Leonardo Martinelli, Il Sole-24 Ore 29/10/2009;, 29 ottobre 2009
BOCCIATO IL FEDERALISMO FRANCESE
Decentramento e federalismo fiscale, la soluzione a tutti i mali? Le cose non stanno proprio così, almeno se si guarda alla Francia. La Corte dei Conti ha appena pubblicato a Parigi un rapporto sugli effetti del progressivo trasferimento di competenze, avviato agli inizi degli anni Ottanta, dall’onnipotente Stato centrale francese agli enti locali. E il bilancio non è incoraggiante. «Il decentramento – si legge nel documento – non ha condotto, almeno finora, né a una riduzione della spesa pubblica né a una gestione più oculata della fiscalità locale».
Dal 1980 al 2006 la spesa pubblica relativa allo Stato centrale è stata moltiplicata per cinque, per tre quella degli enti locali. Il rapporto si sofferma soprattutto sull’espansione di quel "mostro" chiamato funzione pubblica francese, ritenuta la causa principale della lievitazione dei budget. Solo dal 2007 Nicolas Sarkozy ha deciso di mettere il piede sul freno. E di non sostituire una parte dei funzionari che vanno in pensione (33% nel 2008 e 44% nel 2009). «Ma intanto sono stati persi 25 anni, durante i quali i doppioni si sono moltiplicati», ha sottolineato ieri Philippe Séguin, presidente della Corte dei Conti.
Veniamo alle cifre. Dal 1980 al 2006 lo Stato centrale ha reclutato 400mila dipendenti supplementari, nonostante nel frattempo si siano trasferite agli enti locali varie competenze, come quella sull’edilizia scolastica (almeno per le medie e le superiori), aiuti e prestazioni sociali per gli anziani,l’Rmi (il reddito minimo garantito, destinato a coloro che non hanno entrate). Gli enti locali, nello stesso periodo, sono passati da 1,1 a 1,6 milioni di funzionari, oltre a 150mila dipendenti dello Stato centrale ( a loro volta sostituiti) spostati sulle amministrazioni locali. «In 25 anni abbiamo avuto in tutto oltre un milione di funzionari in più, mentre la popolazione ha acquisito solo sette milioni di abitanti supplementari », ha specificato Séguin. Che ha puntato il dito soprattutto sui comuni. Questi non hanno ricevuto molti poteri aggiuntivi con il decentramento. Ma i loro dipendenti sono aumentati del 47 per cento.
Riguardo alla qualità dei servizi, Séguin ha riconosciuto il miglioramento dell’edilizia scolastica, dopo che è stata affidata ai départements (le province) e alle regioni, ma si è detto molto più scettico sul fronte degli aiuti sociali. «Le province più povere – ha sottolineato – si sono ritrovate ad assistere più persone in difficoltà delle altre, ma con entrate fiscali inferiori». Ha condannato «una generale confusione nelle competenze. Prendiamo gli aeroporti: 19 sono gestiti dalle regioni, 29 dalle province, 61 dai comprensori e 41 dai comuni. Poi, per lo sviluppo economico locale, ci sono sei miliardi di euro disponibili all’anno, ma spezzettati fra troppe amministrazioni ». A partire da metà dicembre il Parlamento esaminerà la nuova riforma degli enti locali, voluta da Sarkozy. Migliorerà le cose? Non è detto. giudicata poco coraggiosa. Porterà, ad esempio, all’accorpamento dei consigli regionali e provinciali (si passerà da 6mila consiglieri in tutto a 3mila). Ma i due enti resteranno entrambi in vita. Solo con qualche sinergia.