Davide Frattini, Corriere della sera 21/10/2009, 21 ottobre 2009
L’inchiostro lavabile e tutti i trucchi del voto- Khost: 72.958 donne contro 38.500 uomini. Paktiya: 87
L’inchiostro lavabile e tutti i trucchi del voto- Khost: 72.958 donne contro 38.500 uomini. Paktiya: 87.600 donne contro 50.250 uomini. Logar: 36.849 donne contro 14.342 uomini. Nelle province più tradizionaliste dell’Afghanistan, in villaggi dove la moglie non può uscire di casa da sola, ci sarebbe stato un rigurgito (e la libertà di realizzarlo) dell’impegno politico femminile. Almeno a leggere il registro della commissione elettorale. Che ha censito gli aventi diritto al voto e distribuito le schede da infilare nelle urne. «Per legge il certificato avrebbe dovuto essere ritirato di persona. I funzionari avevano l’ordine di scattare una foto e prendere le impronte digitali. Se non lo hanno fatto, vuol dire che sono corrotti», spiega Sima Samar, attivista afghana. E’ andata che i mariti e i capi clan si sono presentati agli uffici locali del governo, hanno preso i documenti per tutta la famiglia o la tribù. Il giorno del voto hanno riportato le cartelle compilate con la scelta del candidato, perché le donne non potevano farsi vedere in pubblico. E’ andata che probabilmente hanno «votato» anche i bambini o ragazze mai esistite. «A Kandahar – ricorda il quotidiano britannico Guardian – qualche spiritoso ha registrato il nome di Britney Jamilia Spears». E’ andata che gli aventi diritto al voto calcolati sono stati 17 milioni, tra loro – accusano gli avversari di Hamid Karzai – 3,5 milioni di minori. L’ultimo censimento ufficiale afghano risale a trent’anni fa, la Cia stima la popolazione attorno ai 28 milioni, la metà sotto i 18 anni. La conta non torna. Come dimostra la decisione di andare al ballotaggio e come ha ripetuto per settimane Peter Galbraith, (ex) inviato dell’Onu a Kabul. E’ stato richiamato dopo una disputa con il capo, il norvegese Kai Eide, che guida la missione delle Nazioni Unite e ha sempre cercato di non enfatizzare le irregolarità. «Nel 2004 il voto era stato coordinato dall’Onu – scrive Galbraith sul Washington Post ”. Questa volta il lavoro è stato affidato alla Commissione elettorale indipendente: malgrado il nome, è sottomessa a Karzai, che ne ha nominato i sette membri. I brogli hanno regalato ai talebani la vittoria strategica più importante in otto anni di guer ra contro gli Stati Uniti e i loro alleati. Che hanno speso oltre 300 milioni di dollari, oltre all’impegno militare, perché queste elezioni si potessero svolgere». Kai Ede ci ha messo la faccia (a volte perplessa) e un dito bagnato d’inchiostro. Per dimostrare che il colore indelebile (impedisce di votare due volte) fosse davvero indelebile, si è presentato davanti alle telecamere e ha provato a lavarsi l’indice con i saponi più comuni. Venti minuti dopo l’apertura delle urne – raccontano i testimoni – la gente si sbiancava le mani con un detergente per il water. «Queste sono state le prime elezioni totalmente afghane degli ultimi trent’anni. E’ un fatto importante », commenta Ettore Francesco Sequi, l’italiano che l’Unione Europea ha voluto come inviato speciale. «Tremila muli hanno portato le schede in villaggi dove non arriva una strada e dove gli abitanti non avevano mai visto una penna. Lo sforzo è stato grande e adesso il ballottaggio può ridare una certa credibilità a tutto il processo. Ho la sensazione che già prima del 7 novembre, Karzai e Abdullah Abdullah troveranno l’accordo per un programma condiviso». I diplomatici occidentali più disillusi ricordano che il presidente ha organizzato solo cinque comizi nei mesi di campagna elettorale. «Il resto del tempo è rimasto a palazzo – scrive ancora il Guardian – per trattare con i signori della guerra e i leader tribali ». Ha scelto un tagiko come candidato vice e ha promesso agli hazara l’autonomia di alcune loro aree. Dove le promesse non bastavano, i boss locali avrebbero imposto con le minacce il nome da infilare nell’urna.