Armando Torno, Corriere della sera 27/10/2009, 27 ottobre 2009
E l’ordine più colto finì commissariato- Wojtyla privò i Gesuiti dell’autonomia. Loro: «Anche il Papa sbaglia» Aeroporto di Fiumicino, 7 agosto 1981
E l’ordine più colto finì commissariato- Wojtyla privò i Gesuiti dell’autonomia. Loro: «Anche il Papa sbaglia» Aeroporto di Fiumicino, 7 agosto 1981. Dall’Estremo Oriente stava arrivando padre Pedro Arrupe, generale della Compagnia di Gesù dal 1965, il cosiddetto «papa nero». Si era recato nelle Filippine per ricordare il quarto centenario della presenza dei Gesuiti in quelle isole e aveva sostato anche in Thailandia, per scambiare impressioni e fare il punto con alcuni confratelli, presenti nei campi profughi di quella terra. Ma il religioso che sta arrivando, e che qualche giornale ama descrivere in posizioni yoga durante la preghiera, è colpito da una trombosi cerebrale. Non passano che tre giorni: il 10, seguendo le costituzioni dell’ordine fondato da Sant’Ignazio, il generale – alla presenza del segretario e degli assistenti della Compagnia – designa vicario generale padre Vincent O’Keefe. Egli avrebbe dovuto convocare poi la Congregazione generale e quindi indicare il successore. Ma, c’è sempre un «ma» nelle storie che riguardano i Gesuiti, il 5 ottobre papa Giovanni Paolo II, ormai fuori pericolo dopo l’attentato del 13 maggio precedente, interviene in maniera diretta e nomina un suo «delegato personale», l’ottuagenario padre Paolo Dezza, e gli affianca come coadiutore padre Giuseppe Pittau. Di conseguenza, O’Keefe viene sostanzialmente dimissionato. una decisione che non conosce precedenti, perché di fatto viola una tradizione e una regola secolari: la convocazione della Congregazione generale, vale a dire l’organo supremo dell’ordine, spetta al «papa nero » e, nel caso di sua impossibilità, al vicario. Le reazioni, anche se i Gesuiti sono legati a uno speciale voto di obbedienza al papa, non tardano, a cominciare da quelli tedeschi. Tutti vedono una sfiducia nella Compagnia da parte della Santa Sede, anzi un teologo quale Karl Rahner – uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II – indirizza a Sua Santità una lettera nella quale dissente in termini espliciti, accantonando quella «prova di fede» che taluni avevano individuato nell’intervento del pontefice. «Anche dopo aver pregato e meditato – scrive il magnifico teologo – non ci è stato facile riconoscere ’il dito di Dio’ in questa misura amministrativa, perché la nostra fede e l’esperienza della storia ci insegnano che anche l’autorità più alta della Chiesa non è esente da errori». In quell’incidente di Arrupe e nella successiva missiva di padre Rahner si riflette la storia dei Gesuiti, l’ordine più colto e preparato della Chiesa, dotato di un prestigio che non è facile riassumere. In quel tempo contava 36.038 membri presenti in innumerevoli punti-chiave dei cinque continenti. Non era facile tentare un computo delle università che controllavano direttamente o indirettamente (53 nel solo Occidente, se ben ricordiamo), i collegi, le scuole, le opere e le iniziative apostoliche. In Italia, per concederci un esempio, erano stati i Gesuiti, su sollecitazione di papa Pio XII, a creare una serie di iniziative culturali per arginare il marxismo. Basterà ricordare l’ Enciclopedia filosofica che esce nel 1958 e, quasi raddoppiata, nel 1968; sarà sufficiente far menzione di quattro collane di testi dedicati al pensiero che rimettevano in circolazione opere trascurate, o lette con criteri ideologici, dal mondo laico. Inoltre i Gesuiti avevano controllato le voci religiose della Treccani, non si erano lasciati sfuggire altre iniziative editoriali, erano presenti nelle cure dei grandi testi a Lovanio, a Oxford, alla Sorbona, in numerose altre università tedesche e del mondo intero. Quel gesto di Giovanni Paolo II, se volessimo tradurlo in soldoni, significava anche il commissariamento della cultura della Chiesa, o almeno della parte più attenta e operativa. E il fatto che padre Arrupe chiudesse il suo mandato giungendo dall’Oriente, ricordava al mondo che i rapporti con quella parte del mondo li avevano consolidati e resi operativi i Gesuiti, creando grammatiche, scambiando idee. William V. Bangert, nella sua Storia della Compagnia di Gesù (ora ristampata da Marietti 1820 ), ricorda che i confratelli partiti per l’Estremo Oriente furono numerosi e preparatissimi alla fine del XVI secolo: 14 nel 1581, 13 nel 1583, 12 nel 1585, 15 nel 1592, 20 nel 1599, 24 nel 1609. La loro storia continua, senza la grandezza che li rese in quel tempo il centro culturale del mondo. Perché dietro un re cattolico c’era un gesuita confessore e dietro un imperatore orientale un gesuita consigliere.