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 2009  ottobre 23 Venerdì calendario

Destinati al Sud (quasi) 90 miliardi «Ma non riusciamo a spenderli»- ROMA – Chi dice che non ci sono i soldi per il Sud? Di denari ce n’è una montagna

Destinati al Sud (quasi) 90 miliardi «Ma non riusciamo a spenderli»- ROMA – Chi dice che non ci sono i soldi per il Sud? Di denari ce n’è una montagna. Esattamente 89 miliardi e 700 milioni di euro, tra fondi struttu­rali europei e il famoso fondo per le aree sottoutilizzate. Peccato che tutti questi quattrini non si riescano a spendere se non in minima parte. La denuncia, l’ennesima, questa volta viene dall’associazione dei costrutto­ri (Ance), che presenta oggi a Lecce un documento dettagliato con cifre e ritardi. Considerando i soli investimenti in infrastrutture e costruzioni, secon­do i conti dell’Ance, presieduta da Pa­olo Buzzetti, ci sarebbero per il Mez­zogiorno relativamente al periodo 2007-2013 ben 34,7 miliardi, ovvero il 38,7% della somma complessiva a disposizione del Sud. Di questi, 16,7 miliardi sono a valere sui cosiddetti fondi strutturali europei e 18 miliar­di sul fondo aree sottoutilizzate. Del­la cifra totale, poi, 10,1 miliardi ri­guardano i programmi nazionali e la somma restante, pari a 24,6 miliardi di euro, i programmi regionali. E pro­prio qui sta il nocciolo del problema. Perché se i 10,1 miliardi dei piani na­zionali sono stati già stati quasi tutti quantomeno assegnati (anche se mol­ti progetti restano da approvare) lo stesso non si può dire per i program­mi regionali. Intanto, ai progetti delle Regioni che dovrebbero essere finanziati con il concorso dell’Europa, sostiene l’An­ce, non sono state ancora assegnate le risorse, con il rischio di veder per­dere quei fondi: 14 miliardi. Lo stato d’avanzamento è penoso. Per i pro­getti approvati si va da un minimo dello 0,40% della Sicilia a un massi­mo del 17,9% della Campania. Men­tre i pagamenti veri e propri oscilla­no dallo 0,01% della Sardegna (119.200 euro su 1,7 miliardi) a uno «stratosferico» 5,28% della Basilicata. Per non parlare dei programmi re­gionali da finanziare con il fondo per le aree sottoutilizzate, che qualcuno ha definito il «bancomat» da cui il go­verno prende i soldi per tutte le ne­cessità. Ora la Lega Nord propone ad­dirittura di prendere da lì i soldi per compensare l’eventuale deducibilità dell’Irap per le piccole e medie impre­se. Per le infrastrutture si parla di una cifra di 10 milioni e 560 milioni di euro del Fas quasi tutti ancora bloc­cati. Se il piano dell’Abruzzo è tuttora in fase di redazione (anche a causa del disastroso terremoto dell’Aqui­la), quello del Molise è in attesa della «presa d’atto» del Cipe da otto mesi, quello della Puglia da sette, quello sardo da circa sei mesi, quello della Campania da quattro. L’unico pro­gramma regionale che ha passato l’esame del Cipe è quello siciliano. Commentano i costruttori: «Stupi­sce che la questione del rilancio del­l’economia meridionale sia stata di­sgiunta dalla questione dl rilancio dell’economia nazionale e che soltan­to dopo aver varato tre decreti anticri­si e predisposto il disegno di legge fi­nanziaria, il governo l’abbia affronta­ta ». Tanto più, insiste l’Ance, che «ne­gli ultimi nove anni l’economia del Mezzogiorno è cresciuta meno di quella dell’intero Paese (la media an­nua è stata dello 0,6% contro l’1%)». A conferma della gravità dei «nodi strutturali». Fra questi, i tempi della giustizia civile, «che raggiungono li­velli superiori del 43% a quelli del Centro Nord per i processi ordinari e del 74% per i processi in materia di lavoro». Ma anche la scolarizzazione: su una media Ocse pari a 500, e un valore di 550 per la Cina, «il punteg­gio del quindicenni italiani si colloca a 466, che si articola in 510 per i ra­gazzi del Nord, 472 per quelli del Cen­tro e 426 per il Mezzogiorno». Lo spreco dei fondi strutturali, secondo l’Ance, è in questo quadro la ciliegina sulla torta. Il mancato utilizzo delle risorse sa­rebbe una delle cause che ha contri­buito a penalizzare la crescita econo­mica italiana. L’Italia è fra i 15 Paesi che hanno accesso a quei finanzia­menti ad aver registrato fra il 2004 e il 2008 quello ad aver registrato il più importante calo relativo del Prodotto interno lordo procapite. Fatta uguale a 100 la media dei 27 membri del­l’Unione, il Pil procapite dell’Italia era pari nel 2004 a 106,7: lo scorso anno, in base a elaborazioni dell’associazio­ne dei costruttori sui dati Eurostat, era sceso a 100,5. Al contrario il Pil procapite dalla Spagna, che nel 2004 toccava il livello di 101, nel 2008 ave­va raggiunto 103,4: quasi tre punti in più dell’Italia. Soltanto nel giro di quattro anni abbiamo perduto nei confronti del Paese iberico 8,6 punti percentuali. Un sorpasso neanche troppo sorprendente, se si considera che il tasso medio annuo di crescita della Spagna è stato fra il 2005 e il 2008 più del triplo rispetto all’Italia (3% contro 08,%) e sei volte nei con­fronti del Mezzogiorno (0,5%).