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 2009  ottobre 26 Lunedì calendario

LE PANTERE GRIGIE


«La cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno alla volta» diceva Abraham Lincoln. Nessuno in effetti dovrebbe sorprendersi nello scoprire che la popolazione sta invecchiando, e che questo comporterà non solo conseguenze importanti sul sistema previdenziale (come ha giustamente ricordato pochi giorni fa il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi), ma anche sugli stili di vita e di consumo, quindi sulla domanda e l’offerta del mercato. In Italia in particolare, sappiamo che l’incidenza percentuale della popolazione ultra sessantacinquenne è in rapida crescita (anche perché nel frattempo il tasso di natalità è diminuito): dal 13% nell’81 siamo passati a oltre il 20% (superando gli under 14) e per il futuro si prevede un aumento ulteriore del fenomeno.
Ma le aziende sono pronte a interpretare correttamente i consumi di questa grande ondata di baby boomers, in procinto di varcare la soglia della terza età?
«Non tutte – afferma Umberto Collesei dell’università Ca’ Foscari di Venezia, tra i primi studiosi in Italia a occuparsi di marketing per gli anziani già alla fine degli anni `80 – molte aziende hanno ancora in mente un’idea della terza età stereotipata e generica: non si rendono conto che la situazione in termini sociodemografici e psicologici oggi è ben più complessa. « Del resto ogni generazione ha caratteristiche proprie che vanno correttamente interpretate. Come scrivevano più di dieci anni fa Smith J. Walker e Ann Clurma nel loro manuale Rocking the age (tradotto in italiano: «Dal cavallo a dondolo al computer: il marketing generazionale»), ognuno di noi conserva delle caratteristiche durante tutto l’arco della propria vita che lo rendono simile ai propri coetanei: gusti, valori, preferenze che si formano a ridosso dell’adolescenza e dipendono in buona misura dalla situazione storica e sociale di quel momento. Questo è il motivo per cui i comportamenti dei baby boomers invecchiati non sono affatto simili a quelli adottati dalla generazione precedente (ossia quelli nati prima del 45) nella loro terza età. «Sul marketing degli anziani ci sono diverse altre precisazioni da fare. La più ovvia è che l’età non è necessariamente quella anagrafica, ma dipende molto da come ci si sente – aggiunge Collesei – Se si ha una pensione decorosa, una discreta salute e si è coltivata una passione nell’età giovanile, ci può essere una eccellente tenuta dei consumi anche dopo i 65». In effetti il termine `anziano’ sottende una varietà di situazioni.
Per comprendere meglio le differenze all’interno di questo universo, è stata condotta da Eurisko l’indagine «Senior» dalla quale emergono ben sei tipologie di persone: quattro delle quali – «housewives», «oldsenior», «ordinari» e «appagati» – sebbene con diverse sfumature, ricalcano un po’ il profilo del classico «anziano», e rappresentano complessivamente poco più del 70% della popolazione. Mentre le altre due sono: a) i «new senior» (16%) che, pur con qualche contraddizione (un certo timore per il proprio futuro), cercano di conciliare la perdita di centralità lavorativa con i nuovi interessi nel tempo libero, e b) le «pantere grigie», che rappresentano il 13% del totale. «Sono soprattutto questi ultimi a rappresentare la vera novità dei nostri tempi – spiega Paolo Anselmi di Eurisko – perché hanno un livello di istruzione elevato (38% laureati), che è determinante per gli stili di consumo e li porta verso attività che vanno molto al di là dei classici impegni da nonno (non a caso per il 60% sono imprenditori, liberi professionisti, dirigenti o funzionari). « Le «pantere grigie» sono soddisfatte del presente e al tempo stesso sono frementi per i progetti riguardanti il futuro (che spesso indirizzano nell’ambito del non profit). Insomma: nella testa di queste persone, l’ingresso nella terza età non comporta particolari cambiamenti: continueranno a investire finanziariamente e anche nei consumi tecnologici, mediatici e culturali, nello sport e nel tempo libero (soprattutto viaggi).
Rappresentano in definitiva un target molto interessante, a condizione che l’offerta sia ben mirata. «L’errore da non fare mai è quello di pensare a un prodotto o un servizio esplicitamente per `anziani’: perché loro non si sentono tali, pur richiedendo qualcosa di diverso rispetto ai 3040enni». «New senior» e «pantere grigie» possano anche rappresentare un bacino interessante per lo sviluppo di una nuova imprenditoria, creando valore economico per la società. Julie Logan, guru dell’imprenditoria della Cass Business School di Londra, e Chris Hendry, docente di Comportamento Organizzativo, hanno condotto una ricerca sul tema, scoprendo che le imprese avviate da imprenditori maturi hanno molte più probabilità di sopravvivenza, il che significa anche che un maggior sostegno a questi imprenditori si tradurrebbe in un interessante aumento del Pil e dell’occupazione.
«Dalla nostra ricerca emerge che tra i fattori più comuni che inducono le persone mature a non avviare una loro azienda c’è la mancanza di guide adeguate e di giusti modelli di comportamento. In effetti, servizi di sostegno a queste categorie di imprenditori potenziali sono scarsi, e gli over 65 finiscono per sentirsi sovrastati da un senso di fallimento, pensando che le loro idee non siano abbastanza `innovative’. La migliore soluzione sarebbe quella di stimolare l’autostima imprenditoriale, attraverso servizi di mentoring, coaching e training mirati» conclude Logan.