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 2009  ottobre 23 Venerdì calendario

A New York il «World Pasta Day» - La Casa Bianca e Hollywood sono forse i migliori testimonial che la pasta possa avere negli Stati Uniti

A New York il «World Pasta Day» - La Casa Bianca e Hollywood sono forse i migliori testimonial che la pasta possa avere negli Stati Uniti. Oltretutto, gratis. Barack e Michelle Obama amano gli stringozzi alla carbonara e non si contano i divi del cinema che si sono dichiarati consumatori accaniti di spaghetti, tagliatelle & C. Non sono i soli, negli Usa. Il 77% degli americani, 8 su 10 (230 milioni di persone), mangia pasta almeno una volta a settimana e un 33% la gusta tre o più volte, fa sapere l’Unione industriali pastai italiani (Unipi), in vista del «World Pasta Day», che si aprirà lunedì a New York. Un summit di 200 delegati, in cui si farà il punto sul business del settore nel mondo. Con un occhio, naturalmente, anche e soprattutto all’Italia. Il Bel Paese è al primo posto nei consumi, con 1,5 milioni di tonnellate, per un controvalore di 2,8 miliardi di euro. Fanno 26 chili pro capite. Il Venezuela è al secondo posto con 12,9 chili, seguono Tunisia e Grecia. Gli Stati Uniti, con 9 chili (1,5 miliardi di confezioni vendute, un mercato di 6,4 miliardi di dollari), sono al sesto posto con la Svezia. Negli Usa, inoltre, i consumi sono in ripresa, con un +0,4%. Anche in Italia, del resto, si mangia più pasta. L’Unipi registra nel 2009 un +2%, anche grazie «alla parallela discesa dei prezzi». Su questo punto, c’è stata battaglia di recente. «I dati sono dell’Istat: i prezzi sono diminuiti dall’agosto 2008 a agosto 2009 del 2,2%, e del 3,5% a settembre» precisano gli industriali pastai. Coldiretti, però, parla di listini stabili, con un ricarico del 400% sul chilo di pasta, rispetto al prezzo del grano duro alla produzione, che è in picchiata. L’associazione attacca anche sul fronte del grano: le semine di quest’anno faranno segnare un -30% in Italia. «Si importa sempre più grano dall’estero». Lo si fa da sempre, risponde l’Unipi: non è la produzione della materia prima il «plus» del made in Italy. la sua trasformazione. L’Italia produce pasta per 3,2 milioni di tonnellate, davanti a Stati Uniti (2 milioni), Brasile e Russia. In pratica, un «primo» su quattro consumato nel mondo è fatto con pasta italiana. «Nel 2008 abbiamo esportato il 50% della produzione, 1,6 milioni di tonnellate, finite principalmente sulle tavole di Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, per un controvalore di 2 miliardi di euro», precisa ancora l’Unipi, che si prepara ora a lanciare un nuovo grande assalto al mercato americano, con lo slogan «Un piatto di pasta sulla tavola di ogni famiglia». Uno slogan che si fonda sull’appeal del prodotto, ma anche sulle sue virtù. Paolo Barilla, a New York, parlerà dei vantaggi dei carboidrati «buoni» e del primato «della dieta mediterranea» sui «modelli alimentari non sostenibili, basati ad esempio sull’eccessivo consumo di carne». Filosofie come quella del fast-food che hanno pesanti impatti sulla salute, con alti costi economici e sociali. E a proposito di soldi: la National Pasta Association ha calcolato che una famiglia Usa di 4 persone può mangiare un «primo» spendendo l’equivalente di un «Big Mac». Una porzione di spaghetti costa 83 cent, l’hamburger-simbolo 3,54 dollari.