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 2009  ottobre 27 Martedì calendario

La squadra di Abatantuono: over 40 senza voglia di crescere- MILANO – Le corone di fiori, il tappeto rosso, la bara con il pallo­ne sopra, il campo da calcio come sfondo

La squadra di Abatantuono: over 40 senza voglia di crescere- MILANO – Le corone di fiori, il tappeto rosso, la bara con il pallo­ne sopra, il campo da calcio come sfondo. Tutti tristi, però in panta­loncini, maglietta e scarpe con i tacchetti. È morto il portiere della squadra, nella vita faceva il vivaista e arrotondava con coltivazioni ille­gali: «Era quasi riuscito a incrocia­re la marijuana con il baobab». È un funerale, ma si ride con le battu­te di scena. E con quelle fuori sce­na: «Ora sarebbe educato da parte tua morire davvero», dice Fabio De Luigi al «morto» Paolo Hendel che assiste al suo funerale e si aggira con le mani in tasca impegnate in gesti scaramantici. È il set di «All Stars», sitcom che prende come pretesto la voglia di rimanere ragazzini di un gruppo di over 40 che la domenica insegue un pallone, ma che poi deve sem­pre fare i conti con la realtà. Un’ar­mata Brancaleone in scarpette (per­dono sempre), ma un cast davvero all stars: Diego Abatantuono, Bebo Storti, Paolo Hendel, Fabio De Lui­gi, Gigio Alberti, Antonio Cornac­chione. Tra le donne, Ambra An­giolini. Racconta Abatantuono: «Sono sempre molto entusiasta per i pro­getti che prevedono collaborazioni con gli amici. Interpreto un avvoca­to gay, un po’ più colto degli altri, ruolo insolito per la mia carriera, ma visto il livello basso della com­pagnia ci può stare. La trasgressio­ne è parlare di certe tematiche co­me la partita che facciamo contro i ragazzini down a cui vendiamo pu­re l’erba oppure la mia omosessua­lità. Il calcio è solo un pretesto. il quotidiano che assomiglia alla vi­ta ». «Siamo un gruppo di ragazzini più che cresciuti con la passione del calcio, una situazione molto co­mune nella realtà – aggiunge Hen­del ”. Sono un portiere scarsissi­mo che fa il giardiniere e coltiva an­che marijuana da regalare agli ami­ci o vendere ai giocatori delle altre squadre: un bonaccione, un gene­roso, anche un po’ irresponsabile. Dopo la morte, ricompaio sotto for­ma di fantasma. Salverò un gol già fatto appollaiato sopra la traver­sa ». «All Stars» è tratta da un format olandese e arriverà su Italia 1 nella primavera 2010. Un progetto parti­to da Fatma Ruffini, direttore si­tcom di Mediaset che coproduce le 20 puntate della serie con la Colora­do Film di Salvatores, Abatantuo­no e Maurizio Totti. Regia di Massi­mo Martelli: « un prodotto ano­malo, che esce dal canone del faci­le, con continue sorprese. Il vero problema è tenerli tutti a bada: la­sciargli la briglia sciolta e allo stes­so tempo contenerli». Antonio Cornacchione è il presi­dente, sponsor della squadra con la sua Biagetti Calcestruzzi e figli, «un imprenditore mosso solo dal suo tornaconto, che vende le parti­te, emblematico dell’Italia contem­poranea – dice il comico ”. Sono il disturbatore del gruppo, mi ama­no e mi odiano, farebbero volentie­ri a meno di me, come gli italiani con Berlusconi. una fiction cora­le, anticonvenzionale». Fabio De Luigi è il bello della squadra, don­naiolo incallito nonostante la mo­glie incinta (Ambra): «Sono un col­laudatore di videogame immaturo, tradisco spesso e volentieri e ven­go pure beccato con la babysitter». Nel format olandese, in realtà era la madre della moglie. Troppo per i puritani canoni italiani. Prose­gue: «Sono la punta di diamante della squadra anche se nella realtà sono una schiappa. La nostra arma­ta di perdenti è capace di essere sconfitta da squadre di down o di donne. Il progetto mi ha convinto per la storia e per il cast: si può gio­care tra di noi, appoggiare e essere appoggiati, per rimanere al gergo del calcio, anche se non c’è la ricer­ca spasmodica dello sketch». Ecco Ambra, la moglie: «Per me è un mondo tutto nuovo. France­sco (Renga, il marito, quello vero, ndr. ) non sa cosa sia il calcio. Mi sa che mi toccherà recitare questa vol­ta ». Piacerà anche alle donne? «Molte si riconosceranno in una storia così, perché tutti i giorni hanno a che fare con dei bambino­ni che si ritrovano a fare battutacce in uno spogliatoio orrendo e fanno finta di essere dei campioni». C’è anche Ugo Conti: «Sono l’arbitro di tutte le partite, una cosa surreale, alla Monty Python». Bebo Storti è il precario, arrabbiato con il mon­do: « un personaggio che ha un carattere difficile, prima cassainte­grato, poi licenziato, incattivito dal­la vita, ma sotto sotto un buono. Per lui vale la famosa battuta: ’C’è una luce di speranza in fondo al tunnel: è un camion’». Chiude Abatantuono: «Fare in Italia un format così è un bell’azzar­do, per gli olandesi era morigera­to. In fondo noi siamo come loro, ma non lo raccontiamo perché cer­te tematiche in Italia non si posso­no affrontare: c’è il Vaticano, prova­te a portare il Papa in Olanda...».