Aldo Cazzullo, Corriere della sera 23/10/2009, 23 ottobre 2009
«Nei partiti esiste la corruzione ma l’attacco arriva dalla mafia»- Pisanu: la ricostruzione in Abruzzo e l’Expo a rischio infiltrazioni ROMA – «Angelo Panebianco ha ragione, quando sul Corriere punta il dito, più che sulla corruzione dei partiti, sull’infezione mafiosa in vaste zone della comunità meridionale
«Nei partiti esiste la corruzione ma l’attacco arriva dalla mafia»- Pisanu: la ricostruzione in Abruzzo e l’Expo a rischio infiltrazioni ROMA – «Angelo Panebianco ha ragione, quando sul Corriere punta il dito, più che sulla corruzione dei partiti, sull’infezione mafiosa in vaste zone della comunità meridionale. Un’infezione che investe pesantemente l’economia, la società e le istituzioni del Mezzogiorno. E che si sta allargando al resto del Paese. Un osservatore come me, che vede tante cose, se guarda oggi alla ricostruzione dell’Aquila, al ponte sullo Stretto, all’Expo di Milano, vede già muoversi dal Sud, dal Nord, dal Centro d’Italia forze che tendono a mettere sotto assedio queste grandi iniziative e ad aggredirle». Giuseppe Pisanu, ex ministro dell’Interno, presidente dell’Anfimafia, ha sotto gli occhi la ricerca durata sette mesi che ha commissionato al Censis: « la prova che le quattro regioni più direttamente investite dalle mafie – la Sicilia con Cosa Nostra, la Calabria con la ”ndrangheta, la Campania con la camorra, la Puglia con la sacra corona unita – sono anche le quattro regioni più povere e disperate d’Italia. I criminali esercitano il potere grazie all’assenza di mercato e di fiducia: le mafie controllano il mercato, attraverso il racket, l’usura e la proprietà stessa delle aziende, e puntano sulla mancanza di fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sul decadimento dello spirito pubblico. Così i fenomeni mafiosi colpiscono in maniera diretta 13 milioni di abitanti: il 77% della popolazione delle quattro regioni e il 22% dell’intera popolazione nazionale. Questo significa che 3 siciliani (o calabresi, campani, pugliesi) su 4 sono vittime dell’oppressione mafiosa. Qui il pil è più basso e la disoccupazione è più alta non solo rispetto al resto d’Italia, ma anche alle altre regioni del Sud: Sardegna, Abruzzo, Molise, Basilicata. Il punto non è la penetrazione delle mafie nei partiti; è la devastazione della società, la quale non può che produrre partiti corrotti». Sostiene Pisanu che «le mafie costituiscono al tempo stesso la principale causa e il principale effetto del mancato sviluppo di gran parte del Mezzogiorno. Ma, attenzione: sui 27 mila reati di tipo mafioso denunciati ogni anno, la metà risulta commessi nelle quattro regioni più colpite; l’altra metà nel resto d’Italia. Le mafie hanno avuto origine nel Sud, ma da almeno quarant’anni hanno risalito la penisola, si sono insediate nel Nord – dove il grado di sofisticazione della presenza mafiosa è molto più elevato e quindi molto più difficile da scoprire – e hanno esteso le loro attività all’Europa e al resto del mondo. Le organizzazioni italiane sono funeste protagoniste della globalizzazione del crimine: anche i cartelli della droga tendono ad adottare i modelli organizzativi delle nostre mafie». Inutile chiedere a Pisanu una valutazione sulle vicende di questi giorni: i guai del Pd al Sud, il caso Mastella, quello del segretario campano del Pdl Nicola Cosentino. «Come presidente dell’Antimafia posso essere a conoscenza di informazioni che mi impediscono assolutamente di entrare nel merito». C’è però un timore generale che Pisanu denuncia: la riforma federalista non sarà una medicina, ma rischia di aggravare il male. «I criminali rivelano una straordinaria capacità di entrare nella società e nelle istituzioni. Nel Sud questo avviene in forma particolarmente aggressiva nei confronti della pubblica amministrazione. Prima con la Cassa del Mezzogiorno, poi con i fondi europei, il meccanismo di intervento pubblico ha favorito la frammentazione delle iniziative e la dispersione delle risorse. Le amministrazioni regionali e comunali – deboli, prive di capacità progettuale e visione unitaria dello sviluppo – sono diventate preda facile delle organizzazioni criminali, che hanno invaso l’economia e influenzato a loro favore le decisioni». Nessun ceto sociale è esente: «La penetrazione delle mafie avviene attraverso quella che veniva chiamata la borghesia mafiosa: una zona grigia fatta da banchieri, avvocati, notai, commercialisti, mediatori finanziari che raccorda il braccio politico-affaristico delle mafie con il mondo dell’economia, e così trasforma pian piano l’organizzazione vera e propria in un sistema criminale integrato nella società civile. Questa zona grigia, questo luogo di passaggio contribuisce a mimetizzare sempre meglio le attività criminali nelle ordinarie attività economiche. Tutti i fenomeni di riciclaggio passano da lì. Si è creato un intreccio finanziario tra economia legale e economia illegale sempre più inestricabile. All’apparenza sono imprese perfettamente lecite, immuni da qualsiasi contaminazione; ma, quando si va a guardare alla rete delle loro relazioni, si scopre sempre che in realtà ci sono connessioni che garantiscono al fiume di capitali mafiosi che allaga ogni angolo dell’economia nazionale – secondo me, non meno di 130 miliardi di euro l’anno – di essere canalizzato verso gli obiettivi». Da qui l’allarme per l’Expo, le grandi opere come il ponte sullo Stretto, la ricostruzione dell’Aquila. «In Abruzzo sono state individuate ed espulse alcune società parse ai primi controlli immuni da infiltrazioni mafiose. Il sistema funziona, perché in questa fase è ancora centralizzato: da un lato c’è Bertolaso, dall’altro il prefetto dell’Aquila, eccellente investigatore con grande esperienza da direttore di servizi segreti. Quando con il primo gennaio si passerà alla fase della ricostruzione vera e propria, si moltiplicheranno i centri di decisione, e l’aggressione sarà molto ma molto più pesante». Questo, conclude Pisanu, vale anche per il federalismo fiscale, «che estenderà l’infezione se non verrà prima sterilizzata. Il federalismo richiede amministrazioni locali efficaci e trasparenti; se invece sono fragili, il potere decentrato sarà più democratico, ma anche più vulnerabile. Quando Panebianco propone di commissariare tutto, un po’ esagera, ma esprime un contenuto di verità».