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 2009  ottobre 28 Mercoledì calendario

La stessa toga assolse Berlusconi sul caso Sme- MILANO – «Ancora una volta si con­ferma che a Milano non si possono cele­brare processi quando vi sia, ancorché indirettamente, un collegamento con il presidente Berlusconi», protesta ieri l’av­vocato- parlamentare del premier, Nicco­lò Ghedini

La stessa toga assolse Berlusconi sul caso Sme- MILANO – «Ancora una volta si con­ferma che a Milano non si possono cele­brare processi quando vi sia, ancorché indirettamente, un collegamento con il presidente Berlusconi», protesta ieri l’av­vocato- parlamentare del premier, Nicco­lò Ghedini. Ma non era stato questo il suo commento il 10 maggio 2007, allor­ché il giudice che ieri presiedeva la Cor­te d’Appello che ha condannato Mills co­me teste corrotto nell’interesse di Berlu­sconi, e cioè Flavio Lapertosa, nel proces­so d’Appello Sme aveva invece firmato l’assoluzione di Berlusconi nel merito, e non più solo per prescrizione come in primo grado. Assoluzione dalle medesi­me «pratiche corruttive» di giudici alle quali Lapertosa pur riteneva «propenso» Cesare Previti (poi prescritto a Perugia): «Nessun serio indizio può trarsene a ca­rico di Berlusconi – argomentava però il magistrato nella motivazione – a me­no di non ritenere che tra lui e Previti, certo avvocato d’affari di Fininvest, si sia attuata una inedita fusione identita­ria, dando luogo a un nuovo e comples­so soggetto di diritto in deroga al princi­pio » per cui «la responsabilità penale è personale». Né si ricorda­no sollevazioni nel partito del premier quan­do il giudice re­latore del pro­cesso Mills di ie­ri, Rosario Spi­na, in Appello stese la motiva­zione dell’assoluzione del governatore lombardo Formigoni dall’abuso d’uffi­cio nella Fondazione Bussolera Branca; o quando il suo collegio nel 2005 cancellò la condanna per corruzione del consiglie­re comunale milanese di Forza Italia (og­gi assessore) Giovanni Terzi. Il terzo giudice, Marco Maria Maiga, è arrivato in Appello da un lungo servizio al Tribunale dei minorenni, dopo essere stato in passato in Procura, soprattutto su indagini finanziarie come quelle sul­l’eredità Cabassi, sull’agenzia regionale Lombardia Risorse (conclusa con l’asso­luzione dei tre indagati ex presidenti di Regione), o sul «mago del petrolio» che sosteneva di estrarre oro nero dai rifiuti (8 anni in abbreviato). I casi della vita di un magistrato han­no fatto sì che, negli anni, anche Laperto­sa (di estrazione prettamente civilistica) e Spina (molti anni fa pubblico ministe­ro) avessero già avuto la ventura di af­frontare vicende alla ribalta della crona­ca. Lapertosa, da giudice civile a Monza, si era trovato ad esempio a dichiarare il fallimento della locale società di calcio, a condannare un ospedale a risarcire con 2 miliardi di lire i genitori di un bimbo nato invalido per un parto sbagliato, a ordinare una perizia sulla dentiera di Uto Ughi per accertare i danni lamentati dal violinista, o a risolvere la causa inten­tata da una ditta di pompe funebri che denunciava il plagio delle proprie lapidi da parte di una concorrente. A Spina, in­vece, a lungo occupatosi di usura a Mila­no, e in questa veste autore nel 2000 del sequestro di 11 miliardi di lire a un sem­plice pensionato che faceva la «masche­ra » al Teatro alla Scala, per un cipiglio del destino è capitato di dover arginare per ben due volte la follia di serial killer (prima «il purificatore» nel 1997, poi «il legionario» nel 2002) ’specializzati’ nel gettare le proprie vittime sotto la metro­politana.