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 2009  ottobre 25 Domenica calendario

Halloween è una parola di origine celtica: è l’abbreviazione di "All Hallows Eve", ovvero la Vigilia di Ognissanti

Halloween è una parola di origine celtica: è l’abbreviazione di "All Hallows Eve", ovvero la Vigilia di Ognissanti. Il 31 ottobre, infatti, è la data in cui si celebra questa festa che ormai è entrata a pieno titolo a far parte delle tradizioni e delle usanze di vari Paesi in tutto il mondo, specie di quelli anglofoni. Furono gli irlandesi a portare la tradizione oltre oceano a metà Ottocento, e gli americani a trasformare "All Hallows Even", la vigilia di tutti i santi, nella festa horror-trash più divertente del mondo, a base di zucche vuote illuminate ed esibizioni en travesti. Ma la sua origine è pre-cristiana. I celti celebravano la fine dell’estate con Samhain, il loro capodanno, che coincide con l’equinozio d’autunno. Essi (in particolare le popolazioni di Irlanda e Galles) festeggiavano proprio in questo periodo il termine del raccolto ed iniziavano a crearsi le scorte per i mesi invernali e a macellare il bestiame. Nella dimensione circolare del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain Samhain era la pericolosa ”notte fuori dal tempo” che non apparteneva né all’anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti (Tir na n’Og) si assottigliava ed i vivi potevano accedervi. Ai morti era concesso un fuggevole ritorno sulla terra, nelle loro case di un tempo, dove dovevano trovarvi da mangiare, la tavola apparecchiata in segno di rispetto e di ricordo da parte dei vivi, allora se ne tornavano appagati alle loro tombe prima dell’alba, altrimenti facevano sui vivi le loro ritorsioni. Da qui l’usanza "banalizzata" del trick-or-treat ( **reats or tricks, dolcetti o scherzetti, firmano anche la notte delle streghe anglosassone, mutuata dalla leggenda celtica, secondo la quale il 31 di ottobre gli spiriti dei defunti tornavano sulla terra, alla ricerca di un corpo che restituisse loro la vita. Per sfuggire alla caccia, i vivi spegnevano i fuochi e si tingevano la pelle di nero.) Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, entrambe creature considerate però pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all’uomo. Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti. Il travestimento rappresenta uno dei rituali più pregnanti nella festa di Ognissanti: assumere le sembianze delle creature più spaventose che popolano il mondo degli spiriti, folletti, streghe, zombie, vampiri serviva a nascondersi dai defunti che notoriamente quella notte si mescolavano ai viventi e potevano diventare molto pericolosi. Per allontanare l’ira funesta dei defunti durante Halloween, era usanza collocare sulla porta di casa una zucca scavata, con la forma e le fattezze di un viso comico o spaventoso, ponendovi all’interno una candela accesa: la testa è la parte più importante e potente del nostro corpo, poiché contiene lo spirito e la conoscenza. DOLCETTI DI HALLOWEEN NELLA TRADIZIONE ANGLOFONA Un dolce tipico di Halloween è il "Toffee" o "Taffy": si tratta di una mela candita poiché intinta in uno sciroppo di zucchero e a volte cosparsa di nocciole. I bambini ne andavano ghiotti, ma poi sono iniziate a girare strane voci, secondo cui qualche malintenzionato si divertirebbe ad inserire nelle mele spille o lame di rasoio; molti genitori, quindi, hanno ritenuto pericoloso propinare questo dolce squisito ai loro piccoli, così quest’abitudine è andata via via scemando. Un’altra dolce prelibatezza, tipicamente irlandese, è il "Barmbrack", una leggera torta di frutta in cui, prima di essere infornata, vengono infilati vari oggetti che predicono il futuro: un anello, una moneta, un pisello, un bastone e un pezzo di stoffa. Il pisello indica che colui o colei che l’ha trovato nella fetta di torta, quell’anno non convolerà a giuste nozze; il bastone, con cui colpire la moglie, indica un matrimonio infelice e travagliato; il pezzo di stoffa rappresenta la povertà, la moneta, ovviamente, la ricchezza e il benessere. Si ritiene invece che colui o colei a cui capita l’anello, troverà l’amore vero nell’arco di un anno. IN ITALIA Dal Nord al Sud si rinnova ogni anno l´omaggio che i morti, per tradizione, fanno ai vivi e col quale i vivi ricordano i morti: pupi di zucchero, frutti di martorana, torroncini, biscotti secchi (LICIA GRANELLO REPUBBLICA 25/10/2009) Secondo la cultura tradizionale di molte località italiane, la notte del Giorno dei Morti le anime dei defunti tornerebbero dall’al di là effettuando delle processioni per le vie del borgo. In alcune zone, confermemente a quanto avviene nel mondo anglosassone, in occasione della festa di Ognissanti, era tradizione scavare e intagliare le zucche e porvi poi una candela all’interno per utilizzarle come lanterne.  tradizione in Italia preparare dolci particolari nei giorni a ridosso del 2 novembre, che spesso ricordano nel nome questa ricorrenza o nella forma e consistenza quella di un osso. Altro riferimento ricorrente è alle dita delle mani, mentre il dolce a forma di cavallo è probabilmente legato alla leggenda di Proserpina. Ancora oggi la notte tra l’1 ed il 2 novembre, si pongono questi dolci su tavole imbandite, sicuri che verranno frequentate dai propri defunti. I dolci dei morti contengono ingredienti semplici come farina, uova, zucchero ed aromatizzanti; spesso sono presenti mandorle finemente triturate o talvolta anche cioccolato, marmellata e frutta candita. La tradizione siciliana vuole che a preparare le "cose dei morti", siano i defunti della famiglia: nonni, zii, o anche lontani parenti, tutti i cari estinti che si cimentavano con cannella, zucchero, chiodi di garofano, marmellata di cotogne, di mandarino, di cedro. La notte tra il primo ed il due novembre prima di andare a dormire i bambini mettevano le scarpe dietro la porta della stanza da letto. I morti ”scendevano” e riempivano le scarpe di caramelle, dolci, giocattoli, frutta di marturana e pupi di zucchero. «Di tutti i legumi la fava è regina, cotta la sera, scaldata la mattina», recita un antico detto popolare. Ma la fava è conosciuta soprattutto come frutto della terra sacro ai morti (da Pitagora agli Etruschi). Ad addolcirne la fama oscura, i rustici biscotti che ne ricordano la forma a losanga (fave dei morti), in concorrenza con quelli a forma di tibia (ossa dei morti). E poi torroncini, pupazzetti, e le dolcissime rotelle croccanti, come gli anelli che i fidanzati regalavano per l´occasione all´amata, chiedendo la benevolenza dei trapassati della famiglia. Nel novero dei biscotti tipici della festa dei morti troviamo "Fave da morto", "fave dei morti" o "fave dolci": sono pasticcini alla mandorla, di forma ovoidale e schiacciata, cosparsi di zucchero a velo, hanno l’aspetto di un amaretto, ma presentano una consistenza maggiore e sono tipici del centro Italia, dunque Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Marche ed Umbria. Differenti, seppur sempre a base di mandorla, sono le "Favette dei Morti", presenti soprattutto in Veneto e Friuli Venezia Giulia, tri-colori (panna, marroni e rosa) e variano dal croccante al morbido, nella versione triestina. Le "Ossa da mordere"sono biscotti di consistenza dura, con mandorle ed albume d’uovo, tipici di Piemonte e Lombardia. In Veneto si preparano le"Ossa di morto", biscotti dalla forma oblunga, talvolta ricoperti da cioccolato e di consistenza molto secca nella tradizione siciliana. Con zucchero, farina, albume e acqua di chiodi di garofano, vengono chiamate anche " Paste di Garofano". Molto spesso confuse con le " Mustazzola", le quali,invece, sono fatte con un impasto di miele e spezie, come il chiodo di garofano. Le "Ossa di morto" sono presenti anche nel Senese, con origine a Montepulciano, di consistenza friabile e di forma rotonda, sono impastati con le mandorle tritate. Tra i derivati del pane abbiamo "I cavalli", forme di pane di grandi dimensioni, a forma di cavallo, nella tradizione del Trentino-Alto Adige; "le mani": pani a forma circolare con due mani che si uniscono (Sicilia); "Pane dei morti": piccoli panini dolci, a base di biscotti sbriciolati, ripieni di frutta candita e confezionati su ostie (Lombardia). Derivati del marzapane Frutta di Martorana * "Dita di apostolo": dolce a forma di mano, a base di pasta all’uovo e riempito di mousse di ricotta e panna, tipico della pasticceria siciliana. Varianti del torrone "Torrone dei morti": presenti nella tradizione culinaria napoletana, sono torroni morbidi dalle dimensioni di 50-70cm, venduti a pezzi. A differenza del torrone classico, non sono a base di miele, ma di cacao, e sono preparati in vari gusti, con nocciole o frutta secca e candita, ma anche al caffè, o altri gusti ancora. Altro * Pupi di zucchero (o, in siciliano: pupaccena, pupi di zuccaro): presenti nella tradizione siciliana, si tratta di statuette di zucchero colorato, riproducenti paladini o generiche figure maschili e femminili (i morti, gli antenati della famiglia). "La colva", dolce pugliese che si prepara il 2 novembre a Foggia, Barletta e Bitonto, fatto con grano cotto, uva sultanina, noci e mandorle tritate, fichi secchi a pezzetti, scaglie di cioccolato fondente, chicchi di melagrana, zucchero e vincotto. I DOLCI DEI MORTI IN SICILIA. In Sicilia durante la notte di Ognissanti la credenza vuole che i defunti della famiglia lascino dei regali per i bambini insieme alla frutta di Martorana, inventata dalle suore benedettine del convento omonimo, e dedicata ai giorni della commemorazione. (LICIA GRANELLO REPUBBLICA 25/10/2009) ...biscotti fatti in casa o comprati, duri o semiduri, da riposto o da immediato consumo, "belli e brutti", con le mandorle o senza. Ad esempio le ossa di morto preparate per l’´occasione, ma anche i buccellati, le conchiglie di pistacchio, i bocconotti di pasta frolla, le minne delle vergini e le cassate, i meravigliosi frutti di marturana o di pasta reale, i pupi di zucchero e i giocattoli. STEFANO MALATESTA 26/10/2009 REPUBBLICA Nella provincia di MASSA CARRARA la giornata è l’occasione del bèn d’i morti, con il quale in origine gli estinti lasciavano in eredità alla famiglia l’onere di distribuire cibo ai più bisognosi, mentre chi possedeva una cantina offriva ad ognuno un bicchiere di vino; ai bambini inoltre veniva messa al collo una collana fatta di mele e castagne bollite. Nella zona del monte Argentario era tradizione cucire delle grandi tasche sulla parte anteriore dei vestiti dei bambini orfani, affinché ognuno potesse metterci qualcosa in offerta, cibo o denaro. Vi era inoltre l’usanza di mettere delle piccole scarpe sulle tombe dei bambini defunti perché si pensava che nella notte del 2 novembre le loro anime (dette angioletti) tornassero in mezzo ai vivi. In PUGLIA, particolarmente nelle zone di Foggia e Barletta, è tipico del giorno dei morti la preparazione della cosiddetta colva, un dolce composto da grano cotto, pezzi di cioccolato fondente, noci e mandorle tritate, chicchi di melagrana, uva passa e condito con zucchero e vincotto.