Guido Olimpio, Corriere della Sera 26/10/09, 26 ottobre 2009
Sesso, cattive amicizie e soldi. La spia che imbarazza Alberto - Robert Eringer si considera un «pulitore»
Sesso, cattive amicizie e soldi. La spia che imbarazza Alberto - Robert Eringer si considera un «pulitore». Capace di far sparire immagini compromettenti per «Sua Altezza», di sventare complotti. Metà agente segreto, metà angelo custode. Un compito che avrebbe svolto dal 2002 al 2007 a Montecarlo su incarico del principe Alberto. Un lavoro che – a suo dire – non è stato pagato come stabilito: per questo ha fatto causa al micro-Stato chiedendo che gli siano pagati 360 mila euro. Per dare peso all’azione legale il misterioso Eringer, 55 anni, residente in California, ha presentato documenti che raccontano di scenari alla James Bond e particolari imbarazzanti. Compresi quelli dell’Operazione Hound Dog, dove lo 007 vola a Parigi per contrastare un possibile ricatto ai danni del principe. Un americano era, infatti, in possesso di un video che ritraeva Alberto durante un rapporto sessuale con una spogliarellista. Immagini girate su uno yacht e poi finite nelle mani di qualcuno pronto ad usarle come arma di pressione. O ancora gli interventi per gestire le molte ragazze che sostenevano di aver avuto un figlio dal principe. Lo scaltro Eringer cita queste storie per dar lustro al suo ruolo ma in realtà sa bene che hanno il sapore della minaccia. Lui vuol far intendere di conoscere tanti segreti. E di cose ne dovrebbe sapere, visto Alberto lo ha chiamato, nel 2002, proprio per far pulizia nel Principato. Una richiesta di aiuto per contrastare presenze pericolose. Eringer crea dunque un suo ufficio, ribattezzato «M-base», dal quale dirige una serie di interventi. Con «Operazione Scribe» lancia una campagna di stampa che esalta «la lotta alla corruzione» promossa dal principe. Con «Operazione Spook» mette alla porta uomini d’affari stranieri ritenuti poco affidabili o, peggio, coinvolti in attività illecite. Contromisure che si aggiungono alle iniziative per neutralizzare gli assalti della Mafia italiana o per contenere l’influenza di «circoli massoni». Sempre con il suo piccolo apparato di intelligence, la superspia mette in guardia Alberto da amicizie pericolose, comprese quella con il figlio di Margaret Thatcher, Mark, e con personalità francesi coinvolte in un giro di tangenti legate all’Iraq. Eringer si batte anche contro i russi. Intesi come gangster e agenti del neo-Kgb che vogliono costruire una nuova testa di ponte nel Mediterraneo, oltre a quelle già stabilite in Costa Azzurra. Il capo della «M-base» sottolinea che Alberto, mal consigliato, si affida a collaboratori sbagliati. Persone che non fanno filtro oppure trescano alle sue spalle. Può accadere così che una trentenne greca, Kathryn Kechagia Aikterini, riesca a farsi passare per la figlia naturale di Gorbaciov ed apra un ufficio a Montecarlo. Verrà scoperta ed espulsa nel 2008. Una storia bizzarra che per Eringer è la prova di come sia facile entrare a corte. Anzi, lui è convinto che le troppe brecce abbiano aiutato la penetrazione dei servizi segreti russi. In un’altra occasione – sempre secondo la sua versione – un funzionario ha intascato una forte tangente da un libanese facendo credere che fosse destinata ad Alberto. Un suo collega, invece, avrebbe avuto un ruolo nella sparizione di preziosi quadri. Persone rimaste per troppo tempo in posizione chiave. Il principe, invece di cacciare i dipendenti infedeli – è la tesi di Eringer – ha messo alla porta il capo dello staff, Jean Luca Allavena, «uomo onesto e incorruttibile». Il velenoso dossier dell’ex spia, finito sul Sunday Times , ha provocato la reazione dei legali del Principato. «E’ tutto falso», è stato il loro commento. Altre fonti hanno invitato a guardare negli armadi di Eringer, coinvolto in un’oscura storia negli anni ”90 per bloccare un libro contro i proprietari di un famoso circo. A assoldarlo un veterano della Cia rimasto impigliato nello scandalo Irangate. Ma Eringer non nasconde certo il suo passato. Scrive libri sul tema, racconta di aver lavorato sotto copertura con l’Fbi e giura che alcune delle operazioni compiute a Montecarlo sono state finanziate proprio dalla Cia: «Alberto era d’accordo, si preoccupava solo che i francesi non lo venissero a sapere».