Arturo Zampaglione, Affari&finanza 26/10/2009, 26 ottobre 2009
I segreti di Paolo Pellegrini l’ingegnere italiano che fa sognare Wall Street- Negli Stati Uniti è una vera e propria star
I segreti di Paolo Pellegrini l’ingegnere italiano che fa sognare Wall Street- Negli Stati Uniti è una vera e propria star. Deve la sua fama al fatto di essere stato il primo a prevedere la crisi dei subprime. Oggi critica Obama e Bernanke Dal caotico rimescolamento delle carte ai vertici della finanza newyorkese, che in due anni di crisi ha spazzato via vecchie fortune, defenestrato potenti chief executive e ridotto sul lastrico molti gestori di fondi, è emerso un personaggio nuovo e singolare. Di Paolo Pellegrini, prima della tempesta, si parlava ben poco a Wall Street. Sì, chi lo aveva conosciuto da vicino, come William Michaelcheck, iol brillante fondatore e presidente di Mariner Investments, un gruppo di hedge funds, lo descriveva con toni entusiasti. "Paolo – diceva è un vero pensatore, con una straordinaria capacità di vedere quello che altri non vedono". Ma c’è voluta la bufera dei mutui subprime, che Pellegrini ha previsto prima di ogni altro, facendo guadagnare 3,5 miliardi di dollari ai fondi per cui lavorava, per trasformare il finanziere italiano in una vera star. Adesso Pellegrini, 52 anni, romano di nascita e cresciuto a Milano, viene intervistato sulla situazione economica dalla Cnbc, la rete di notizie economiche, e parla apertamente della sua "delusione" per le scelte di Barack Obama (di cui è stato un acceso sostenitore) e della "fiducia zero" per il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, che accusa di stampare moneta su istruzioni delle società finanziarie e a discapito di tutti gli americani. Bloomberg gli dedica lusinghieri profili, il settimanale New York racconta della sua Ferrari F430 con cui si diverte nel circuito di Monticello, il New York Post svela che ha comprato un appartamento da quasi 10 milioni di dollari nello stesso palazzo di Central Park West dove abita anche Sting. E gli investitori aspettano con impazienza che Psqr Managerment, il fondo "macro" da lui creato l’anno scorso, apra le porte ai capitali esterni. Perché hanno tanta fretta? Semplice: a dispetto delle turbolenze di mercato, Psqr, (il nome è sia un anagramma del Spqr romano che l’acronimo in inglese di "Paolo al quadrato") ha avuto sin qui un rendimento spettacolare. Scommettendo sulla flessione del dollaro e dei titoli del Tesoro, ha guadagnato il 52,4 per cento da aprile a dicembre 2008, cioè nei primi nove mesi di vita, e addirittura l’80 per cento nel 2009. "Per avere successo in questa attività bisogna avere intuito strategico e basarsi su interpretazioni quantitative", spiega Pellegrini, 52 anni, parlandoci dal quarantunesimo piano del grattacielo nero nel centro di Manhattan che una volta era dell’Ibm e ora ospita molte finanziarie, oltre agli uffici della Psqr. E’ necessario anche, per sopravvivere in situazioni come quella attuale, in cui tutto cambia velocemente e non esistono modelli di riferimento, avere un approccio originale. Proprio questo è il segreto del finanziere. "Sin da quando frequentavo le elementari – dice – risolvevo i problemi di matematica in modi insoliti. E mi piace capire le cose da solo, non accettando passivamente le spiegazioni degli altri". Un approccio anticonformista che si è rivelato magico dal 2005 in poi. L’anno prima Pellegrini era andato a lavorare per Paulson & company, il gruppo creato nel 1994 da John Paulson, uno dei maggiori e più abili protagonisti del mondo degli hedge funds (ora ha un patrimonio personale di 6,8 miliardi di dollari). Più o meno coetanei, Paolo e John si erano conosciuti sui banchi della Harvard business school e per un breve periodo avevano lavorato nello stesso ufficio alla Bear Stearns. Paulson, che sperava di approfittare della nascente bolla creditizia, incaricò l’amico italiano di studiare il mercato immobiliare. Dalle ricerche di Pellegrini scaturì una risposta chiara: i prezzi del mattone erano sopravvalutati, molti mutui a tasso variabile sarebbero andati in default e per sfruttare la situazione si potevano comprare dei creditdefault swaps (cds), cioè dei contratti assicurativi sull’eventuale default delle emissioni garantite dai mutui subprime. Così il gruppo Paulson cominciò a accumulare cds, anche se all’inizio la scommessa pareva rischiosa perché, a dispetto delle previsioni, la bolla immobiliare continuava a gonfiarsi. Pellegrini fece nuove analisi servendosi di statistiche storiche sul mattone e mettendo in relazioni i prezzi delle case con i default. La conclusione: anche se i prezzi si fossero stabilizzati, interrompendo la crescita, il numero di default sarebbe salito vertiginosamente. A quel punto Paulson, noto per non ridere mai, accennò un sorriso e si misero tutti al lavoro raccogliendo miliardi su due fondi specializzati nella scommessa sui subprime, Credit Opportunities I e II, entrambi cogestiti da Pellegrini. A metà del 2006 la bolla raggiunse l’apice, poi cominciò a sgonfiarsi velocemente. Così, negli ultimi sei mesi di quell’anno Credit Opportunities guadagnò solo il 19,4 per cento, ma nel 2007 ebbe un vero un incremento spettacolare del 590 per cento. E anche nel 2008, mentre gli hedge funds hanno perso mediamente il 19 per cento, il fondo di Paulson ha registrato un +18,3 per cento, passando così in appena due anni da 7 a 30 miliardi di dollari di assets. Pellegrini non svela quanto ha intascato dalla operazione sui subprime: ammette però di aver creato la Psqr con 100 milioni di dollari in modo da proteggere il suo patrimonio. E alla fine dell’anno scorso ha deciso di lasciare il gruppo Paulson per dedicarsi unicamente al suo fondo. Perché il divorzio dopo un successo così eclatante? Di sicuro Paulson è un accentratore, prende da solo tutte le decisioni sugli investimenti e non aveva voglia di creare un fondo "macro" – cioè specializzato in operazioni su valute, commodities, titoli e altri strumenti per trarre vantaggio dai megatrend dell’economia mondiale come quello sognato da Pellegrini (e realizzato da personaggi come Julian Robertson e George Soros). "Avevo anche voglia di essere io al timone", dice Pellegrini ricordando la sua formazione ingegneristica e la passione per le organizzazioni complesse. Gli chiediamo: quanto hanno contato le sue origini italiane in questa brillante ascesa professionale? Lui ci pensa un attimo, soppesando i pro e i contro; poi risponde dall’alto del suo metro e 88: "Dal punto di vista intellettuale è stato un vantaggio e ho ancora una sensibilità ai problemi del mondo che è molta italiana. Mi piace anche andare in vacanza in Puglia, a Cortina, a Portofino, e mi sono sposato sul lago di Como con Henrietta (la terza moglie, che è inglese, ndr). Ma – aggiunge bisogna anche essere onesti: non è facile, come invece è successo a me, arrivare negli Stati Uniti con una laurea italiana. Per sfondare bisogna essere in grado di assimilare modelli diversi". Prima di aprire Psqr agli investitori esterni, Pellegrini vuole far rodare il suo hedge fund ed essere in grado di mostrare risultati concreti: anche per sfatare qualche dubbio sulle sue capacità, non certo di "fiutare le bolle" o di "scoprire in trend globali", che tutti gli riconoscono, bensì di operatore sui futures e le valute. Per ora può contare su dieci collaboratori, di cui uno a Londra: Alexis Patelis, 38 anni, exresponsabile delle previsioni sull’economia internazionale alla Merrill Lynch. E gira per il mondo – questa settimana è in Cina – perché è convinto che la crisi stia portando a uno spostamento geografico di ricchezze e opportunità, soprattutto verso l’Asia. E lui, che è scettico sulle prospettive degli Stati Uniti, intende allargare lo sguardo e annusare nuovi affari.