Economy, 28/10/2009, 28 ottobre 2009
Anche sui divani l’Economist sta fuori posto - Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel 2° trimestre del 2009 l’export mondiale è diminuito in valore del 33% rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente: una cifra che da sola è sufficiente per far capire quanto sia grave la recessione in corso
Anche sui divani l’Economist sta fuori posto - Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel 2° trimestre del 2009 l’export mondiale è diminuito in valore del 33% rispetto al corrispondente trimestre dell’anno precedente: una cifra che da sola è sufficiente per far capire quanto sia grave la recessione in corso. Eppure, persino di fronte a una simile catastrofe, che non ha risparmiato nessun Paese e quasi nessun settore produttivo, c’è chi, come la stampa britannica, anziché interrogarsi sulle cause profonde della crisi stessa, che ha radici soprattutto anglosassoni, non perde il vizio, che sta quasi trasfonnandosi in un tic nervoso, di tranciare giudizi sommari e talvolta quasi sprezzanti sulló stato delle economie altrui. Questa settimana è la volta dell’Economist che, invece di occuparsi delle sempre più imbarazzanti difficoltà dell’economia della Gran Bretagna e del premier Gordon Brown, in un reportage da Matera giunge alla conclusione che i distretti industriali italiani «non hanno saputo resistere alla recessione come sperato», come dimostrerebbe l’agonia del locale distretto dei divani. Si tratta dell’ennesimo epitaffio che il settimanale britannico scrive sulla nostra economia, come ne ha già scritti molti, fortunatamente sempre sbagliati, negli ultimi anni. Come italiani e come studiosi, diciamolo una volta per tutte, ci siamo abbastanza stancati di questa presunzione della stampa inglese di poter dare continuamente lezioni all’Italia. Nel recente passato abbiamo ricevuto saccenti ramanzine dall’Economist sul debito pubblico mentre dobbiamo ora constatare che, secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2014 la Gran Bretagna arriverà ad avere un rapporto debito/Pil del 100%, dunque solo di poco inferiore a quello che aveva l’Italia prima dello scoppio della crisi. Sempre l’Economist ci ha rivolto ripetuti inviti a ridurre ulteriormente il peso dello Stato nell’economia, ma alla fine è stata l’Inghilterra e non l’Italia a dover nazionalizzare le sue più grandi banche per salvarle dal crac finanziario. E ancora: non è forse la sterlina la moneta oggi più malata del mondo assieme al dollaro? Eppure non abbiamo visto sulla copertina dell’Economist la vignetta della Gran Bretagna sorretta dalle stampelle, come invece fu disegnata nel 2005 l’Italia, a quel tempo definita la «vera malata d’Europa». Sui distretti potremmo semplicemente obiettare al settimanale inglese che non si può fare di tutta l’erba un fascio: è vero che il distretto dei divani di Matera è in difficoltà, ma esso non rappresenta l’universo dei distretti industriali italiani. un po’ come se noi, per un eccesso di accanimento malizioso, prendessimo la Northern Rock come metro per dare un giudizio sullo stato di salute complessivo dell’economia inglese. Mentre altri distretti citati nell’articolo, come Prato, Corno, Biella e Varese nel tessile-abbigliamento e le Marche nelle calzature, pur con tutti i problemi determinati dalla recessione, restano dei pilastri manifatturieri non solo dell’Italia ma dell’intera Europa, nonostante l’opinione contraria dell’inviato dell’Economist. Preferiamo però far parlare, più che le opinioni, le cifre. Infatti, nel primo semestre 2009 l’export dei 101 principali distretti industriali italiani, secondo l’Indice elaborato dalla Fondazione Edison, è diminuito del 21% mentre l’export inglese secondo l’Eurostat è calato del 24%. Negli ultimi dodici mesi sino a giugno 2009 la bilancia manifatturiera con l’estero dell’Italia, nonostante la paralisi del commercio mondiale, è rimasta in surplus per ben 56 miliardi di euro, mentre la Gran Bretagna ha accusato un pesantissimo deficit di 61 miliardi. E, comunque, persino l’export del bistrattato distretto dei divani di Bari Matera e quello dei distretti tessili del Nord Italia è diminuito percentualmente allo stesso modo dell’export inglese, mentre l’export tessile di Prato è calato molto di meno (-18%), così come quello calzaturiero delle Marche (-19%).