L. Farnese, Novella 2000, n. 43, 22/10/2009, pp. 30-31, 22 ottobre 2009
I critici gastronomici, sempre in liti con i chili. Per anni, da critico culinario del New York Times, ha pasteggiato sotto mentite spoglie in centinaia di ristoranti newyorkesi
I critici gastronomici, sempre in liti con i chili. Per anni, da critico culinario del New York Times, ha pasteggiato sotto mentite spoglie in centinaia di ristoranti newyorkesi. E il giorno dopo, sul giornale più letto d’America, ne decretava la vita. O la morte. Quella che lui, Frank Bruni, ha rischiato con la bulimia. Da cui non solo è guarito, ma che lo ha anche spinto a congedarsi al suo incarico con un’autobiografia, Born round, the secret history of a full time eater, ”La storia segreta di un mangiatore a tempo pieno”, in cui rivela che a salvarlo è stata l’Italia. Perché qui, i nostri, di gourmet, «mangiano con moderazione» porzioni meno «gigantesche», e sono amanti della «qualità e non della quantità». La verità però è un’altra. Certo, lo stile di approccio ai ristoranti, dall’anonimato al pagamento del conto, è simile a quello di Frank. La conferma arriva da Laura Ravaioli, chef del Gambero Rosso Chanel: «I critici nei ristoranti non si annunciano mai. Non prenotano. Se lo fanno, è con nome falso. Ordinano dal menu, mangiano e pagano il conto come un qualsiasi cliente». Alle volte si camuffano. E sono sempre influenti, alcuni in modo direttamente proporzionale al loro peso corporeo. Vedi Edoardo Raspelli. Da 34 anni lingua affilata della tavola nostrana in eterna lotta con la ciccia: «A forza di assecondare l’acquolina in bocca, a 60 anni sono arrivato a pesare 126 chili e ho un palloncino nello stomaco». Lui, per i suoi faccini neri di biasimo gastronomico, è finito 25 volte in tribunale (e 25 volte, dice, ha vinto). Una mattina un ristoratore milanese imbufalito gli ha perfino lasciato sotto casa una corona di fiori da morto. Forse anche per questo Raspelli paga tremila euro l’anno per una polizza unica al mondo: gusto e olfatto assicurati per 500 mila euro. «Questo mestiere in America è impossibile farlo, ma anche in Italia è una lotta continua con la bilancia», conferma l’esperto e saggista di gastronomia Allan Bay, «ed è molto più noioso di quel che sembra. Io, per esempio, non prenoto. Alle otto meno cinque, entro e dico: ”Sono solo, c’è un tavolo?». Alcuni mi riconoscono subito. Altri alla fine, quando chiedo il conto. Per una valutazione, spendo dai 30 agli 80 euro».