Francesco Grignetti, La stampa 27/10/2009, 27 ottobre 2009
L’OFFERTA DI MARRAZZO «PAGHERO’ 90MILA EURO»
Marrazzo era davvero convinto di averla fatta franca. Dopo che Berlusconi stesso l’aveva avvisato di quel che girava contro di lui, come conferma anche il direttore di «Chi», Alfonso Signorini, il Governatore della Regione Lazio era entrato in contatto con l’agenzia Photo Masi. Con i titolari aveva raggiunto un accordo per «ricomprarsi» il video del ricatto, pare per novantamila euro, ma poi l’accordo sfumò all’ultimo istante perché era entrata in campo la procura. Gli investigatori tenevano ormai il fiato sul collo a tutti i protagonisti dell’affaire e avevano seguito in tempo reale anche questa trattativa disperata di Marrazzo. E infatti un pm, nell’interrogatorio di martedì scorso, gli chiede: «Ma lei, poi, il video l’ha pagato?». E lui: «No, non sono arrivato in tempo».
Sì, era convinto di mettere tutto a tacere. I ricattatori non li aveva più sentiti da luglio, tranne una strana telefonata giunta alla sua segreteria da parte di un tale che si era qualificato come carabiniere, ma poi non si era più fatto vivo. Gli assegni - uno da diecimila euro, due da cinquemila - non erano stati incassati e lui aveva dato incarico a un suo assistente di sporgere denuncia di smarrimento. Ci aveva rimesso i duemila euro che erano spariti dal portafogli al momento dell’irruzione nell’appartamento di Natalie, ma poco male. La vicenda, secondo Marrazzo, a questo punto poteva essere archiviata. Pericolo scampato. Di qui lo choc quando ha scoperto che tutto sarebbe divenuto di dominio pubblico con l’arresto delle quattro «mele marce» dell’Arma.
Sull’istante, ovviamente, Piero Marrazzo si era preso un bello spavento. L’ha raccontato lui stesso ai magistrati, che così ne riferiscono: «Tra l’1 e il 4 luglio si recava in un appartamento per avere un incontro sessuale a pagamento con una certa Natalie. Qui dopo essersi parzialmente spogliato deponeva 3.000 euro, parte della somma concordata pari a 5.000 euro, su un tavolinetto, conservando la rimanente parte e i suoi documenti all’interno del portafogli. Mentre si accingevano a consumare il rapporto sessuale concordato, si presentavano alla porta d’ingresso due uomini qualificandosi come carabinieri. Entrando nell’appartamento assumevano un atteggiamento estremamente arrogante, tanto da incutere soggezione e paura, si facevano consegnare da Marrazzo, che avevano riconosciuto come presidente della Regione, il portafogli con i documenti tenendo in un locale separato Natalie e si recavano in un’altra stanza».
Il resto è storia nota. Viene girato un video che indugia sul volto stravolto del Governatore e su una polvere bianca depositata su un tavolo con accanto il suo tesserino di riconoscimento. Quando i magistrati gli fanno vedere il video, Marrazzo riconosce sé stesso, la casa di Natalie, la polvere bianca di cui si è accorto «a un certo punto» e che poi è sparita, pure la Lancia presidenziale.
Ora, che i quattro carabinieri infedeli abbiano organizzato il ricatto con premeditazione, e perciò meritano di restare in carcere, il gip Sante Spinaci ne è sempre più convinto. Considera le loro dichiarazioni dei modesti espedienti difensivi. Tanto più che gli indagati Simeone, Tagliente e Testini hanno pure cambiato versione tra il primo e il secondo interrogatorio. La prima volta ammettono l’irruzione e affermano di avere ricevuto un video da un loro confidente, tal Gianguarino Cafasso, spacciatore, nel frattempo morto, e che di questo video non sapevano nulla, ma di aver tentato di venderlo per cinquantamila euro. Nel secondo, sostengono che il confidente era presente nell’appartamento e sarebbe stato lui in quel momento a fare le riprese con un cellulare, ma a loro insaputa, che assolutamente non si sono impossessati dei soldi di Marrazzo né hanno portato loro la coca, anzi l’hanno buttata nel water prima di andarsene. Sulla coca la Procura vuole andare a fondo. I trans sostengono che tutti i clienti la vogliono. Anche Marrazzo? E potrebbe finire indagato anche il fotografo Max Scarfone che è stato l’intermediario tra i carabinieri e l’agenzia fotografica di Milano.
Nel corso delle indagini e degli interrogatori spunta anche un’altra ipotesi, che altri politici - si parla di due persone - potrebbero essere stati vittime di ricatti ed estorsioni dopo l’incontro con i trans. Nel condominio di via Gradoli potrebbero essere state rinvenute delle prove, forse delle foto o altri video, che aprirebbero un nuovo filone di inchiesta.