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 2009  ottobre 21 Mercoledì calendario

Cosentino: contro di me il clan dei perdenti- Il sottosegretario inquisito: io l’uomo giusto Il veto di Bocchino? Mi attengo alle dichiarazioni NAPOLI – Se Nicola Cosentino avesse un consulente per la comu­nicazione gli renderebbe la vita un inferno

Cosentino: contro di me il clan dei perdenti- Il sottosegretario inquisito: io l’uomo giusto Il veto di Bocchino? Mi attengo alle dichiarazioni NAPOLI – Se Nicola Cosentino avesse un consulente per la comu­nicazione gli renderebbe la vita un inferno. E quello forse si dimette­rebbe sentendolo commentare co­sì l’ostracismo che qualcuno all’in­terno del Pdl sta facendo alla sua candidatura per le regionali in Campania della prossima primave­ra: «Contro di me si sta muovendo il clan dei perdenti». D’accordo che in politica gli schieramenti e le correnti spesso vengono definiti clan, ma uno che è sotto inchiesta con l’accusa di es­sere il referente politico-istituzio­nale dei Casalesi, la cosca più po­tente della camorra, quella parola dovrebbe proprio evitarla. Dimen­ticarla. E invece: «Per sbarrarmi la strada si è mobilitato il clan dei perdenti e pure calunniatori. il si­stema che cerca di conservare se stesso». E passando dalle parole ai nomi e cognomi ecco Alfredo Vito, il de­mocristiano tangentista della Pri­ma Repubblica che da solo prende­va centomila preferenze, che va chiedendo da tempo un candidato diverso dal sottosegretario nato a Casal di Principe. Cosentino lo li­quida così: «Vito non è stato candi­dato nelle liste del Pdl, e ritiene che io ne sia la causa. Ne fa una questione personale». E Italo Boc­chino, il vicecapogruppo alla Ca­mera che ufficialmente dice «Co­sentino ha diritto alla candidatu­ra », ma dietro le quinte (nemme­no tanto) si muove per altre solu­zioni? Ieri alla riunione fra i tre co­ordinatori nazionali del Popolo del­la libertà (Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini) e Gian­franco Fini, è stato il presidente della Camera – di cui Bocchino è un fedelissimo – a porre quasi un veto alla candidatura di Cosentino. Il sottosegretario replica a toni bas­si, si limita a dire che «Fini è cofon­datore del Pdl, quindi ha tutto il di­ritto di dire la sua e io non devo rispondergli». E pure su Bocchino fa finta di niente: «Io preferisco at­tenermi alle sue dichiarazioni pub­bliche, che sono sempre state favo­revoli a me. Altro non mi sembra il caso di aggiungere». Poi, però, tira fuori un’altra defi­nizione dei nemici interni: «Quelli che hanno governato lo sconfitti­smo », e stavolta la parola, per quanto brutta, è efficace. Perché, senza farne i nomi, indica chi fino­ra non è riuscito a sottrarre al cen­trosinistra la Regione Campania: nel 2000 fu sacrificato contro un Bassolino imbattibile il desapareci­do Emiddio Novi, e certo Cosenti­no non si riferisce a lui. Poi nel 2005 il centrodestra ci provò con maggiore convinzione ma Bassoli­no stravinse con oltre il 61 per cen­to dei consensi. Il suo rivale era Ita­lo Bocchino. «Io – dice Cosentino – sono il candidato naturale portato dal ter­ritorio. Sono l’uomo adatto, dopo le nostre vittorie nelle province di Napoli, Salerno e Avellino, per con­sacrare il successo del centrode­stra portandolo alla guida della Re­gione ». Come dire: non si illuda Fi­ni che in quel commento così di­plomatico ci sia anche solo un ac­cenno di resa. La strategia che Co­sentino e i suoi oppongono al veto del presidente della Camera è già delineata. Rilanceranno proponen­do Pasquale Viespoli (ex An) in Campania e chiedendo che nel La­zio salti la candidatura della sinda­calista Renata Polverini, pure lei di provenienza An. Proposta inaccettabile, e Cosenti­no lo sa. Ma lui ha fretta dell’investi­tura ufficiale. Perché gli darebbe il massimo del potere nella sua terra e anche perché ogni giorno che passa lo avvicina a quando il gip del tribunale di Napoli che sta esa­minando la sua posizione, decide­rà quali provvedimenti adottare. «Io non lo so a che punto è questa storia dell’inchiesta», dice. «Ma mi chiedo: perché se ne parla proprio adesso? Perché ieri mattina apro i giornali e trovo che si parla di me per una roba vecchia e senza che ci sia nessun elemento di novità? La risposta è una sola: questo è uso politico di una vicenda giudizia­ria ». Opera dei perdenti, dei calun­niatori, degli «sconfittisti»? «Vab­bè, però c’è pure un centrosinistra che cerca in tutti i modi di difende­re i privilegi che ha accumulato. Quello stesso centrosinistra che in Parlamento ha presentato non so più quante mozioni di sfiducia nei miei confronti senza essere poi nemmeno capace di sostenerle». «Ma io non ho nulla da temere. Ho annunciato pubblicamente e ri­petutamente che quando sarò uffi­cialmente candidato per le regiona­li mi dimetterò da parlamentare, ri­nunciando quindi all’immunità. E questa mi sembra la dimostrazio­ne più chiara che non ho la co­scienza a posto e che sono un can­didato più che presentabile».