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 2009  ottobre 23 Venerdì calendario

Scudo fiscale, altolà della Svizzera- Il presidente Merz: «Attacchi italiani alla piazza finanziaria ticinese» BELLINZONA – La Svizzera rilancia: e se lo scudo fiscale ita­liano fosse in contrasto con le norme europee anti riciclaggio e con quelle sulla libera circolazio­ne dei capitali? Una questione che parte integrante della lettera che il parlamento del Canton Ti­cino ha spedito al presidente del­la Confederazione Elvetica Hans Rudolf Merz sollecitando contro­mosse all’amnistia fiscale decisa dall’Italia

Scudo fiscale, altolà della Svizzera- Il presidente Merz: «Attacchi italiani alla piazza finanziaria ticinese» BELLINZONA – La Svizzera rilancia: e se lo scudo fiscale ita­liano fosse in contrasto con le norme europee anti riciclaggio e con quelle sulla libera circolazio­ne dei capitali? Una questione che parte integrante della lettera che il parlamento del Canton Ti­cino ha spedito al presidente del­la Confederazione Elvetica Hans Rudolf Merz sollecitando contro­mosse all’amnistia fiscale decisa dall’Italia. E a riprova di quanto la questione sia presa sul serio, Merz ha diffuso ieri una nota in cui si dice «preoccupato per il modo di procedere dell’Italia» e per «gli attacchi alla piazza fi­nanziaria ticinese». La lettera, annunciata nei giorni scorsi e sottoscritta da tut­ti i partiti presenti nel Gran Con­siglio ticinese ad eccezione dei socialisti, è il primo atto ufficia­le contro lo scudo fiscale. Lune­dì scorso era stato chiesto a Ber­na di stracciare l’accordo con l’Italia che obbliga la Svizzera a versare a Roma il 40% delle trat­tenute sulle buste paga dei lavo­ratori frontalieri. Tale ritorsione è stata ribadita nella lettera dei parlamentari ticinesi ma è stata integrata con altre richieste; la questione insomma sta salendo di tono, non solo per gli effetti dello scudo fiscale ma anche per i giudizi espressi da Tremonti sulla Svizzera definita «paese po­co cooperativo in materia di scambio di informazioni». Giu­dizi che gli svizzeri non intendo­no far passare sotto silenzio. «Chiediamo – ecco un passo del messaggio trasmesso da Bel­linzona a Berna – che sia esami­nata la compatibilità delle misu­re previste dallo scudo fiscale italiano, in particolare per quan­to attiene l’obbligo del rimpa­trio dei capitali depositati in Svizzera, con le disposizioni del diritto internazionale sulla libe­ra circolazione dei capitali». Sempre l’assemblea ticinese in­vita «a valutare la possibilità di segnalare alle competenti autori­tà europee che la sospensione da parte dell’Italia dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette potrebbe rappresenta­re una chiara violazione della di­rettiva europea anti riciclag­gio ». A Lugano - che per valori de­positati è la terza piazza finanzia­ria elvetica, nonché la preferita dagli italiani - il clima di tensio­ne aumenta. Ieri sera il sito di analisi finanziaria Ticinofinanza ha diffuso un’indiscrezione in base alla quale le filiali ticinesi di banche italiane starebbero pensando di chiudere. «La moti­vazione – scrive il sito – sareb­be che gli istituti italiani nel peri­odo dopo-scudo potrebbero es­sere accusati di favorire la costi­tuzione di capitali all’estero e averne gravi conseguenze in pa­tria ». L’ipotesi è stata smentita da Franco Citterio, direttore del­l’associazione dei banchieri sviz­zeri: «Le succursali ticinesi degli istituti italiani – dice – sono a tutti gli effetti società di diritto elvetico e come tali non sottopo­ste a controlli da parte di stati esteri». Infine c’è una categoria in ap­prensione per le con­seguenze dello scu­do fiscale, i 50 mila pendolari italiani che lavorano in Sviz­zera, i cosiddetti frontalieri: quasi tut­ti hanno un conto ol­trefrontiera e quindi sarebbero sottoposti agli obblighi e alle sanzioni dello scudo fiscale. Ma si tratte­rebbe in questo caso di soldi non sottratti al fisco italiano ben­sì di redditi prodotti in Svizzera e lì par­cheggiati. Un’inter­rogazione perché venga introdotta una norma «salva frontalieri» è stata presen­tata ieri da vari parlamentari tra cui l’ex ministro del governo Prodi Cesare Damiano.