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 2009  ottobre 21 Mercoledì calendario

Carniti: la riduzione dell’orario e il sogno di un lavoro «normale»- ROMA – «La mia è la cultura della conversione

Carniti: la riduzione dell’orario e il sogno di un lavoro «normale»- ROMA – «La mia è la cultura della conversione. Di conseguenza non posso che salutare positivamente anche la conversione di Giulio Tremonti sulla via di Damasco», scherza Pierre Carniti, ex segretario genera­le della Cisl. Non ha forse ragione il ministro dell’Economia a difendere il posto fisso? «Certo che ha ragione. Purtroppo per molti il posto fisso è a casa. Come ripete il governatore della Banca d’Italia, dei 3 milioni 600 mila lavoratori atipici un mi­lione 600 mila non hanno alcuna protezione sociale. Al di là dei discorsi, la crisi è ben lungi dall’essere risol­ta. I cerotti dei governi per evitare il fallimento delle banche hanno messo un po’ di polvere sotto il tappe­to... ». Che cosa ci dobbiamo aspettare? «L’Italia ha perso 6 punti di Pil fra il 2008 e il 2009, e per recuperarli, ai nostri tassi di crescita asfittici, servi­ranno anni». Quanti, secondo lei? «Cinque, sei , sette. Non so. La battuta di Tremonti è apprezzabile. Ma le chiacchiere a cui la politica ci ha abituato non sono risolutive. L’Italia ha il più basso tas­so di occupazione dell’Europa a quindici.». Ma nemmeno la flessibilità del lavoro ha ribalta­to questa situazione, non crede? «Flessibilità è un termine che è stato usato a spro­posito, ideologia di un certo tipo di capitalismo. Il fat­to è che c’è un certo numero di individui che per ragio­ni personali sono disposti a lavorare soltanto a deter­minate condizioni. Ce ne sono invece altri, molti ma molti di più, che vorrebbero un lavoro normale ma non lo trovano. I primi sono flessibili. I secondi, preca­ri ». Resta il fatto che la flessibilità del lavoro è larga­mente teorizzata. Anche a sinistra. «Si può ragionare di flessibilità in un sistema che combina la flessibilità con la sicurezza. Qui non è così. L’Italia è uno dei tre Paesi europei, insieme a Grecia e Portogallo, che non ha una protezione universalistica. E’ un sistema categoriale, lavoriale, aziendalistico, co­me definirlo?. Ai dipendenti del­l’Alitalia abbiamo dato sette anni di Cassa integrazione all’80%. Gli al­tri hanno 52 settimane, poi si arran­giano ». Il ministro del Welfare Mauri­zio Sacconi afferma che la coper­tura della cassa integrazione è as­sicurata anche oltre quel limite. «La verità è che il tema del lavo­ro è fuori dall’agenda politica del Paese». Se siamo a questo punto, forse era fuori dall’agenda anche pri­ma che Berlusconi tornasse a Pa­lazzo Chigi. «Ma ora la situazione è ancora peggiorata, perché non sappiamo con quanti morti e feriti usciremo dalla crisi. Vogliamo fare almeno gli ospedali da campo?» La vede davvero così nera? «Una visione oggettiva. Non è stato proposto alcun rimedio che possa contribuire a creare speranze per il futuro. Soprattutto per i giovani. A parte questa sortita del ministro Tremonti sul posto fisso, che non sposta di un millimetro i termini del problema...». Nemmeno di un millimetro, suvvia... «Nemmeno di un millimetro. Si fa la retorica del la­voro stabile e lo sa quanti differenti tipi di rapporti di lavoro ci sono in Italia?» No. «Trentadue, sono. Una follia, che non serve a nessu­no. Dov’era Tremonti quando questa giungla prolifera­va? La realtà dei fatti è che non torneremo ai livelli oc­cupazionali del 2007 fra qualche anno. E nel frattempo i banchieri hanno ripreso alla grande l’attività finanzia­ria, se possibile con minore trasparenza di prima. Men­tre sui loro bonus scandalosi si è fatto finta di nulla. Come si fa in questa situazione a promettere un lavoro stabile a tutti?» Già, come si fa? «Secondo me non c’è altra strada che ridurre l’ora­rio di lavoro e ripartire il lavoro. Altro che detassare gli straordinari. ’Dice che non funziona? ’ La politica ita­liana è sempre molto creativa». Sergio Rizzo