di frame, sarà una scelta possibile per i film in 3D». Ma se la macchina industriale sembra avere adottato il 3D senza riserve, dal punto di vista estetico i recenti «Mostri contro alieni» e «Up» non hanno dato l’impressione di essere ancora in grado di fare la differenza. «Avatar» allora, un action, non di animazione e non per bambini, può rappresentare uno spartiacque, soprattutto se avrà la capacità di unire a immagini di impatto una storia e una narrazione forte. Un’unione di elementi che ha fatto già in passato la fortuna del regista americano, in grado di creare un immaginario tecnologico tra i più efficaci... penso alle immagini digitali " liquide" di «Abyss» e di «Terminator 2», e soprattutto alla ricostruzione di scenari digitali in «Titanic ». Che «Avatar» – come «Guerre stellari», «Matrix», «Jurassic Park» e«Titanic»’sia in grado di ridefinire un’estetica del cinema spettacolare e quindi anche un’economia del cinema contemporaneo è ancora da verificare. Intanto notiamo che Cameron si presenta come il regista più emblematico del nuovo corso digitale di Hollywood. Utilizza immagini mediche, genetica, CG, architettura digitale, tutti componenti di un universo digitale che sembra in grado di colonizzare con il proprio immaginario diversi campi della nostra società e quindi influenzare la nostra cultura: pensiamo ai suoi documentari come «Ghosts of the Abyss», in 3D, una missione scientifica sul Titanic che indaga le possibilità spettacolari che le nuove camere digitali possono rilevare. O anche «Aliens of the Deep» in cui Cameron racconta la missione oceanografica da lui diretta per andare nei fondali oceanici più inaccessibili.
Piccoli mezzi di immersione di nuova generazione e camere digitali ultrasofisticate supportano un lavoro scientifico che serve anche a incamerare possibili visioni spettacolari andandole a rintracciare nella natura più misteriosa. Con «Avatar» il rapporto stretto e diretto con la scienza si pone al centro di un cambio di paradigma che investe non solo il cinema come tecnologia e come industria, ma si insinua all’interno del nostro immaginario, tanto che viene da chiedersi se il cinema che verrà sarà prodotto a Hollywood o direttamente alla Silicon Valley.