M. Pro., Corriere della sera 28/10/2009, 28 ottobre 2009
Giorgio Cosmacini «Niente eccessi, la carne è la nostra cultura» MILANO – «Non è un caso che la nuova parola usata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia globesity : un’epidemia mondiale del sovrappeso, causata da consumi eccessivi di grassi e da un’ingordigia che fa male anche al pianeta sottoposto a un innaturale sforzo produttivo»
Giorgio Cosmacini «Niente eccessi, la carne è la nostra cultura» MILANO – «Non è un caso che la nuova parola usata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia globesity : un’epidemia mondiale del sovrappeso, causata da consumi eccessivi di grassi e da un’ingordigia che fa male anche al pianeta sottoposto a un innaturale sforzo produttivo». Per Giorgio Cosmacini, docente di Storia del pensiero medico alla Facoltà di Filosofia Vita-Salute San Raffaele di Milano, l’idea di Lord Stern è «percorribile, a patto che non si ecceda nel senso opposto». La soluzione di una dieta vegetariana come rimedio a un pianeta soffocato dai gas serra rischia di essere una forzatura se portata agli eccessi. E difficilmente esportabile in Italia, che pur con 5,7 milioni di vegetariani, continua ad essere un Paese «carnivoro ». «Il consumo di carne si è imposto in Italia nel dopoguerra, quando c’era la borsa nera e gli animali venivano macellati di nascosto. Mangiare carne era un’esigenza nutrizionale e una compensazione psicologica dopo le privazioni. Solo più tardi è diventata un alimento di cui aver paura, per il rischio di infezioni come l’aviaria o la mucca pazza». Convertire la popolazione mondiale al vegetarianesimo rischia di contraddire alcuni principi di una dieta equilibrata. «Fino ad una certa età il consumo di carne è necessario per la crescita. Solo successivamente, dopo i 40 anni, se ne può fare ragionevolmente a meno, riducendo anche l’incidenza di alcune neoplasie collegate al suo uso eccessivo. D’altra parte il termine medicina deriva da ’medietas’, la costante ricerca del giusto mezzo. Il rischio del vegetarianesimo a tutti i costi potrebbe causare un nuovo monofagismo, la divinizzazione di un solo cibo, con tutte le perversioni alimentari collegate».